Mentre l’Europa non sa ancora decidere come uscire dalla crisi, l’America decide di andare avanti lungo la via tracciata da Obama. Con più convinzione rispetto alle aspettative, gli americani ci dicono che la via delle riforme della società americana deve proseguire, ora certamente con il vigore che prima è mancato. Obama, senza l’assillo di un altro mandato, può forzare là dove prima non ha potuto: sulla politica sociale, a partire dalla questione dell’immigrazione, sulla stessa riforma sanitaria e poi, soprattutto, sul peso abnorme della finanza, ponendo limiti alla sua azione speculativa. Le grandi banche d’affari che si sono schierate contro Obama perché voleva vietare le operazioni speculative utilizzando mezzi propri (detto in altri termini: con i soldi dei depositanti) ora sanno che avranno di fronte un Presidente più forte, che presenterà loro il conto.
I nuovi quattro anni di Obama possono rappresentare, più che una continuità più forte rispetto a prima, una svolta radicale nella sua politica. Ciò che prima non poteva fare, ora con il secondo mandato può farlo. E deve farlo se vuol passare alla Storia. E perché l’America ha bisogno di cambiare profondamente se vuole mantenere un ruolo di leadership. Obama deve innanzitutto puntare sulla riduzione delle disuguaglianze per avere una maggiore coesione sociale, condizione necessaria per poter cominciare a ridurre la montagna del debito pubblico e privato che rende il Paese dipendente dalle potenze emergenti. Deve far comprendere agli americani che una certa american way of life basata sul debito e sull’esportazione dell’inflazione nel mondo non può continuare. Deve capire che il ruolo centrale del dollaro sta volgendo al termine e che è necessario affrontare il governo di un mondo multipolare nel campo della moneta, dell’ambiente, della gestione delle risorse materiali, economiche e finanziarie.
Ma Obama può far imboccare un nuovo corso alla politica americana ad una condizione precisa. Se ci sarà anche l’Europa. Solo se l’Europa porta a compimento, in questi anni e da subito, la federalizzazione delle sue istituzioni, con la nascita di un governo democratico, responsabile davanti al Parlamento, potrà porre il problema di un nuovo ordine mondiale e rappresentare, per l’America di Obama, un partner fondamentale per lo sviluppo di una politica mondiale basata sull’interdipendenza tra le grandi aree del mondo.
L’America, nell’incredulità di molti, ha mostrato di voler ancora credere nel “yes, we can” di quattro anni fa. Tocca ora all’Europa dimostrare che si può cambiare anche su questa sponda dell’Atlantico. Nell’unico modo che serve per rispondere alla sfida del tempo: realizzando il “sogno europeo” che anche gli americani si attendono da noi.
1. su 7 novembre 2012 a 23:01, di Renzino l’Europeo In risposta a: Obama vince anche per l’Europa
L’Europa ha da molto tempo un Governo Democratico responsabile davanti al Parlamento. Peccato che Longo non se ne sia accorto.
RR
2. su 8 novembre 2012 a 19:24, di Jacopo S. Barbati In risposta a: Obama vince anche per l’Europa
Salve a tutti. Sono in totale disaccordo. Già 4 anni fa si fecero facili entusiasmi sulla prima elezione di Obama, e questi 4 anni hanno dimostrato quanto ampiamente abbia disatteso le aspettative. Non solo per sue mancanze, per carità, però i fatti dicono questo. Penso che sia stato rieletto solo perché considerato «il male minore», e credo che questo sia chiaro a tutti, negli USA così come in Europa. Per questo credo che la ri-elezione di Obama non possa servire in alcun modo a cambiare la situazione in Europa.
Saluti
3. su 10 novembre 2012 a 22:44, di Antonio Longo In risposta a: Obama vince anche per l’Europa
Il Presidente ed i membri della Commissione vengono scelti dal Consiglio europeo con un sistema di consenso bipartisan e secondo logiche spartitorie intergovernative. Successivamente sono confermati con un voto del Parlamento. Non sono certamente il risultato delle elezioni europee nè espressione della maggioranza politica risultata vincente nelle elezioni, come avviene generalmente in democrazia. Peccato che Rubele non se ne sia accorto.
Quanto alle osservazioni su Obama, non interessa se sia stato eletto con maggiore o minore convinzione. E non ho detto nemmeno che la sua elezione può servire a cambiare la situazione in Europa. Semmai ho detto il contrario: solo se l’Europa diventa unità politica con un governo federale potrà essere quella sponda che serve ad Obama per le riforme interne e per un nuovo quadro mondiale.
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