Le nuove generazioni europee

, di Andrea Apollonio

Le nuove generazioni europee

I giovani di oggi saranno l’Europa di domani.

Le loro più vere aspirazioni ed ambizioni, difatti, si proiettano nel prossimo futuro. Le loro peculiarità, i loro valori, le loro idee, i loro sogni, ad uno sguardo attento, già mostrano tratti dell’identità che l’Europa potrà assumere.

Eppure è difficile riuscire a cogliere il potenziale dei giovani europei, che possono godere sicuramente di grandi vantaggi, ma che sono segnati anche dai fortissimi limiti della società europea attuale.

La fortuna più grande, che condividono con i coetanei di grande parte del mondo, è sicuramente data dallo strumento di Internet, che non è esattamente una novità, ma che solo oggi ha raggiunto livelli di fruibilità, praticità ed immediatezza straordinari. Internet oggi è diventata la più grande forma di potere espressivo giovanile e non. Non solo esso ha rivoluzionato il mondo commerciale e lavorativo, ma sopratutto ha svolto un ruolo fondamentale per l’integrazione internazionale. Osservare come ragazzi e ragazze di qualsiasi nazionalità interagiscono tra loro attraverso i celebri social network è estremamente interessante: non tanto per gli argomenti della comunicazione, che tante volte sono di scarsa rilevanza culturale o del tutto assenti, ma piuttosto per l’innata naturalezza e spontaneità di questa comunicazione, che non è limitata da differenze nazionali, le quali piuttosto stimolano e generano curiosità, creatività.

Internet sembra offrire, in alcuni casi, scenari e visioni di mondi interculturali, e nello specifico, un’ Europa virtualmente unita. Ma non solo. Questi giovani sono rivoluzionari. E non ho paura di usare questa parola, poiché lo credo fermamente e con orgoglio. I giovani di oggi sono più che mai spiazzanti, inetichettabili, ed apolitici in senso positivo, perché lontani da ogni visione politica ideologica, ma determinati e pronti a trovare risposte autonome, ragionate e creative al tempo stesso, senza ordinare il mondo secondo categorie pensate da altri: la più straordinaria promessa sociale dell’ultimo millennio.

Il vero problema è che questa promessa non riesce a trasformarsi in realtà, perché alle nuove generazioni non viene offerta la possibilità di esprimersi in uno scenario sociale e lavorativo capace di offrire spazi e opportunità. È il caso dei paesi mediterranei, dove il più delle volte la disoccupazione giovanile tocca livelli vertiginosi: secondo un’ indagine Eurostat, la disoccupazione giovanile nel 2013 era pari al 58,6% in Grecia, 55,7% in Spagna, 49,9% in Croazia e 40% in Italia. Milioni e milioni di giovani completamente paralizzati, fermi, destinati a essere trainati con fatica dal proprio paese e non a sollevare con energia la propria nazione. Ed è così che studenti comunicativi e curiosi, stimolati dall’idea di aprirsi all’Europa e aperti alle sue iniziativ, sono bloccati all’entrata del mondo adulto, dove, invece di poter finalmente dare forma alle proprie visioni, non trovano possibilità di espressione. Come quei poveri bambini polacchi del vagone di terza classe, così duramente descritti da Antoine de Saint-Exupéry: dei giovani Mozart, potenziali talenti creativi, destinati a comporre musica squallida, condannati a una vita che mai gli darà voce. Uno scenario miserevole e desolante.

I giovani sono il motivo concreto per credere ancora nel progetto europeo, nonostante tutto. Essi infatti rappresentano il gruppo sociale che più di ogni altro ha bisogno di aiuto e sostegno. Soprattutto per quanto riguarda le opportunità di lavoro. Il sistema scolastico, infatti, nonostante alcuni profonde lacune ed arretratezze evidenti, riesce in generale a rispondere ancora alla vorace curiosità dei giovani. Ciò che manca sono le opportunità lavorative, le occasioni per mettere in pratica ciò per cui si sono spesi anni di fatica e passione.

Immaginate l’enorme peso di questa realtà desolante che cala sulle spalle di un giovane laureato, un peso così immenso da frantumargli la schiena, le idee ed i sogni. Ovviamente questa terribile situazione sociale, che si estende fino al mondo adulto, genera frustrazione e rabbia: ed ecco il motivo di tanti malesseri sociali: la discriminazione verso lo straniero “che ci ruba il lavoro”, l’odio verso il meridionale, “che è un incorreggibile disonesto e mafioso”, ed anche il risentimento verso l’Europa, falsa promessa di un’era felice. Stereotipi che non fanno altro che impedirci di guardare la realtà: difatti, lo straniero porta con sé ricchezza culturale e capacità professionali, la criminalità organizzata è ormai un cancro internazionale, e non un problema di poche corrotte regioni, e l’Europa, che piaccia o no, è l’unico futuro possibile, se davvero si desidera un futuro.

In Italia, uno dei più importanti partiti politici per numero di elettori, è la dimostrazione evidente di questa grave “psicosi” sociale. Il rifiuto dello straniero, rivendicato insieme al ripudio dell’ idea di un’Europa unita, mostra la profonda paura che pervade la mente di un’alta percentuale del popolo italiano nei confronti di tutto ciò che è diverso o lontano: una paura nera che da dentro spegne ogni fiamma di curiosità e passione. Pur essendo di per sé movimenti politici vuoti di ogni principio e persi nel mare dell’ignoranza (perché di questo, oggettivamente, si tratta), ci mostrano chiaramente che l’Europa unita e l’integrazione culturale sono visioni troppo spesso odiate. E la storia ha insegnato duramente quanto fenomeni simili siano stati la causa prima dei nazionalismi, razzismi, elitarismi e tutti quegli “ismi” che Nietzche accusava essere “degenerazioni dei vecchi dei”, idee antiquate false e corrotte.

Tagli, riforme e nuove politiche sicuramente sono essenziali, ma non sono sufficienti a cambiare lo stato delle cose. Ciò che le nazioni europee necessitano è una rivoluzione culturale e mentale, capace di promuovere non la preservazione, ma il cambiamento e l’adattamento continuo, non la paura per il diverso, ma l’accoglienza di forme culturali anche lontane, l’apertura e la condivisione.

Generare un patrimonio culturale comune, fatto di idee, convenzioni e tradizioni estremamente diverse ed affascinanti, condiviso attraverso frequenti scambi, viaggi, soggiorni all’estero sempre più incentivati e facilitati, con il fine di produrre nuova cultura, nuove idee e di conseguenza nuovo lavoro: questa dovrebbe essere la realtà europea.

Mi rivolgo quindi al mondo adulto, quello dei lavoratori, dei professionisti, degli insegnanti, degli imprenditori, degli artisti, degli intellettuali, dei politici, dei genitori: Denunciate queste corrotte e false ideologie nazionaliste, purtroppo tremendamente capaci di fermare il sogno più nobile di questo secolo, che è il Sogno Europeo! E in questo modo, contribuirete a far sì che non debba più esservi un solo giovane, il quale desideri urlare al mondo anche una singola parola, che invece non abbia la possibilità di esprimersi: perché in quella parola sta il futuro!

1. Articolo originariamente pubblicato su Publius

2. Fonte immagine Pixabay

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