Dalla Cina a Petraeus... l’instabilità regna sovrana!

, di Ernesto Gallo, Giovanni Biava

Dalla Cina a Petraeus... l'instabilità regna sovrana!

La tregua è finita. Appena eletto Obama, scoppia il caso Petraeus. Il tempo di nominare i nuovi vertici del Partito Comunista Cinese, e scoppia di nuovo il conflitto arabo-israeliano, con Israele sul punto di mandare truppe a Gaza. È evidente che negli USA le acque non sono calme, e le forze conservatrici o reazionarie non sono per nulla soddisfatte di come girano il Paese e il mondo. Intanto in Europa, dopo una riunione della Trilaterale (2-4 Novembre) passata sotto silenzio, è riesplosa la crisi sociale. Proviamo però a guardare ciò che è avvenuto da un’altra prospettiva, quella di Pechino. La Cina è ormai la seconda potenza economica mondiale e secondo il FMI, sarà la prima nel 2016. Cina e USA, in altre parole, sembrano in un campionato tutto loro; ciò che fa l’una ha effetti profondi anche sull’altra.

Dove andrà la Cina? Si è detto che il diciottesimo Congresso del Partito si è svolto in un’atmosfera di clausura, con i media fuori gioco e nomine decise con ampio anticipo, alla faccia di ogni pratica democratica. Si è anche detto che i due nuovi vertici, il futuro presidente Xi Jinping ed il primo ministro Li Keqiang, rappresentano fazioni di una vecchia guardia statica, autocratica e ancora legata al «grande vecchio» Jiang Zemin, guida del Paese negli anni 1992-2002. Ciò è in parte vero, ma non si dimentichi che Xi e Li non sono affatto sprovveduti, come la loro ampia esperienza testimonia, e piuttosto che seguire alla lettera dettagliati piani di sviluppo, cercheranno soluzioni pragmatiche e flessibili, come in fondo è nella storia di quel grande Paese. Dopotutto, anche quest’anno, l’economia crescerà del 7.5%, in linea con le previsioni e all’insegna di una svolta verso il potenziamento dei consumi interni che il Partito intende perseguire nei prossimi cinque anni.

Sul piano internazionale la Cina non ha grandi «amici», ma non è affatto isolata. Sta arrivando dove l’Europa divisa non ce l’ha fatta. Ci lamentiamo della perfidia e della politicizzazione delle agenzie di rating americane, che puntualmente hanno degradato il nostro ed altri Paesi europei. Abbiamo fondato un’agenzia di rating europea, come suggerito da tanti? No. La Cina invece l’ha fatto, e si è anche allargata.

L’agenzia di rating cinese, Dagong, ha infatti annunciato la formazione di un gruppo, Universal Credit Rating, insieme ai russi di RusRating e all’agenzia americana indipendente Egan Jones. L’obiettivo è contrapporsi alle ‘tre sorelle’, S&P, Fitch e Moody’s, e costruire un polo alternativo e più equilibrato. La sede del gruppo dovrebbe essere Hong Kong, come sempre luogo di incontro e mediazione tra Cina e Occidente. È interessante come in luogo di un partner europeo ci siano i russi, con cui Pechino si è quest’anno spesso trovata d’accordo, dall’opposizione agli USA in Siria alla collaborazione in ambito APEC e BRICS, per continuare con l’ostilità all’Occidente sulla questione iraniana. Verrebbe da pensare: Obama ha ‘rimesso insieme’ le due potenze che il ‘cattivo’ Nixon aveva separato.

Anche i rapporti con un’altra potenza emergente, l’India, sembrano in miglioramento. Fonti indiane dicono di una svolta di Pechino ‘a Occidente’, ossia di un rapporto più forte con il gigante indiano e con gli stessi Paesi islamici fornitori di gas e petrolio. Buoni rapporti con il mondo musulmano contribuiscono poi a rassicurare i circa venti milioni di Islamici in Cina, concentrati soprattutto nello Xinjiang, sui cui venti indipendentisti gli USA ogni tanto soffiano. Già attualmente, ad esempio, la relazione tra Cina e Arabia Saudita è fondamentale per entrambi. Nel 2014 dovrebbe entrare in funzione il porto di Yanbu, sul Mar Rosso, frutto di una gigantesca joint venture tra Saudi Aramco e i cinesi di Sinopec. La Cina ha bisogno di energia, e una politica più attiva in Medio oriente è quello che serve.

Qui però Pechino si scontra con gli interessi americani. Diversi commentatori in passato hanno scritto di G-2 (Washington-Pechino) o addirittura ‘Chimerica’, una relazione quasi simbiotica tra le due grandi potenze. Gli USA in effetti vorrebbero aprire il mercato finanziario cinese, ma Pechino è il loro principale creditore. Qualche mossa sbagliata, ed il sottile equilibrio tra i due grandi potrebbe crollare. Anni fa Washington contribuì a spaccare l’Unione Sovietica... e se qualcuno volesse fare lo stesso gioco con la Cina? Magari promuovendo l’indipendenza di Tibet, Uyghuristan e Mongolia Interna, o giocando sulle tensioni tra il Partito e l’imprenditoria privata di Shanghai e della Cina meridionale? Già ora gli USA corteggiano senza remore i Paesi limitrofi, dalla Birmania al Vietnam, dalle Filippine alla democratica Mongolia. E a Washington l’atmosfera non è affatto sana...

Gli affairs extraconiugali non c’entrano nulla con l’eliminazione politica del generale David Petraeus. Quest’ultimo è un comandante piuttosto anomalo, un intellettuale sofisticato con chiare visioni politiche, e avrebbe anche potuto ambire ad un ruolo più diretto nell’amministrazione Obama. La cosiddetta ‘dottrina Petraeus’ in Iraq parla di costruzione di fiducia e stabilità, comprensione delle culture locali... tutti aspetti di grande valore, ma siamo sicuri che il Pentagono gradisca questa trasformazione dei militari a stelle e strisce in antropologi culturali? Può sembrare un modo di pensare brutale, ma che cosa interessa in prima battuta alle forze armate USA ed ai produttori di armi? Vincere guerre o insegnare rudimenti di storia iraqena o afghana? Se il risultato è poi che l’Iraq ‘dopo Petraeus’ diventa amico di Iran e Russia, mentre in Afghanistan i taliban riguadagnano potere... difficile pensare che Petraeus fosse gradito alla parte più oltranzista delle forze armate, all’opinione pubblica conservatrice ed ai falchi ‘neo con’ che continuano ad essere influenti. Il fatto poi che il capo della CIA venga liquidato tre giorni dopo l’elezione di Obama la dice lunga sull’attuale debolezza di quest’ultimo nonostante la (sofferta) rielezione.

Appena liquidato Petraeus, eè poi sceso in campo il Premier israeliano Netahyahu con l’uccisione del capo militare di Hamas e l’ennesimo scontro su Gaza. L’atteggiamento israeliano è quanto meno irresponsabile. In un Medio oriente più instabile di qualche anno fa, con la guerra in Siria in corso e tensioni in tutta la regione, l’intervento di Netanyahu è esattamente quanto non ci voleva. Drammatico è poi il fatto che Israele abbia scelto una linea aggressiva subito dopo l’elezione di Obama e in prospettiva di quelle israeliane di gennaio/febbraio. In poco più di una settimana, il neo eletto Presidente USA ha perso Petraeus e si è trovato invischiato in nuovi guai in Medio oriente. Il 2013 non promette affatto bene. Con l’Europa in crisi, il mondo arabo in tensione, la Russia più aggressiva e altri alleati in difficoltà (il debito pubblico giapponese ben oltre il 200%), Obama avrà il suo daffare per tenere a bada i conservatori che controllano petrolio e armamenti, think tanks e media, e che potrebbero chiedere alla Casa Bianca un atteggiamento più bellicoso, a partire dalle delicate relazioni con la Cina.

Una nota finale sull’Unione europea. La crisi sociale si approfondisce, le tensioni esplodono in proteste e si torna a parlare di recessione, che in realtà non ci ha mai abbandonati. Dov’è la risposta europea? Nei giorni 2-4 Novembre si è riunita a Helsinki la sezione europea della potente e segretissima Commissione Trilaterale; pare vi sia stato festeggiato l’ex Presidente Mario Monti. Non ne sappiamo null’altro. Paradossalmente, accusiamo di mancanza di trasparenza il Partito Comunista Cinese ma... dov’è quella europea? In un mondo, che, dopo le nomine di Xi Jinping e Obama, torna a farsi più difficile, noi cittadini europei restiamo ancora una volta senza voce.

Questo articolo è stato inizialmente pubblicato su Giovine Europa Now - Linkiesta

Fonte immagine Flickr

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