Allargamento

Nuove frontiere ad est: la sfida rumena

, di Traduzione di Marco Riciputi, Doru Frantescu

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Nuove frontiere ad est: la sfida rumena

Il rapporto rilasciato dalla Commissione europea il 26 settembre scorso non stabilisce solo l’ingresso nel 2007 nella famiglia europea di Romania e Bulgaria, ma segna anche la nuova frontiera ad est dell’Unione europea. Secondo la Convenzione di Dublino, sono responsabili per la gestione delle richieste d’asilo gli Stati membri i cui confini sono stati attraversati per primi.

Dal 2007, la condizione di stato di confine metterà la Romania di fronte a numerosi migranti provenienti da Est. Considerando le attuali basse capacità economiche e sociali della Romania, così come della Bulgaria, un tale flusso di migranti creerà seri problemi ai nuovi Paesi membri. Dato questo scenario, è forse il momento per gli Stati UE di affrontare il problema degli immigrati con misure di condivisione dei confini.

Fino ad oggi gli Stati ex-comunisti sono stati visti dai Paesi dell’Europa occidentale come una fonte di migranti. Con gli allargamenti del 2004 e del 2007 la situazione diventa in qualche modo differente. L’ingresso nell’UE è associato al benessere economico, in particolare per i paesi dell’Europa orientale. L’aspettativa è che l’integrazione nell’economia UE ridurrà gli squilibri regionali tra membri vecchi e nuovi. Allo stesso tempo incrementerà il divario tra i nuovi membri e i loro confinanti esterni all’UE. Di conseguenza, i cittadini di questi ultimi stati saranno più interessati ad attraversare i confini alla ricerca di un lavoro meglio pagato.

Il caso rumeno

La Romania confina col Mar Nero e due Stati esterni all’Ue, Ucraina e Moldavia. Ci sono caratteristiche che contraddistinguono questo paese. Per prima cosa la sua relazione speciale con la Moldavia: oltre ad essere il Paese più povero d’Europa è anche visto dai rumeni come il fratello minore. La maggioranza della popolazione moldava parla rumeno come lingua madre a causa del comune retaggio storico. La lingua è anche la ragione principale che spinge i cittadini moldavi a emigrare in Romania. Lo stanno facendo da 15 anni e dal 1997 rappresentano il 75% della popolazione immigrante in Romania. Difficilmente la chiusura dei confini nel 2007 produrrà un calo in questi flussi. Semplicemente, diventeranno illegali.

Una seconda caratteristica particolare risiede nella sua collocazione geografica: al contrario dei paesi baltici, la Romania si trova vicino al nucleo più ricco dell’UE. Come alcuni studi mostrano, se la principale fonte di immigrazione nel XXI secolo sarà l’Asia, la rotta principale passerà attraverso l’Asia centrale, il Caucaso del sud, il Mar Nero per finire in Romania.

Misure legali e capacità di assorbimento

Mentre la componente legale di immigrazione sarà diretta verso i Paesi UE più sviluppati, l’immigrazione illegale, come stabilito dalla Convenzione di Dublino e dal Regolamento 343/2003 del Consiglio, dovrà essere gestita dalle autorità dei Paesi i cui confini sono oltrepassati per primi. L’idea dietro a questo principio mira a responsabilizzare gli Stati nel controllo dei propri confini.

La Romania, da parte sua, si è impegnata e nel mettere in sicurezza il suo confine orientale. Ha ricevuto anche un significativo aiuto dall’UE sotto forma di fondi e supporto logistico. Comunque, come l’esperienza nei vecchi Stati membri ha dimostrato, rafforzare i controlli di frontiera non è sufficiente per impedire l’immigrazione illegale. Sono ampiamente conosciuti tra gli europei i problemi che la Spagna incontra in seguito all’incremento del numero di migranti dall’Africa.

Ma la questione principale è che, al contrario dei vecchi Stati UE, i nuovi arrivati non hanno la capacità di affrontare l’immigrazione illegale. Alcuni studi mostrano che ad esempio in Grecia il costo sociale giornaliero per il mantenimento di un immigrato è pari a 9 euro. Se consideriamo che questa cifra è superiore a quella che mediamente un lavoratore rumeno guadagna, diventa ovvio che la Romania non troverà i fondi per finanziare questa spesa. La situazione è all’incirca la stessa in Bulgaria e negli altri Stati membri dell’Est Europa.

Conclusioni

Un obiettivo importante per lo sviluppo di lungo termine dell’UE è ridurre gli squilibri tra i suoi membri. Diventa chiaro che è vitale rivolgere più attenzione alle sfide che i nuovi membri dovranno affrontare dopo l’ingresso. Gli immigrati diverranno una sfida importante che può inibire lo sviluppo economico dei nuovi paesi UE sottraendo importanti risorse finanziarie. Per impedirlo, l’UE deve trovare un nuovo approccio nello stabilire la responsabilità di chi deve farsi carico degli immigrati, abbandonando il concetto che questa cada in capo al singolo Stato, in particolar modo quando questo stato ha ancora un’economia debole.

Il principio di solidarietà richiede agli Stati membri di utilizzare una politica di condivisione delle frontiere e si deve dare alle istituzioni UE il potere per metterla in pratica.

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