Uno dei grandi documenti della storia europea, oggi ancora più attuale

60 anni dalla Carta Sociale Europea

, di Grazia Borgna

60 anni dalla Carta Sociale Europea
Fonte: La Spagna firma il protocollo addizionale alla Carta Sociale Europea, 4 febbraio 2021, https://www.coe.int/en/web/european-social-charter/-/spain-signs-the-additional-protocol-to-the-european-social-charter-on-collective-complaints

La Carta sociale europea è un Trattato del Consiglio d’Europa che è stato sottoscritto da 47 Paesi di cui 27 dell’Unione europea. Cosa prescrive? Vuole migliorare le condizioni di vita dei Paesi sottoscrittori, promuovere il loro benessere, garantire diritti fondamentali quali: abitazione, salute, istruzione, occupazione, protezione sociale e legale della povertà e dell’esclusione sociale, la libera circolazione delle persone, inclusi i lavoratori migranti. Praticamente I diritti fondamentali.

È stato istituito il Comitato europeo dei diritti sociali per controllarne l’applicazione. È previsto che Sindacati dei lavoratori, associazioni degli imprenditori, ONG possano denunciare violazioni della Carta. Constatiamo tutti i giorni però che i diritti previsti nella Carta non vengono tutelati se non in minima parte. Che cosa impedisce la piena attuazione della Carta Sociale Europea così come è avvenuto per la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ?

Negli ultimi cinquant’anni sono avvenute a livello mondiale grandi trasformazioni economiche, tecnologiche e sociali. Si è avviato un processo di globalizzazione dei mercati che prometteva benessere per tutti. Una grande illusione. Ad una prima fase espansiva che ha strappato alla povertà assoluta popolazioni lasciate ai margini è seguito uno sviluppo selvaggio, incontrollato e distorsivo con conseguenti gravi ripercussioni sull’equilibrio ecologico del pianeta e sulla coesione sociale. L’illusione che il mercato lasciato a se stesso, senza intervento e controllo della politica avrebbe garantito, a cascata, benessere per tutti è stata smentita dai fatti. La creazione di un mercato mondiale, non regolamentato da adeguate politiche di accompagnamento delle trasformazioni economiche, ha lasciato indietro e emarginato importanti componenti dell’economia, della politica, della società civile, senza riguardo ai diritti che in Europa si volevano salvaguardare con la Carta. Dovevano essere previste adeguate politiche verso la “società della conoscenza”. Politiche di protezione delle fasce più deboli della popolazione europea espulse dalla produzione per effetto delle, pur necessarie, riconversioni produttive. Si dovevano garantire i diritti previsti dalla Carta sociale europea: il lavoro innanzi tutto. Invece la disoccupazione tecnologica è aumentata ed è aumentata anche la sottoccupazione.

Oggi stiamo pagando gli altissimi costi di queste scelte: devastanti crisi climatiche, pandemie, profondo disagio sociale, riarmo e nuove guerre, devastazione del territorio. Nel mondo occidentale e anche in Europa larghe fasce della popolazione, soprattutto i giovani e le donne, si sono impoverite. L’indice di concentrazione della ricchezza ci dice che l’1-2% della popolazione mondiale possiede più del 90% della ricchezza totale. Disuguaglianze inaccettabili che non possono che creare gravi tensioni sociali. Se guardiamo all’Europa dobbiamo capire che cosa è avvenuto. L’Europa ha sperperato un importante patrimonio costruito nel passato.

A seguito della 1°e 2° rivoluzione industriale l’Europa si era data un modello sociale unico al mondo: il modello sociale europeo, che pur con delle notevoli differenze nazionali, aveva creato una rete di protezione dai grandi rischi della vita (disoccupazione, malattia, infortuni, vecchiaia). Tutelava i cittadini e i lavoratori per tutto l’arco della vita, “dalla culla alla bara”. Una Carta d’identità nella quale i cittadini europei si riconoscevano.

Negli ultimi 50 anni il progetto liberista di globalizzazione, per reggere alla spietata competizione internazionale, ha progressivamente ridotto la spesa pubblica (istruzione di base, ricerca di base, sanità, ammortizzatori in caso di disoccupazione, formazione permanente, tutela del territorio).

Si è diffusa l’illusione che una finanziarizzazione dell’economia, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la liberalizzazione del mercato del lavoro abbassando i costi avrebbe prodotto ricchezza, prima per pochi poi per tutti. Così non è stato.

Se i disastri ambientali sono evidenti non meno gravi sono i disastri sociali come quelli conseguenti alla precarizzazione del mercato del lavoro che ha colpito soprattutto i giovani e le donne.

Credo che valga la pena di soffermarsi su questo punto: la piaga della sotto-occupazione. Ai contratti collettivi di categoria, frutto delle contrattazioni sindacali dell’epoca delle grandi fabbriche, sono subentrati una miriade di contratti atipici a tempo parziale, praticamente individuali che oltre a rendere impotenti i sindacati hanno reso il contraente estremamente debole e indifeso. E’ necessario ricordare ancora una volta che cosa vuol dire essere un lavoratore precario: *- Non poter contare su un reddito sufficiente e continuativo privando di dignità e autonomia la persona; *- Non essere ben inserito nel posto di lavoro, comporta la privazione della possibilità di mettere a frutto le proprie abilità e di crescere professionalmente; *- Reende difficile progettare il futuro ad es. formare una famiglia.

E’ stato sistematicamente violato come previsto dalla Carta sociale europea il diritto ad “un lavoro in conformità alle attitudini e agli interessi”. Questa situazione che, in presenza di una forte ripresa economica, sarebbe stata transitoria, a fronte delle cicliche e profonde crisi economico-finanziarie-sanitarie mondiali è diventata strutturale, permanente.

E’ da qui che discende il distacco dalla politica dei cittadini giudicata incapace di fare le grandi scelte necessarie a salvaguardare i diritti e rispondere ai bisogni dei cittadini. Oggi la situazione sta cambiando. Si sta facendo strada nell’opinione pubblica mondiale la consapevolezza che sia in gioco l’esistenza stessa del genere umano e della improrogabile necessità e urgenza di cambiare tipo di sviluppo. Penso agli interventi dei giovani di Friday for future. E anche se persiste una forte resistenza da parte dei governi a cambiare, lo vediamo nei summit mondiali sul clima, in Europa la situazione sta cambiando. Ci sono importanti novità

L’Europa, e in particolare il suo governo, la Commissione, ha approvato un piano straordinario per lo sviluppo sostenibile e l’occupazione che tiene conto anche dei diritti delle future generazioni: il Next Generation EU. E’ un piano europeo, non un collage di piani nazionali, in cui ogni Stato è chiamato a contribuire al bene comune. Un piano di investimenti per finanziare la transizione verso la green economy e la digitalizzazione.

Sono Investimenti mirati alla diffusione delle nuove tecnologie messe al servizio però della produzione di beni pubblici di utilità sociale (quindi anche istruzione, sanità, ricerca). Si apre la possibilità che vengano finalmente creati nuovi posti di lavoro, soprattutto per i giovani nei settori dell’economia verde e digitale. Per finanziare il Piano si prevedono forti disincentivi alla finanza speculativa, all’inquinamento e all’evasione fiscale quali la tassa sulle transazioni finanziarie, la carbon tax, la web tax. Con esse, insieme al prestito europeo, si potrà aumentare il bilancio europeo. I federalisti europei hanno avanzato già nel 2011 una petizione al Parlamento europeo per un Piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile, l’occupazione e la sicurezza finanziato da eurobonds, tasse sulle speculazioni finanziarie e sulle emissioni inquinanti.

Dobbiamo chiederci se avrà vita questo ambizioso progetto. Purtroppo la storia dell’Unione europea ci insegna che molti grandi progetti sono falliti e sono stati solo parzialmente realizzati. Pensiamo al Piano Delors e alla strategia di Lisbona.

Oggi però la Commissione è più forte e se questo Piano avrà piena realizzazione, dando attuazione alla Carta sociale europea, rappresenterà un esempio anche per il resto del mondo.

Il Piano, per avere il consenso che merita, dovrà coinvolgere i cittadini, le Organizzazioni della società civile, i Sindacati, i Movimenti, gli Enti locali, le regioni. Farli sentire parte di questo grande progetto.

A questo proposito la Commissione progetta di organizzare un grande confronto con queste forze con una Conferenza sul futuro dell’Europa. È una sfida culturale che deve impegnare tutti a contribuire al rinnovamento democratico dell’Europa. I federalisti che, dal 1943, sono presenti in Europa con le loro proposte, parteciperanno a questa importante fase della storia dell’unificazione europea verso la Federazione.

Tuoi commenti
moderato a priori

Attenzione, il tuo messaggio sarà pubblicato solo dopo essere stato controllato ed approvato.

Chi sei?

Per mostrare qui il tuo avatar, registralo prima su gravatar.com (gratis e indolore). Non dimenticare di fornire il tuo indirizzo email.

Inserisci qui il tuo commento

Questo campo accetta scorciatoie SPIP {{gras}} {italique} -*liste [texte->url] <quote> <code> ed il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare paragrafi lasciare semplicemente delle righe vuote.

Segui i commenti: RSS 2.0 | Atom