Dopo la rivoluzione dei tulipani, la rivoluzione di Roza?

, di Federico D’Onofrio

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Dopo la rivoluzione dei tulipani, la rivoluzione di Roza?

Il Kirghisistan (o Kirghizstan) non è un grande paese, né vi sono rilevanti interessi economici italiani (salvo alcuni di dubbia natura). Per questo non è sorprendente che i media italiani abbiano pressoché ignorato quello che avviene in Kirghisistan in questi giorni.

Il Kirghisistan era la più povera delle repubbliche dell’Unione Sovietica e nel 1991 è diventato indipendente, un piccolo stato di circa 4 000 000 di abitanti al margine orientale delle grandi steppe kazake. Il paese è prevalentemente montuoso, con picchi sopra i 7000 metri che lo separano dal deserto occidentale della Cina (dove l’anno scorso si sono ribellati gli uiguri). La capitale, Bishkek, è stata costruita dai sovietici nella pianura ai confini col Kazakistan e ha bei viali alberati che si incrociano perpendicolarmente fra orribili condomini sovietici e palazzi amministrativi. L’altra zona di pianura è la valle di Ferghana, ai confini occidentali del paese (con l’Uzbekistan).

Proprio nella valle di Ferghana, soggetta dagli anni Novanta ad incursioni di fondamentalisti islamici, è partita una rivolta che si è poi estesa a tutto il paese ed ha portato alla fuga

...la situazione è ancora confusa...

del presidente Kurmanbek Bakiev e alla costituzione di un governo provvisorio presieduto dalla leader dell’opposizione, Roza Otumbaeva. La situazione è ancora confusa. Bakiev non si è dimesso e lancia proclami infuocati da Jalal al Abad, la cittadina dove si è rifugiato. Il governo provvisorio non è riuscito a ripristinare l’ordine e la capitale è in preda ai saccheggi con decine e decine di morti.

Noi siamo abituati a vedere questi episodi con l’occhio un po’ divertito di chi assiste all’ennesima rivoluzione nella repubblica delle banane. Bakiev era arrivato al potere con la “rivoluzione dei tulipani” nel 2005. Aveva deposto il precedente presidente Akaev promettendo la fine della corruzione, ma in realtà si era rivelato peggiore del predecessore. Negli anni di Bakiev l’opposizione era stata repressa duramente con arresti e censura. come e peggio che sotto Akaev, ma sopratutto il nuovo presidente si era mostrato più corrotto ancora del predecessore, regalando imprese di stato a parenti ed amici, rubando a mani basse dai conti dello stato etc. etc. (ma c’è anche un ruolo per l’Italia, in questo malaffare, visto che il consigliere economico di Bakiev era russo-americano Evgenij Gurevitch, coinvolto nell’affare Ebiscom-Telecom Italia Sparkle). Sarebbe facile pronosticare che la nuova dirigenza kirghisa, appena assicuratasi il potere, si comporterà come Bakiev.

Tuttavia dovremmo sfuggire l’idea di una rivoluzione ciclica e un po’ buffa che in fondo non ha importanza per noi europei. Non solo perché, come nel 2005, anche la rivolta di oggi è stata cruenta (almeno 76 i morti). ma anche perché nel paese sono all’opera tensioni importanti che non dovremmo sottovalutare. Esiste la tensione

...nel paese tensioni importanti...

fra Stati Uniti e Russia, che hanno entrambi basi militari nel paese (e quella Stati Unitense è un’importante retrovia della guerra in Afghanistan). Esiste il gioco, che sfugge a noi europei, che giocano India, Cina e Pakistan. Esiste il problema degli integralisti islamici, foraggiati dall’esterno e che trovano facile alimento nelle contraddizioni interne del paese. È vero infatti che l’Arabia Saudita finanzia tristi moschee un po’ ovunque nel paese, ma è anche vero che l’establishment della capitale non dimostra molto interesse per le province (e non è un caso che la rivolta sia partita da Talas).

Le contraddizioni interne del paese non sono meno importanti. Ne ricordo solo alcune.

...un bilancio statale garantito dalla compagnia aurifera...

Il bilancio dello stato è garantito pressoché esclusivamente dalla compagnia aurifera Kumtor, la quale da sola costituisce un elemento fondamentale della vita politica kirghisa. La capitale, relativamente ricca, dove circolano possenti fuoristrada di membri del governo e funzionari stranieri, non ha nulla a che vedere con le province, dove la gente si muove a cavallo e vive nelle tende di feltro. Infine una potenziale questione è data dalla componente etnica colle differenze fra russi e kirghisi.

Tutto questo fa sì che la situazione non sia ciclica, ma in evoluzione. Il problema è: fino a quando potremo ignorare, come europei, l’evoluzione di questa situazione (che poi è simile a quella dei paesi vicini), prima che l’intera area evolva in modo pericoloso magari in stile afgano, o prima che i cinesi (o gli indiani, o i pachistani) s’impadroniscano del paese?

L’articolo è precedentemente comparso su: Materiali rotabili

Fonte dell’immagine World Wide Web

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