Le debolezze e le potenzialità dei partiti politici europei (Parte II)

, di Salvatore Sinagra

Le debolezze e le potenzialità dei partiti politici europei (Parte II)

Minori, ma non irrilevanti, sono le contraddizioni all’interno del Partito Socialista, che riunisce forze socialiste che fin dalla costituzione dell’Unione sono state fortemente integrazioniste, partiti postcomunisti, i laburisti britannici e qualche forza centrista. Ad oggi la componente britannica del PSE appare quella più distante dalle altre, ma qualche problema ha causato anche la componente francese (il Partito Socialista Francese ha votato contro la direttiva Bolkestein e sebbene il padre politico di Hollande, Delors, sia un convinto europeista una buona parte del partito è fortemente euroscettica). Infine qualche imbarazzo è stato causato dalla costituzione in Italia del Partito Democratico (PD), che mette insieme ex popolari ed ex comunisti; alcuni ex democristiani non hanno esitato ad affermare di «non voler morire socialisti» e Francesco Rutelli, che ha poi abbandonato il PD, ha definito l’adesione al Partito Socialista Europeo un impoverimento del progetto politico del nuovo partito. Alla fine, l’ex democristiano Franceschini, segretario pro tempore del PD ha mediato con il compromesso di una federazione tra democratici e socialisti.

Dopo l’elezione di Hollande, ed in vista del 2013 in cui andranno alle urne Italia e Germania, si sono intensificati i contatti tra il Presidente francese, il leader democratico italiano Bersani ed il leader socialdemocratico tedesco Gabriel; la dominanza del rapporto personale tra i tre è indice di debolezza della federazione socialista europea.

I Liberali sono la terza piattaforma europea per numero di rappresentanti, sono una forza più piccola rispetto ai popolari e ai socialisti non solo perché è assai raro che un partito liberale si affermi come primo attore in un paese europeo, ma anche perché i liberali non sono rappresentati nei Paesi dell’Europa Meridionale. Ciò nonostante, in modo quasi sorprendente, a Bruxelles l’eterogeneità dei liberali è ancora più significativa rispetto a quella di Popolari e Socialisti; è emblematico il fatto che su Wikipedia (che pur non è un fonte ufficiale e pienamente attendibile) si legga che l’Alleanza dei Democratici e Liberali raggruppa forze di centro-sinistra, centro e centro-destra, che sarebbero accumunati dall’adesione ai valori liberali e liberal-democratici.

Nello stesso “contenitore” vi sono partiti riconducibili alla destra liberista, come i liberal-democratici tedeschi e talune componenti dell’Europa orientale, e forze come l’Italia dei Valori che si collocano alla sinistra delle tradizionali forze progressiste italiane (almeno dal 2008). Convivono nello stesso raggruppamento i liberali tedeschi di Rosler e Westervelle, i falchi del rigore che si oppongono ad ogni nuova forma solidarietà tra nord e sud e politici dichiaratamente federalisti come Guy Verhofstadt - cofondatore del Gruppo Spinelli erede dell’intergruppo federalista - e Andrew Duff, presidente dell’Unione Europea dei Federalisti (UEF). Probabilmente l’unico terreno su cui le forze che si definiscono liberali trovano un’intesa sono i diritti e le libertà (compresa quella d’informazione) ma ciò non basta a fare un partito, in sintesi pare che l’unico collante dei liberali sia l’ostinazione a non prendere parte né per i popolari, né per i socialisti.

Simili problemi hanno i Verdi, che forse sono la forza più lontana da un’identità partitica, divisi tra federalisti ed euroscettici e alle prese con un insolito apparentamento con Alleanza Libera Europa, forza che raggruppa euroscettici ed autonomisti; i conservatori infine mettono insieme forze liberiste come i britannici di David Cameron con partiti chiaramente interventisti come i polacchi di Legge e Giustizia; si tratta quindi di un gruppo unito solamente dall’euroscetticismo che può avere come unica politica lo smantellamento dell’Unione europea.

La conclusione che si trae è che oggi una “svolta politica” dell’Unione europea necessita di partiti capaci di presentare piattaforma programmatiche coerenti; partiti che prendano posizione su un’eventuale evoluzione federalista dell’Unione, sul rapporto con le altre potenze mondiali, sul Welfare. Allo stato attuale purtroppo non solo tutti i raggruppamenti del Parlamento europeo fanno fatica a convergere su proposte concrete, ma alcuni fanno fatica a trovare una generica collocazione sull’asse liberismo-socialdemocrazia. Le prossime elezioni del Parlamento europeo potrebbero essere secondo alcuni l’occasione del “riscatto” dei partiti politici europei, ma a mio avviso sarebbe meglio parlare di nascita dei partiti politici europei. Occorre un salto di qualità e la speranza è che uno slancio possa venire dallo spunto di alcuni leader carismatici, quali il liberale Verhofstadt o il socialista Schulz, ma sia chiaro dopo l’iniziativa delle singole personalità devono venire i programmi ed i partiti; salvo che molte componenti nazionali non rivedano le loro posizioni, sarà necessario modificare i perimetri delle attuali “famiglie” europee.

Fonte dell’immagine: Flickr

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