Una Iniziativa dei cittadini europei controversa

, di Nikolaz Clech, Valeria Brunori

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Una Iniziativa dei cittadini europei controversa

L’Iniziativa dei cittadini europei è un meccanismo che deve rispondere al deficit democratico dell’Unione Europea. In un periodo di piena crisi economica, e mentre la legittimità dell’Unione Europea viene attaccata all’interno degli Stati membri da parte dei partiti euroscettici, questa innovazione del trattato di Lisbona dovrebbe avvicinare i cittadini al progetto europeo. Tuttavia, essa mette in evidenza la tensione presente nell’Unione Europea tra la protezione degli interessi economici europei, e le preoccupazioni della società civile.

L’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) è un’innovazione istituzionale del trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Un’ICE potrà essere lanciata a partire dal 1° aprile 2012. Questa iniziativa permetterà ad 1 milione di cittadini, rappresentanti un quarto degli Stati dell’Unione Europea (7 Stati), di sollecitare la Commissione Europea a proporre e depositare un progetto di legge davanti al Parlamento Europeo. In altri termini, si tratta di un diritto di petizione dei cittadini presso la Commissione Europea.

La prima iniziativa, lanciata da Greenpeace e Avaaz, e che chiede una moratoria sugli Organismi geneticamente modificati (OGM), ha già raggiunto, ancor prima dell’attuazione dell’ICE, il milione di firme. Sarà presentata al Presidente della Commissione Europea, il quale disporrà di quattro mesi per esaminarla. Ciò mostra che l’ICE corrisponde ad una reale richiesta della società civile (organizzazioni non governative, associazioni, cittadini europei). La Commissione Europea deve prendere in conto questa richiesta. Eppure, essa non ha l’obbligo di prendere una posizione in suo favore, e nemmeno di indirizzare un progetto di regolamento o di direttiva al Parlamento Europeo a riguardo.

Colmare il deficit democratico dell’Unione Europea

L’attuazione di questo meccanismo non è frutto del caso. Deve rispondere al deficit democratico dell’Unione Europea, che resta una delle critiche più forti del progetto europeo. Per poter legittimare l’architettura istituzionale attuale, l’Unione dovrebbe quindi rispondere a questa sfida ed aprirsi ai cittadini europei, introducendo, per esempio, uno strumento di democrazia partecipativa, come l’ICE. Ma quest’iniziativa solleva ancora un certo numero di questioni. Queste sono di due ordini : politico e pratico.

Innanzitutto è necessario ricordare che il Parlamento Europeo non possiede il diritto d’iniziativa legislativa, cioè quello di formulare delle proposte di legge, come tutti i Parlamenti nazionali. È quindi sprovvisto di un potere centrale. Ora, l’ICE offre una forma di diritto d’iniziativa ad un numero determinato di cittadini europei. Questa riforma è quindi vissuta come un escamotage per evitare di riformare il Parlamento Europeo, e di concedergli il diritto di proporre le leggi. È una maniera di aggirare una riforma che avrebbe un impatto democratico ben più forte ed importante dell’ICE, considerata piuttosto come un semplice processo consultivo. Infine, non farebbe che alimentare il potere tecnocratico della Commissione Europea, incaricata di deliberare sull’ICE.

L’iniziativa pone anche qualche difficoltà pratica. Lanciare un’ICE è molto difficile poichè non solo è necessario mobilitare un numero rilevante di cittadini in 7 Stati membri, ma bisogna inoltre passare attraverso il controllo delle autorità nazionali per l’omologazione delle firme. Finanziaramente e praticamente, pochi attori della società civile possono approfittare di questa possibilità.

Quale mediazione nel confronto tra interessi divergenti?

L’ICE solleva senza dubbio una questione essenziale, ovvero quella dell’opposizione tra gli interessi industriali, potenti a Bruxelles, e le problematiche più politiche, sollevate dalla società civile europea. Ciò può essere già il caso della 1° ICE che sarà depositata da Greenpeace e Avaaz, circa gli OGM [1]. Ora, questi sono sostenuti da potenti lobbies industriali, mentre sono oggetto di un forte rifiuto delle opinioni pubbliche europee. Le istituzioni europee dovranno essere arbitro tra le lobbies dell’industria chimica ed un milione di cittadini europei, e fare delle scelte complesse che si trovano al cuore di questioni economiche, ecologiche e democratiche. Come risolvere tali questioni?

Questa problematica trova il suo significato nell’osservazione delle legislazioni europee che, come si sa, sono in favore del mercato interno, e quindi, dell’obiettivo centrale della competitività, proprio della strategia «Europa 2020». Questa è, in effetti, ampiamente favorevole agli interessi degli ambienti d’affari europei. Le grandi imprese hanno quindi ricoperto un ruolo di primo piano nella promozione della nuova «governance economica ».

Gli interessi economici esercitano una potente leva politica attraverso l’attività di lobbying dei gruppi di pressione, estremamente presenti a Bruxelles. Essi si riuniscono, per esempio, in occasione della Tavola Rotonda degli Industriali Europei (o ERT: «European Round Table of Industrialists») [2], una delle più potenti lobbies patronali europee. In questa occasione, le diverse imprese definiscono strategie e azioni comuni, con l’obiettivo d’influenzare e di promuovere i loro interessi presso le istituzioni europee.

Come afferma Anne Dufermont, del Consiglio Europeo delle Federazioni dell’Industria Chimica (CEFIC), la più importante lobby industriale a Bruxelles : «Il nostro obiettivo è semplicemente quello di permettere che la legislazione europea prenda in considerazione gli interessi dell’industria chimica, e la maggior parte dei responsabili europei approvano questa pratica. Capita quindi spesso che dei deputati o dei funzionari facciano appello a noi per avere delle informazioni su questo o quell’argomento» [3]. Gli interessi economici europei godono quindi di un fruttuoso dialogo con le istituzioni europee.

Come possono le ICE portare ad ottenere decisioni, in queste condizioni ? O più semplicemente, come fanno a posizionarsi allo stesso livello di queste imprese? Infatti tali condizioni appaiono piuttosto come ostacoli per gli attori della società civile europea, che devono fronteggiare le pressioni favorevoli agli ambienti economici europei, americani, o delle grandi economie emergenti [4].

In effetti, come dimostrano le prime iniziative lanciate in vista di ottenere le firme necessarie, sembrerebbe che esse urtino spesso con questi interessi economici. Il rischio è che, di fronte ad una questione fondamentalmente controversa, la Comissione si rassegnerà ad agire per difetto, rifiutandosi di prendere una posizione concreta come è nel suo potere. Le sarà sufficiente di non prendere in considerazione l’ICE, per assumere così una posizione a favore degli industriali europei.

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Note

[1Due tipi di organismi geneticamente modificati sono attualmente in vigore in Europa : Maïs MON 810, sviluppato da Monsanto, e la patata Anflora, sviluppata da BASF. L’ICE vuole attuare una moratoria su questi due OGM, e incoraggia l’installazione di un’agenzia scientifica incentrata sullo studio degli OGM.

[2Le più emblematiche tra le imprese rappresentate in questa tavola rotonda sono: FIAT, Lyonnaise des Eaux, Philips, Nestlé, Volvo, Shell, Total, Olivetti, Danone ecc…

[4Per gli Stati Uniti, gli interessi delle imprese sono difesi dall’AMCHAM, American Chamber of Commerce, molto presente a Bruxelles, soprattutto per le industrie farmaceutiche, energetiche o chimiche. Da citare anche l’UNICE, l’Unione delle confederazioni industriali e patronali europee, voce ufficiale dell’industria presso l’UE dal 1958.

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