I 70 ANNI DELLA NATO TRA DUBBI, FUTURO INCERTO E NUOVE SFIDE

, di Edoardo Biolcati

I 70 ANNI DELLA NATO TRA DUBBI, FUTURO INCERTO E NUOVE SFIDE

Un compleanno dai toni un po’ spenti, quasi a sentire una sorta di ’’crisi di mezza età istituzionale’’ quello che la NATO ha festeggiato lo scorso 4 aprile in occasione dei suoi primi 70 anni. Un compleanno tra molti alti e bassi e numerosi strascichi ancora irrisolti (Afghanistan su tutti), che lasciano alcuni dubbi sul futuro dell’Alleanza Atlantica.

Dubbi di cui il primo sollevatore è stato negli ultimi anni Donald Trump, che, un po’ per retaggio storico e un po’ per ruolo istituzionale, si trova dall’inizio del suo mandato a coprire una posizione delicata all’interno dell’Alleanza. Operante su più fronti (nordafricano, mediorientale e con un occhio vigile sul mar Baltico), ad oggi la NATO si trova in mezzo a un vortice di polemiche che hanno anche portato diversi addetti ai lavori a sollevare la questione di un’alleanza più fonte di problemi che di opportunità.

Incertezze che hanno iniziato a prendere corpo con i primi anni duemila e l’inizio dell’interventismo in Medio Oriente targato USA, in una sorta di ’’o con noi o contro di noi’’ dei tempi moderni.

Da allora la NATO ha visto l’apertura di nuovi fronti e scenari di tensione, andati di pari passo con una crescente richiesta di aumento delle spese a carico dei paesi membri, ma finendo molte volte in balìa delle decisioni di Washington, come nel caso delle sanzioni a Russia, Iran e Cina, finendo così per essere in diverse occasioni etichettata come ’’fardello’’. Certamente in questo contesto non sono d’aiuto i piani del Tycoon, che si disimpegna in Medio Oriente e Nord Africa (in barba ai suoi avversari politici che lo etichettavano come pazzo guerrrafondaio), ma che continua a chiedere la continua entrata di contributi dagli altri paesi. Ciò ha favorito l’insorgere di alcuni mormorii tra gli alleati, in primis quello del gruppo capeggiato da Angela Merkel, che si è fatta portavoce di una necessaria autonomia da una NATO a trazione statunitense, in favore della creazione di un già discusso esercito europeo, con la collaborazione possibile della Francia di Macron.

Con un prossimo ritiro dall’Afghanistan, l’Alleanza Atlantica vede aprirsi davanti a sé nuovi scenari: innanzi tutto quello con la Russia, che agli inizi della presidenza Trump sembrava aver riportato il mondo ai tempi della Guerra Fredda in seguito ai fatti della Crimea; Russia che comunque continua ad essere nei pensieri di Washington nonostante lo spazio sui media sia diminuito, con la vicenda che riguarda la vendita di sistemi missilistici alla Turchia, che ha portato gli Stati Uniti a decretare lo stop alla vendita dei caccia F-35 ad Ankara.

Ma forse ciò che desta ulteriori preoccupazioni a Washington è stata la recente firma del Trattato di Aquisgrana, che per certi versi sancirebbe l’inizio di una nuova epoca a livello di Unione Europea. A portare alcuni interrogativi sarebbe infatti lo scenario di una possibile nascita di una “diarchia Franco- Tedesca’’ nel cuore dell’Europa. Va ricordato infatti che con questo trattato i due paesi, oltre che ad una integrazione economica e culturale, mirerebbero a formare una vera e propria alleanza in materia di politica estera e militare, con il rischio di creare una spaccatura all’interno dei tavoli di Stoltenberg in vista di una bisbigliata formazione di un ’’gruppo parallelo europeo di difesa’’, che nei fatti nient’altro sarebbe che il datato progetto di esercito europeo.

Tutti punti che hanno trovato sfogo nelle tuonate del vicepresidente americano Mike Pence alla riunione dei Ministri degli Esteri, ritenendo inaccettabile che la più grande economia europea si rifiuti di investire il 2% del PIL nel progetto di difesa comune, che come da accordi vincola i paesi membri al suo versamento entro il 2024; essa inoltre, secondo le parole dello stesso Pence, si rifiuta di riconoscere la reale possibilità di una minaccia russa, bollando anche come errata la possibilità di concedere alla Germania di entrare nelle dipendenze energetiche di Mosca, in riferimento alla volontà del governo tedesco di portare avanti con la Russia i lavori per il gasdotto ’’Stream 2’’.

Insieme alle accuse mosse da Pence non vanno dimenticate le reiterate proteste a firma USA che, come citato poc’anzi, chiedono un maggiore versamento di contributi europei nel bilancio del Patto Atlantico, lamentando un’eccessiva spesa americana, la quale ammonta a circa il 3,5% del PIL, corrispondente a grandi linee a 700 miliardi di dollari. Ad oggi infatti, sono pochi i paesi europei che superano una quota contributiva del 2% del PIL: Estonia, Lettonia, Grecia e Regno Unito. Ricordando che la Germania ha annunciato di voler raggiungere tale soglia entro i prossimi 12 anni.

Insomma, nei suoi primi 70 anni si vede una NATO piuttosto in difficoltà, con il ruolo egemone degli Stati Uniti messo a dura prova dalla mancanza di appoggi in Europa, con l’Italia che ha da poco siglato l’adesione alla Belt and Road Initiative, la Gran Bretagna sempre più distratta dalla necessaria risoluzione del problema Brexit e la Francia, impegnata sul fronte interno dai Gilets Jaunes e sul fronte estero dai progetti di cooperazione europea a fianco della Germania. In una situazione come quella odierna, con una volontà della maggior parte dei paesi membri di intervenire in nuovi scenari come quello venezuelano, resta da chiedersi una cosa: che futuro ha l’Alleanza? E ancora, quante possibilità ci sono che raggiunga i suoi prossimi 70 anni in queste condizioni?

Fonte immagine: Wikipedia.

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