La prospettiva federale nella Dichiarazione Schuman (2)

, di Sergio Pistone

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La prospettiva federale nella Dichiarazione Schuman (2)

[qui trovi la prima parte dell’articolo]

Tornando, dopo questo chiarimento, al rapporto fra l’impostazione funzionalistica e l’iniziativa di Schuman, basta dire che l’impasse prima descritta in cui si venne a trovare il governo francese aprì a Monnet la finestra di opportunità che gli permise di realizzare la rivoluzionaria invenzione comunitaria. La CECA aveva in effetti in comune con le prime organizzazioni intergovernative europee il mantenimento del potere decisionale in ultima istanza nelle mani dei governi nazionali, il che corrispondeva al fatto che non vi era in tutti i governi la disponibilità ad accettare un trasferimento irreversibile di sovranità agli organi sopranazionali (il trattato aveva una validità limitata a cinquant’anni!). D’altra parte, conteneva alcuni importanti embrioni federali: il ruolo decisivo attribuito a un organo, l’Alta Autorità, autonomo dai governi; l’efficacia diretta della normativa e della giurisprudenza comunitaria; l’attribuzione di risorse proprie al bilancio comunitario basate su un’imposta e su obbligazioni europee; il principio del voto a maggioranza per una parte delle deliberazioni del Consiglio dei ministri; la possibilità di elezione diretta dell’Assemblea parlamentare comune che aveva anche il potere di sfiduciare l’Alta Autorità. Va sottolineato che i governi dovettero accettare questi aspetti federali perché la realizzazione di un obiettivo ben più avanzato della semplice liberalizzazione degli scambi richiedeva oggettivamente istituzioni più forti ed efficienti, le quali avrebbero dovuto essere almeno in prospettiva democratizzate, onde evitare che le competenze trasferite a livello sopranazionale fossero sottratte in permanenza a un efficace controllo democratico. Il traguardo finale della federazione non era indicato nel testo del trattato, ma era comunque esplicitato nel testo della dichiarazione sulla base del quale si condussero le trattative e che, essendo stata accettata dagli altri governi, è diventata un impegno ufficiale rispetto alla finalità dell’integrazione comunitaria.

Al di là di questi elementi contenuti nella dichiarazione di Schuman e nel trattato che ne derivò, la prospettiva federale deve essere individuata anche nella scelta di procedere sulla base di un gruppo più ristretto rispetto alla cerchia degli Stati coinvolti nelle prime iniziative europeistiche. Quando la proposta della CECA fu lanciata esisteva da oltre due anni l’OECE e da un anno il Consiglio d’Europa comprendenti, oltre ai Sei, la Gran Bretagna e la maggioranza dei paesi dell’Europa occidentale. Ebbene la scelta procedurale di importanza cruciale compiuta da Schuman fu precisamente quella di operare al di fuori del quadro giuridico di queste due organizzazioni, all’interno delle quali la Gran Bretagna e, al suo seguito, i paesi scandinavi e il Portogallo avrebbero eliminato gli aspetti innovatori dell’iniziativa, e di aprire le trattative solo fra i governi disposti a discutere la creazione di una autorità sopranazionale. Si dette in tal modo vita a un nucleo di avanguardia all’interno di un cerchio più ampio di carattere puramente intergovernativo, nella convinzione che il successo dell’impresa avrebbe più avanti coinvolto gli Stati inizialmente recalcitranti - come in effetti è poi avvenuto.

All’affermarsi di questa scelta procedurale, si deve sottolineare, concorsero sia la natura del problema da risolvere (evitare la ricostruzione della piena sovranità tedesca), sia l’iniziativa del MFE e dell’Unione dei Federalisti Europei, di cui esso faceva parte e ne costituiva l’avanguardia. In effetti, subito dopo l’entrata in vigore del Consiglio d’Europa i federalisti organizzarono in tutta Europa una grande campagna popolare a favore della stipulazione di un patto federale che istituisse un’autorità politica sopranazionale, democraticamente eletta e munita dei poteri necessari per realizzare una progressiva unificazione economica, condurre una politica estera comune, organizzare la difesa comune. L’entrata in vigore del patto federale fra i paesi ratificanti - e questo era il punto qualificante - non avrebbe richiesto l’unanimità dei paesi-membri del Consiglio d’Europa, ma sarebbe stata sufficiente la ratifica di almeno tre Stati raggiungenti la popolazione complessiva di cento milioni. In sostanza i federalisti proposero l’applicazione all’unificazione europea di uno dei principi fondamentali caratterizzanti la procedura sulla base della quale la Convenzione di Filadelfia del 1787 dette vita nel NordAmerica alla prima costituzione federale della storia, e cioè il superamento del requisito della ratifica unanime. Questa iniziativa dei federalisti rafforzò indubbiamente la determinazione di Schuman e degli altri governi dei Sei a procedere con la strategia del nucleo di avanguardia.

3. A sessant’anni dalla Dichiarazione Schuman sono evidenti i grandi progressi realizzati dall’integrazione comunitaria. Nel quadro di un progressivo avanzamento in direzione democratica e federale (in particolare elezione diretta e ampliamento dei poteri del Parlamento europeo ed estensione del voto a maggioranza) del sistema comunitario si sono raggiunti traguardi integrativi di grande rilevanza. Essi vanno dal mercato unico allo storico passaggio all’unione monetaria, che non sarebbe stato possibile senza la opzione a favore del metodo dell’avanguardia, all’allargamento a quasi tutti i paesi europei, al Trattato di Lisbona, i cui passi avanti, pur non risolutivi, sono legati al coinvolgimento, tramite la Convenzione, dei parlamentari europei e nazionali. Questi sviluppi dimostrano con la forza irrefutabile dei fatti la validità della scelta compiuta nel 1950 di superare la semplice cooperazione intergovernativa e di introdurre nella politica di unificazione europea la prospettiva federale, sia sul piano delle istituzioni che su quello della procedura per crearle. Per avere una visione adeguata del processo, si deve peraltro sottolineare (sviluppando quanto già sopra accennato) che a questi progressi hanno dato un contributo decisivo i movimenti europeisti di orientamento federalista. Non solo essi hanno mantenuto in vita, con una azione costante, sistematica e capillare, l’idea (che senza questa azione sarebbe scomparsa dall’agenda politica) della federazione europea e della partecipazione popolare alla sua costruzione sulla base del metodo costituente democratico. Ma hanno altresì svolto un ruolo essenziale in alcuni snodi cruciali della costruzione europea. In particolare vanno ricordate: la trasformazione del progetto di Comunità Europea di Difesa in un disegno di unione militare, politica ed economica su base federale (la Comunità Politica Europea) , che fallì nel 1954, ma pose le premesse per il successivo rilancio con la Comunità Economica Europea; la campagna per l’elezione diretta del Parlamento europeo e per il rafforzamento dei suoi poteri; l’iniziativa di Spinelli a favore del Trattato di Unione Europea, approvato dal Parlamento Europeo nel 1984, e che ha fortemente contribuito alla genesi dell’Atto Unico Europeo e, più in generale, al processo di riforma dei trattati europei che è giunto per ora al Trattato di Lisbona ; l’impegno a favore della moneta europea, che è stato costante fin dagli anni Sessanta (ricordo al riguardo che nel 1965 i federalisti fecero coniare a Bologna delle monete simboliche con il nome di Euro!).

Ciò precisato, è un fatto che il traguardo finale della federazione europea non è stato ancora raggiunto e dobbiamo ora chiederci se è ancora attuale sotto questo aspetto la dichiarazione di Schuman. Questa domanda deve essere posta perché molte sono oggi le voci che contestano la validità della distinzione fra federazione e confederazione, che negano pertanto che il processo di integrazione europea debba o possa sboccare nella creazione di uno Stato federale, che sovente collegano queste affermazioni alla convinzione che, nel contesto della globalizzazione, la forma-Stato sia non solo oggettivamente in crisi ma addirittura destinata ad essere superata da qualcosa che peraltro non sanno definire chiaramente.

Il MFE è per contro convinto che il discorso federalista sia pienamente attuale. Questa convinzione si fonda sulle seguenti considerazioni:

 Il modello di Stato federale ragionevolmente concepibile come sbocco dell’unificazione europea avrà caratteristiche diverse ed originali rispetto ai sistemi federali finora realizzati, perché si tratta, per la prima volta nella storia, di federare Stati nazionali storicamente consolidati e un continente caratterizzato da un pluralismo (che è una grandissima ricchezza da tutelare e valorizzare) culturale, linguistico, religioso economico-sociale che non ha eguali nel mondo. Pertanto sarà un federalismo fortemente decentrato (e quindi, io credo, più autentico), ma nel quale sarà esclusa, pur avendo ampio spazio le maggioranze qualificate, qualsiasi forma di veto nazionale, dovrà realizzarsi il monopolio federale della forza legittima ed essere applicato pienamente il principio della responsabilità democratica degli organi politici sopranazionali. Queste sono le condizioni imprescindibili per superare alla radice i deficit dell’integrazione europea sul piano dell’efficienza e della democrazia e renderla, quindi, irreversibile.

 L’unica risposta valida allo svuotamento delle sovranità statali conseguente alla crescente interdipendenza internazionale, di cui la globalizzazione rappresenta lo sviluppo più recente, è non l’accettazione rassegnata dal declino della statualità, bensì l’allargamento delle dimensioni dello Stato democratico e il rafforzamento degli strumenti partecipativi democratici, che sono resi possibili dal principio di sussidiarietà proprio di un sistema federale pienamente sviluppato. Poiché la statualità è la base insostituibile del perseguimento dell’interesse generale, e cioè della convivenza pacifica, della tutela dei diritti liberaldemocratici, della solidarietà sociale e della solidarietà con le generazioni future(lo sviluppo sostenibile), il grande disegno che devono perseguire tutti coloro che, in un mondo sempre più interdipendente, si vogliono impegnare per il progresso e per la stessa sopravvivenza dell’umanità è la costruzione graduale ma coerentemente voluta di una statualità democratica e federale mondiale. In questa prospettiva è quanto mai urgente completare la costruzione dello Stato federale europeo, perché solo un’Europa pienamente capace di agire può svolgere un ruolo attivo e determinante in un mondo in bilico fra la costruzione di istituzioni e politiche indispensabili per affrontare un destino comune e un’anarchia catastrofica. D’altronde, come è detto nella dichiarazione di Schuman, la missione dell’Europa unita e pacificata al suo interno sta precisamente nel fornire un contributo fondamentale alla pace del mondo intero, il che, se si vuole essere consequenziari, significa favorire con l’ esempio e con l’azione la formazione di altre federazioni continentali e contribuire nello stesso tempo, come è detto nel Manifesto di Ventotene, all’unificazione federale del mondo intero. L’alternativa a questo sviluppo è il prevalere di una dispersione neofeudale della sovranità e, quindi, di una anarchia generalizzata, che con irresponsabile leggerezza appaiono disposti ad accettare i teorici di un nuovo Medioevo.

 Il processo di integrazione europea, grazie ai suoi progressi, è giunto a un punto in cui il rinvio dello sbocco federale non è più compatibile non solo con l’avanzamento ma con lo stesso mantenimento dell’integrazione europea. Da una parte, l’unificazione monetaria (che è il più grande successo finora raggiunto) ha portato al punto di insostenibilità la contraddizione in cui da sempre si dibatte l’integrazione funzionalistica a causa del rinvio sine die della costruzione della sovranità democratica sovranazionale. Se allo svuotamento della capacità di governare il processo economico con le politiche economiche e sociali nazionali non corrisponde la creazione di un governo democratico europeo in grado di assicurare la coesione economico-sociale e la competitività dell’economia europea nel quadro della globalizzazione, e, più in generale di superare l’abnorme sfasamento fra la dimensione, che è ancora fondamentalmente nazionale, della responsabilità politico-democratica e la dimensione delle decisioni effettive, il sistema democratico finirà per entrare in una crisi fatale. Ne è un allarmante segno premonitore l’avanzata delle tendenze populistiche, eurofobiche, micronazionalistiche e xenofobe. Dall’altra parte, il passaggio ad un’unione pienamente federale in tempi rapidi è imposto dal contesto internazionale che è caratterizzato dal declino irreversibile dell’egemonia americana e dalla formazione di un sistema mondiale pluripolare che è vitale rendere strutturalmente cooperativo. Ciò impone all’Unione Europea di diventare un produttore di sicurezza globale invece di rimanere un semplice consumatore di sicurezza all’ombra dell’ombrello americano. La creazione di istituzioni sopranazionali democratiche ed efficienti è infine indispensabile per affrontare i problemi dell’allargamento(già attuato e da completare) all’Europa centrale, orientale e balcanica e alla Turchia, il quale rappresenta una sfida grandiosa ed è una dimostrazione del successo della costruzione europea, ma è destinato a produrre conseguenze dirompenti se non accompagnato dal parallelo superamento dei limiti dell’integrazione funzionalistica.

Per queste ragioni è non solo pienamente, ma anche urgentemente attuale l’esigenza di realizzare la finalità ultima - la federazione europea - della Dichiarazione Schuman, ma è altresì pienamente attuale la strategia del nucleo di avanguardia da essa indicata. Ciò significa oggi due cose. Da una parte, occorre realizzare i progressi possibili nel quadro del Trattato di Lisbona (in particolare in riferimento al governo economico europeo e al ruolo internazionale dell’Unione Europea) procedendo con chi ci sta e, quindi, utilizzando le cooperazioni rafforzate e quella strutturata nel campo della difesa. Dall’altra parte, occorre l’avvio simultaneo, sulla base dell’iniziativa dei paesi disponibili, di un processo di transizione verso la federazione europea. Il che significa: il trasferimento a livello europeo della sovranità nella politica estera,di sicurezza ed economica(negli aspetti generali) con l’attribuzione di risorse finanziarie e di forze armate sufficienti a consentire una capacità di azione e di governo indipendenti; l’elaborazione di una Costituzione federale, che preveda un sistema di governo articolato su più livelli coordinati e indipendenti, con un esecutivo federale responsabile di fronte al parlamento e un legislativo bicamerale composto da una camera degli Stati e da una dei rappresentanti del popolo; l’elaborazione della Costituzione da parte di una convenzione costituente democratica e la sua approvazione da parte dei cittadini, in un quadro rispettoso sia dell’acquis communautaire sia della volontà di unirsi successivamente a questo progetto da parte degli Stati che lo vorranno.

Fonte immagine:Flickr

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