L’avventura Europa

Riflessioni a margine del libro di Zygmunt Bauman

, di Irene Lorenzini

L'avventura Europa

Zygmunt Bauman si è affacciato al panorama culturale internazionale con un nuovo testo. Il titolo ‘L’Europa è un avventura’ è tutto un programma. Ancora più efficacia la dà il titolo originale Europe an unfinished adventure, a chiunque scorgesse il testo fargli capolino dallo scaffale di una libreria. Infinita? Ma soprattutto, avventura?!? Ebbene sì: per parlare oggi di Europa non si deve, o meglio, non si può dimenticare l’Europa di ieri e dell’altro ieri. Si può forse obiettare che nella fase neonata ed adolescente di questa vaga definizione politico-geografica non fosse presente un fortissimo spirito d’intraprendenza, uno sguardo rivolto sempre in avanti?

Le diverse tematiche trattate nell’opera derivano e s’intrecciano con la dichiarazione d’intenti esplicitata nella pagina dei ringraziamenti: Bauman desidera compiere “… un’indagine sulle prospettive attuali dell’Europa in lotta per l’unità, la ragione e la coscienza morale nel mondo, sempre più frammentato, delle passioni e della confusione etica…”.

Ed in quest’indagine, seppur necessariamente di ampio respiro, egli sottolinea fattori recenti e trascorsi fondamentali per qualunque azione ed analisi teorica che abbia come oggetto il fenomeno europeo. Nulla viene dato per scontato, neppure il significato di Europa di cui si cerca di tracciare una definizione. Chiedere che cosa sia l’Europa ci pare una domanda tanto banale! … almeno fino a che non iniziamo riflettere seriamente sull’argomento. Il dubbio non viene posto in modo diretto e disarmante, bensì viene sussurrato all’orecchio del lettore, già a partire dal titolo (se l’autore definisce l’Europa ‘avventura’ e non parte da presupposti come confini e Stati, probabilmente ha una visione differente dalla mia, da quella visione deriverà qualcosa che non ho visto prima, magari mi piacerà, forse mi accorgerò che ero in errore…o forse no?) e se il contratto implicito tra autore e lettore è ancora valido qui è sita la pars destruens, immediatamente seguita dalla pars construens che inizia con la definizione di avventura (ciò che accade senza un piano) e prosegue per tutto il libro. Ho parlato di pars construens: non intendevo con queste parole indicare la volontà di Bauman di dare una risposta univoca agli interrogativi citati, quanto invece la sua volontà di indirizzare il lettore verso una strada di interpretazione il più corretta possibile.

un carattere che accomuna tutte le leggende citate da Bauman...si tratta di un’avventura e di avventurieri

C’è un carattere che accomuna tutte le leggende citate da Bauman che raccontano ‘Europa’ o ‘l’Europa’ (a seconda dei casi): non si tratta mai di scoprire qualcosa, quanto di compiere una missione che richiede molta determinazione e duro lavoro; si tratta di un’avventura e di avventurieri che intraprendono viaggi per scoprire ciò che li circonda ed inventare. E quando dalle leggende si passa ai fatti storici concreti non si può dire che tali parametri non siano altrettanto validi. Ma agli onori vanno accostati gli oneri: i doveri, i debiti con il resto dell’umanità espressi attraverso la vergogna ed il senso di colpa (nei nostri momenti migliori e peggiori abbiamo creato la democrazia, la libertà, l’abeas corpus, la colonizzazione, lo sfruttamento del lavoro, le guerre mondiali)

Dietro ad ogni azione, che ha portato sul campo mondiale gloria o disonore, sono presenti degli uomini, degli europei. Entità astratta difficilmente definibile soprattutto a causa del problema posto a monte sulla definizione di Europa. Buffo chiederci ‘che cosa siamo’, straordinaria ironia della sorte trovarsi a porsi problemi esistenziali che si credeva di avere abbandonato tra i banchi del liceo, ben sigillati in qualche libro di filosofia mai più aperto; invece la filosofia serve, eccome! E stavolta è il caso di prenderla sul serio perché non è in gioco un bel voto in pagella ma qualcosa di molto più importante. Essere europei significa possedere l‘essenza dell‘Europa o, come sostiene Borges, essere vittime di un’ accidentalità? L’essenza dell’Europa rimane all’interno dei suoi confini politici? E di nuovo, Europa come confini politici più o meno fissi o Europa come entità fluttuante e poco definita?

la funzione “globalizzante” dell’Europa si sta spegnendo a poco a poco

Citando Bauman l’Europa è una “cultura intrinsecamente espansiva” e questo non ci semplifica le cose. Ma adesso vorrei fare un passo avanti e farvi rivolgere l’ attenzione al sostantivo ’cultura’. Non si può dimenticare il ruolo europeo nella definizione di cultura che qui significa “fare del mondo un indagine critica e di azione creativa” e di rendere essa stessa oggetto di cultura in una spinta alla ricerca continua ed infaticabile dei significati (tale fattore ci permette in parte di capire perché è difficile definire l‘europeanità). È questo che l’Europa ha esportato nel mondo con più o meno forza assieme ai suoi ideali e valori. Ma questa funzione “globalizzante” si sta spegnendo a poco a poco lasciando spazio a nuove forme di cultura espresse da Paesi che assumono sempre più rilevanza sul piano internazionale ed ovviamente dal fenomeno americano: in tale ambito si scopre che è possibile una “modernizzazione senza europeizzazione”.

Non poter più tirare le redini del sistema mondiale mette il nostro Vecchio Continente in una posizione tale da subire più che in passato le ripercussioni collaterali degli eventi mondiali, primo tra tutti il surplus di popolazione in entrata dai paesi extracomunitari. L’Europa oscilla tra il dovere ed il voler essere un territorio user-friendly ed un territorio sempre più ricco di disparità. L’intero pianeta appare trascinato all’interno di un’ottica nella quale chi è arrivato per ultimo non deve aspettarsi che qualcuno gli tenda la mano, in cui le posizioni di ognuno appaiono instabili, in cui il valore e metro di giudizio dominante è la produttività. Logico o forse facile ricorrere al “sistema di sicurezza”, talvolta all’industria della paura, come metodologia applicabile e funzionante ad un mondo in continuo cambiamento. Che fine ha fatto lo stato sociale? Ovviamente è stato sacrificato alle necessità del momento.

il “passato da piromane dell’Europa”, può rappresentare qualcosa di costruttivo se guardato con il senno di poi

È in questo ambito che l’Europa non può dimenticare la Carta dell’identità europea (adottata il 28 ottobre 1995) in cui si ricordano le radici dell’antichità classica europea e del cristianesimo che hanno aiutato l’Europa a “designare la libertà, la giustizia e la democrazia come principi fondamentali delle relazioni internazionali” e la comunità di responsabilità in cui siamo tutti interdipendenti “soltanto tramite la cooperazione, la solidarietà e l’unita Europa può dare un contributo efficace a risolvere i problemi mondiali”. L’Unione Europea “dovrebbe dare un esempio, specie per quanto riguardala difesa dei diritti umani e delle minoranze”. Come riconosce Bauman, tutto ciò appare quantomeno utopico.

Utopico: certo. Perché alcune macchie della coscienza non si cancellano, perché può essere posta in essere in ogni momento un’azione moralmente condannabile.

A riflettere meglio sull’argomento bisogna ammettere che il nostro lato oscuro, il “passato da piromane dell’Europa”, può rappresentare qualcosa di costruttivo se guardato con il senno di poi. Questa coscienza può permetterci di propugnare il progetto di un’umanità “verso quella perfetta unificazione civile” partecipe della pace perpetua kantiana

Zygmunt Bauman è un importante sociologo contemporaneo. Nella foto si fuma una paglia alla Växjö University.

Fonte access.denied/Flickr

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