DIBATTITO/ Europa e cristianità

Joseph Ratzinger: una visione parziale sull’Europa

Atrribuire la crisi d’identità dell’Europa alla mancanza di fede può essere riduttivo

, di Giorgio Venturi, Nives Costa

Joseph Ratzinger: una visione parziale sull'Europa

In occasione dei 50 anni dalla firma del Trattato di Roma, mentre tutta Europa è intenta celebrare, il pontefice Benedetto XVI ha innalzato la sua voce fuori dal coro. La sua invettiva contro un’Europa “incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia” è dura, segno che la Chiesa si prepara per un’altra battaglia: la riapertura dei giochi sul testo della Costituzione può essere l’occasione per ottenere l’inserimento dell’ormai famoso riferimento alle radici cristiane dell’Europa.

L’Europa di Benedetto XVI

Si può pensare a un allargamento a tutto campo della strategia della Chiesa cattolica. Dal momento dell’ascesa al pontificato di Joseph Ratzinger, in Italia l’intervento del mondo cattolico in politica si è fatto più intenso, anche se si tratta di una posizione che maturava da tempo in seno alla Curia romana (non a caso il cardinal Ratzinger, durante il pontificato del suo predecessore, era stato definito “il frigorifero nel quale si raffreddano le idee di Papa Giovanni Paolo II”). In quest’ottica si pone la linea maggiormente interventista del Vaticano anche in politica “un po’ più estera”, mirata ad un recupero del dibattito sulle radici giudaico cristiane che a torto o a ragione era stato considerato fondamentale per la comprensione di quello spirito europeo che avrebbe dovuto incarnarsi nel prologo del trattato per un Costituzione europea: cuore pulsante delle istituzioni di una Europa laica.

la nuova Europa di Ratzinger è ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo

Già in un suo libro del 2004 [1] l’allora cardinale Ratzinger aveva espresso il suo manifesto sul futuro dell’ Europa: neanche a dirlo, la sua visione del continente mira a valorizzare quei principi e tappe storiche che servono a dimostrare come siano profonde e radicate le radici giudaico cristiane; a cui non può che fare da contraltare l’opposizione all’ingresso della Turchia in Europa. La motivazione è intuitiva: la nuova Europa di Ratzinger è “ispirata alla perenne e vivificante verità del Vangelo” - ragion per cui è già oggi mal vista dagli Europei che rivendicano una diversità religiosa e filosofica rispetto alle idee della chiesa cattolica – e mal si concilia con l’ingresso di 68 milioni di credenti musulmani nell’Unione. Con buona pace dello stato laico.

Benedetto XVI trascura che il fatto che l’Europa ha raggiunto oggi il suo maggior livello di secolarizzazione

Ma le cause dell’attuale crisi d’identità e di fiducia verso l’Europa sono veramente quelle indicate dal Papa? Benedetto XVI solleva alcuni reali problemi del progetto di integrazione europea, ma la debolezza delle sue risposte risiede nella difficoltà della fede da sola di dare risposte concrete a problemi reali. Da sempre la Chiesa si è giustamente occupata della salvezza delle anime dei suoi fedeli e molto meno della loro salvezza o felicità terrena. Inoltre, la soluzione cristiana alle sfide della realtà è considerata da molti anacronistica. Ad esempio, nella sua visione la lontananza delle istituzioni dai cittadini può essere solo superata grazie a “un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo”, trascurando il fatto che l’Europa ha raggiunto oggi il suo maggior livello di secolarizzazione, e milioni di Europei non capiscono in nome di cosa dovrebbero vedersi imposta una visione della vita (su temi come aborto, divorzio, ricerca sulle cellule staminali, difesa della famiglia, matrimoni omosessuali, convivenze) che semplicemente non condividono.

Seguendo lo stesso filo logico, le culle vuote vengono imputate a una perdita di “fiducia nel proprio avvenire” – causata dal distacco dai valori del Cristianesimo – invece che all’assenza di politiche per le famiglie con bambini degne di questo nome. Non a caso la laicissima Francia, che vieta tout court l’ostentazione di simboli religiosi nei luoghi pubblici ma ospita il 23% degli asili presenti in Europa, ha il tasso di crescita demografico più alto del continente, con 1,9 bambini per donna.

Un’Europa più problematica

Se da un lato è vero che il nostro passato è parte integrante di ciò che oggi siamo diventati, questo non significa che non sia lecito selezionare, nel tumulto della storia, i momenti più alti a cui ispirarci: la grandezza di Roma ma non il sangue che sporca le mani dei Cesari, l’Illuminismo ma non il Terrore, le rivoluzioni industriali e non la miseria che ne è derivata, e anche il Cattolicesimo ma non le Crociate o la Santa Inquisizione. Non bisogna mai dimenticare l’altro lato della medaglia: la parte oscura e avvolta dalle tenebre della storia occidentale. Un cammino costellato di cadaveri: “il mattatoio della storia” di cui parlava Hegel. Che poco ha di edificante per l’uomo, ma molto ha da insegnare alle generazioni future. Si è ucciso molto per bramosia di potere, odio, superbia; ma anche in nome di Dio.

Come suggerisce l’economista premio Nobel Amartya Sen [2] , è bene sfuggire alla gabbia di un’unica identità e rifarsi piuttosto, tra i flussi e riflussi della nostra tormentata storia, ai principi che consideriamo fondativi. Ciò non significa che la Costituzione debba diventare un catalogo di tutte le tradizioni filosofiche e religiose che hanno attraversato il vecchio continente nel corso dei millenni: cattolici e non sapranno riconoscere e condividere tra i principi elencati nel Prologo della Costituzione – i diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto, pace, giustizia e solidarietà nel mondo, solo per citarne alcuni – la propria tradizione culturale, filosofica ed eventualmente religiosa.

è bene sfuggire alla gabbia di un’unica identità

Quelle che Benedetto XVI oggi chiama “tendenze e correnti laicistiche e relativistiche” sono in realtà il riconoscimento, sofferto proprio perché tanto spesso negato nel corso della nostra storia, del fatto che ognuno è libero di vivere secondo la propria coscienza. La sua battaglia per una “istituzionalizzazione” della morale cattolica non giova né alla Chiesa né ai popoli europei. Ben venga l’integrazione e la cooperazione tra la Chiesa di Roma e le istituzioni europee, e il riconoscimento dell’importanza del Cristianesimo nella storia europea; a condizione però che sia abbandonata l’aggressività di chi prospetta un’Europa uniconfessionale e poco aperta alla tolleranza civile e religiosa delle diverse anime che popolano il continente. Questa Europa non potrebbe mai essere l’Europa di tutti gli Europei e negherebbe, allora sì, se stessa.

Immagine:

un’elaborazione di Nives Costa da Jessi/Flickr e Dustydavidson/Flickr

Parole chiave
Note

[1Joseph Ratzinger, Europa. I suoi fondamenti oggi e domani, San Paolo Edizioni, 2004.

[2Amartya Sen, Identità e violenza, Laterza, 2006.

Tuoi commenti
  • su 12 aprile 2007 a 12:26, di Pietro In risposta a: Joseph Ratzinger: una visione parziale sull’Europa

    Nell’articolo ci si sofferma sulla nuova politica del Vaticano sotto la guida di Benedetto XVI, che sembra essere più aggressiva e più «immanente» rispetto a quella del suo predecessore. Le prese di posizione sulla Turchia sono forti e sembrano essere di primo acchito in contrasto con la politica di smussare i contrasti intereligiosi di Giovanni Paolo II. Benedetto XVI crede che la religione debba essere pervasiva in tuti gli ambiti della vita: credere in Dio non è soltanto un passatempo da mantenere nell’intimità (la parola «katholikos» greca vuole dire giustappunto «universale»). Ed è per questo che, comunque sia, la Chiesa si è sempre occupata delle questioni laiche; e pensa che sia giusto agire così, come d’altronde dovrebbe pensare che sia giusto che sia così ogni religione. Infondo quindi è difficile sostenere che la Chiesa si interessi più alla salvezza delle anime che alla felicità terrena. E’ daltronde vero che l’Europa non la fa la Chiesa, anche perché l’Europa tende a diventare una realta sempre più secolarizzata (anche se l’allargamento ai paesi dell’est sembra andare in direzione contraria) e quindi la separazione fra potere temporale e potere spirituale è ormai un dato di fatto. Ma forse bisogna ripensare al discorso del Papa per vedere quello che vuole dire effettivamente. Per quanto riguarda le perplessità sull’annessione della Turchia in Europa, sembra che in realtà non voglia un Europa uniconfessionale, per la paura di perdere potere politico. In un articolo del ricercatore egiziano H. A. Hellyer pubblicato su CafeBabel (http://www.cafebabel.com/it/article.asp?T=T&Id=9011) viene sottolineato come «l’Islam non rappresenta tanto una minaccia di violenza quanto una realtà estranea all’Europa» ed inoltre i rapporti fra Chiesa ed Islam si mantengono rispettosi anche se «il Papa è cauto nell’attribuire all’Islam il ruolo di alleato contro il progresso senza che questo intraprenda prima un certo processo di reinterpretazione». Il ricercatore conclude quindi che l’obiettivo non è quello di volere escludere realtà non cristiane dall’Europa, ma di soffermarsi sulle motivazioni della mancanza di una forte identità Europea: «questo Papa così profondamente europeo sembra volere intraprendere un diverso tipo di ‘crociata’ con obiettivo l’Europa e la sua anima». Quindi la questione turca è soltanto una circostanza nella quale il Papa ha voluto mettere a fuoco le sue posizioni europeiste. La suo preoccupazione potrebbe essere quella di pensare ad un identità europea convincente (questa è forse una visione idealista che trascura i possibili interessi privati... ma è meglio pensar bene...). E’ sicuramente vero che nel nostro passato dobbiamo selezionare i momenti più alti per fondare i nostri valori in modo da agire nel presente e proiettarsi sul futuro. Ma è anche vero che cercando di estrapolare i valori comuni alle varie ideologie ed i diritti inalienabili si rischia di fare un elenco di concetti che per ogni cittadino europeo sembrano ormai scontati: libertà democrazia uguaglianza etc... Sicuramnete hanno un valore importante perché consentono all’Europa di essere il veicolo di questi valori in tutto il mondo, però è anche vero che non è scontato che allora ogni cittadino europeo dovrebbe amare la Costituzione Europea e credere fermamente nell’Europa. Valor simili li ha anche l’ONU, la croce rossa, i boy scout, etc... Forse la domanda che bisogna porsi è: come fare un identità non solo di valori ma di vero attaccamento ai valori. In generale uno crede nei valori dello Stato perché c’è una storia e delle tradizioni dietro, ai valori della Chiesa perché ce né un altra dietro. I valori dell’Europa codificati in una costituzione che non vuole richiamare le sue origini storiche sono dei valori ex novo. Putacaso funzionassero di punto in bianco sarebbe un eventualità sorprendente. E’ quindi meglio basarsi su dei valori che facciano effettivamente a una storia in cui ogni cittadino possa riconoscersi, che poi il cristianesimo abbia influenzato profondamente la storia europea è una circostanza (da non sottovalutare). Quindi il Papa non ha intenzioni aggressive uniconfessionali; i valori sono chiari e devono essere ammessi da tutte le culture che vogliano integrarsi con l’Europa, però bisogna anche pensare a dei valori che siano veramente creduti. Viceversa si rischia di costruire un Europa perennemente in uno stato di torpore. In conclusione questa è solo un’interpretazione e quindi altre visioni più prosaiche e materialiste possono starci, però il concetto di fondo merita di essere considerato.

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