Mafia e stato

, di Davide Negri

Mafia e stato

Quali sono le origini di un simile cancro del vivere civile? Quali sono i rapporti tra Stato e mafia?

Lo Stato moderno nasce quando la forza coattiva viene prima accentrata nelle istituzioni statali e poi accettata e riconosciuta dai soggetti alle quali si impone; quando l’autorità detentrice del potere viene ritenuta legittima il rapporto tra Stato e cittadini è diretto, senza mediazioni.

Invece quando il monopolio della forza legittima è percepito come inefficace e incapace di realizzare le aspirazioni di giustizia sociale, possono sorgere nuovi soggetti che, fungendo da mediatori tra istituzioni e cittadini, si fanno implicitamente garanti dell’ordine sociale e politico in determinate aree. Il fallimento e il ritardo dello Stato e della politica nel promuovere uguaglianza e libertà, genera nella società una cultura della diffidenza nelle istituzioni che spinge i singoli cittadini a ritenere più vicina e giusta un’altra «autorità».

Questo è il terreno di coltura di tutte le mafie. È così che entra in scena un nuovo soggetto detentore della violenza organizzata caratterizzata dal fatto di essere illegittima, iniqua e arbitraria. Le classi dirigenti locali dove le mafie sorgono non si oppongono alla loro ascesa perchè essa – la mafia – appare in una posizione servente, non sostitutiva alla classe dirigente locale. Tale scelta è strategica: la violenza organizzata della mafia non deve suscitare una reazione politica delle istituzioni di tipo repressivo e pertanto si rivolge solo contro gli individui o gruppi di individui che non accettano l’ordine sociale-economico stabilito dalle classi dirigenti (che si servono della mafia) o che la stessa mafia stabilisce in quei settori economici in suo controllo (mercati legali di basso livello economico e mercati illegali, quali commercio di armi, stupefacenti, usura, prostituzione ed essere umani). Per comprendere pienamente il fenomeno mafioso, esso va pertanto inquadrato come un problema politico e non più solo come un problema di repressione criminale. Ciò che viene percepito dai mass media e amplificato nel pensiero collettivo è solo la mafia nella sua versione militare (fenomeni ad alto tasso di violenza), ovvero il braccio armato di una forma di governo criminale del territorio gestito da persone appartenti alla classe imprenditoriale e politica della società, capaci di esercitare un forte controllo sociale.

Il problema della strategia di contrasto alla mafia ha proprio questo di particolare: essa colpisce un veicolo di consenso alla politica. E la politica, secondo il noto principio machiavellico, è un potere capace di autoconservarsi.

... il problema della strategia di contrasto alla mafia ...

Quindi diventa assolutamente necessario prima isolare politicamente il consenso originato dalla mafia, per poi attaccarlo con azioni repressive legislative e giudiziare. Come in un’operazione chirurgica di amputazione, così anche il contrasto alla mafia parte dall’amputazione di una fetta di consenso dagli equilibri politici di un paese. Due esempi aiuteranno a comprendere. In Italia, la politica anti-mafia degli anni Ottanta e Novanta, in una situazione di normalità, avrebbe significato far saltare equilibri e dichiare una sorta di guerra civile a quella parte del paese che aveva vissuto grazie ad attività illecite e illegali, sostitutive di un lavoro dignitoso e remunerato inesistente. Per tal motivo la reazione dello Stato italiano avvenne solo in un clima di emergenza nazionale attraverso una (disorganica) legislazione anti-mafia e la coraggiosa attività della magistratura. Il caso italiano ha dimostrato che la formazione della volontà di contrastare la mafia sia stata condizionata dalla debolezza dello Stato e dall’influenza dell’equilibrio bipolare USA-URSS che, rendendo impossibile l’alteranza al governo tra gli attori politici, aveva indotto parte della classe politica a compromettersi con la mafia.

Invece, la storia del contrasto alle mafie negli USA ha dimostrato proprio come il livello di governo federale sia stato un potere sostitutivo e sussidiario alla corruzione e all’inerzia dei singoli Stati condizionati dalla presenza della mafia. Quando la reazione dei governi locali alla mafia venne meno, essa fu recuperata dalle autorità federali, nel momento in cui ebbe sufficiente coscienza politica del problema. Per di più l’azione della Federazione fu necessaria in quanto il progresso tecnologico e la libera circolazione di persone, merci e capitali all’interno dei territori della Federazione, aveva reso enormemente difficile l’azione repressiva delle forze dell’ordine dei singoli Stati e molto facile la possibilità dei singoli criminali di sfuggirle grazie l’attraversamento dei confini. Infatti le polizie statali dovevano chiedere l’autorizzazione governativa o, se questa non era necessaria, la collaborazione delle altre polizie per poter perseguire il singolo sospettato una volta che questi avesse varcato il confine con notevole inefficienza nell’azione repressiva contro il crimine. È facile immaginare le conseguenze perniciose se la lotta contro le organizzazioni mafiose fosse stata lascita esclusivamente ai singoli stati. Ma ciò che ha protetto la salute della politica americana federale dall’influenza mafiosa è stata proprio la forza complessiva delle istiuzioni americane che hanno reso irrilevante l’influenza mafiosa sulla politica locale (concentrata in pochi grandi centri urbani) poichè incideva solo minimamente negli equilibri politici del paese. Quindi, l’influenza delle mafie nei processi decisionali politici è in una relazione biunivoca con la forza e l’autonomia delle istituzioni statali. La forza delle istizioni dipende

... relazione biunivoca della mafia con la forza e l’autonomia delle istituzioni statali ...

poi sia dai condizionamenti esterni (come nel caso italiano dove l’equilibrio bipolare faceva sì che parte della politica dovesse scendere a patti con la mafia), sia dai condizionamenti interni (dovuto al livello di accettazione delle istituzioni da parte della società in generale). L’influenza delle mafie negli Stati dove è scarsa sia la forza delle istituzioni e forte l’influenza dall’esterno, oggi è amplificata dalla globalizzazione e dall’interdipendenza economica per via della progressiva erosione di poteri di stabilizzazione e di controllo sull’economia da parte dello Stato.

La mancanza di controllo della politica statale sull’economia globale sta procurando il ritorno preoccupante in molti paesi di conflittualità sociali, dove la forza della violenza (e non quella del diritto) è un ammortizzatore del disordine sociale nella moderna

... conflittualità sociali ...

economia globalizzata. Solo la formazione di una Federazione tra Stati può fornire lo strumento istituzionale d’azione necessario a quelle aree ad alta intensità mafiosa per isolare prima il loro consenso politico, per poi agire contro di loro.

Fonte dell’immagine: World Wide Web

L’articolo è comparso su Publius, rivista dell’Università di Pavia

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