Per una nuova Dichiarazione Schuman e un Parlamento europeo costituente

, di Flavio Brugnoli, Roberto Palea

Per una nuova Dichiarazione Schuman e un Parlamento europeo costituente

Il Consiglio europeo del 13-14 dicembre scorso a Bruxelles ha, in larga misura, deluso le aspettative che aveva acceso dopo la sua riunione di fine giugno 2012. Il mandato affidato allora ai presidenti del Consiglio europeo, della Commissione, dell’Eurogruppo e della Bce per “elaborare (…) una tabella di marcia specifica e circoscritta nel tempo per la realizzazione di un’autentica Unione economica e monetaria” costituiva un passo importante, nella giusta direzione. Purtroppo a quel primo passo non sono seguiti quelli indispensabili per delineare un credibile orizzonte di uscita dalla crisi, verso un’Unione federale.

Il processo di consultazione messo in moto dall’attività dei quattro presidenti aveva portato a importanti indicazioni e prese di posizioni da parte delle istituzioni coinvolte. Citiamo, in questo senso, sia la Risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre scorso, con le “raccomandazioni” alla Commissione europea, sia la successiva Comunicazione della Commissione stessa, datata (nella versione definitiva) 30 novembre 2012, intesa a “lanciare un dibattito europeo” per una “Unione economica e monetaria autentica e approfondita”.

Si tratta di documenti ricchi di analisi efficaci e di proposte lungimiranti – in sintonia con numerose indicazioni del Centro Studi sul Federalismo –, che solo qualche anno fa sarebbe parso inimmaginabile leggere in documenti ufficiali delle istituzioni europee. In particolare, la Commissione indica misure a breve, medio e lungo termine, attuabili in parte a trattati vigenti, in parte richiedenti una modifica dei trattati, tra cui quella di arrivare a un’apposita “capacità fiscale” dell’Eurozona, basata su risorse proprie, che potrebbe evolvere in un bilancio autonomo dell’Eurozona.

Ben poco è rimasto di tutto questo nelle Conclusioni del Consiglio europeo del 13 e 14 dicembre, che di fatto si è limitato a salutare con favore – a ragione – gli importanti passi compiuti dal Consiglio Affari Economici e Finanziari con l’avvio dal 1° marzo 2014 di un meccanismo di vigilanza bancaria unificato, pietra angolare per il varo dell’Unione bancaria. Prossimi passi dovranno essere le direttive sul risanamento e la risoluzione delle crisi nel settore bancario e sul sistema di garanzia dei depositi, che preluderanno alla possibilità per il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari.

Rimangono invece generiche e minimaliste le indicazioni del Consiglio europeo sulla “tabella di marcia per il completamento dell’UEM”. Definito il principio che il processo di completamento “si baserà sul quadro istituzionale e giuridico dell’UE”, ci si limita a indicare che “è immediatamente prioritario completare ed attuare il quadro per una governance economica più forte”. Le proposte che vanno oltre il breve periodo sono probabilmente cadute vittime delle agende politiche ed elettorali nazionali. Laddove è richiesto coraggio lungimirante, si risponde con un esasperante gradualismo, senza mostrare la necessaria incisività rispetto alla gravità e all’urgenza dei problemi.

È significativo che, pochi giorni prima del Consiglio europeo, sia stato consegnato all’Unione Europea il Premio Nobel per la pace: un giusto riconoscimento per quanto l’Europa ha fatto per la pace, la riconciliazione, la democrazia e i diritti umani; ma che contiene anche un invito indiretto agli Stati a completare, in tempi rapidi, l’originario disegno – già chiaramente espresso nella Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 – di rendere comune il destino delle nazioni europee creando un’Unione federale tra gli Stati che lo vorranno.

I passi da compiere sono ormai chiari, grazie anche all’impegno propositivo delle istituzioni europee, sul piano del completamento dell’integrazione economica, con le necessarie cessioni di sovranità all’Unione e la possibilità di un’integrazione differenziata (affinché i Paesi che vogliono procedere più speditamente sulla via dell’Unione federale possano andare avanti) sia sul piano delle regole istituzionali da introdurre, con un Trattato riformato valido per i Paesi dell’Eurozona e per quelli che lo vorranno.

È necessario che l’Eurozona (eventualmente allargata ad altri Paesi) assuma una sua precisa soggettività e si doti di un Bilancio aggiuntivo a quello dell’UE, alimentato da risorse nuove (quali una carbon tax e una TTF europee), da destinare a un Piano a favore dell’occupazione e dello sviluppo sostenibile, capace di rilanciare, in tempi brevi, la crescita. Il solo rigore nei conti pubblici condanna gli Stati dell’Eurozona alla recessione, al declino, alle tensioni sociali conseguenti, con gravi rischi per la stessa “tenuta” del processo di unificazione europea.

Ciò che si deve avere il coraggio di fare da subito, incidendo così sulle aspettative dei mercati e dando un segnale di speranza e di fiducia all’opinione pubblica, è un impegno politico solenne assunto dagli Stati che lo vogliono, a partire dall’Eurozona: serve che un gruppo di Paesi e di leader lungimiranti compia un passo analogo negli scopi alla Dichiarazione Schuman, che indichi ai cittadini europei il senso di marcia e il punto di arrivo del cammino intrapreso.

In parallelo, il Parlamento europeo sta finalmente dando segnali incoraggianti di voler giocare un ruolo attivo per fronteggiare la crisi economica e istituzionale in cui è piombata l’Europa. Riteniamo che debba spendere l’ultimo anno pieno di legislatura – eventualmente in accordo con i Parlamenti nazionali – per definire i punti fondamentali della riforma istituzionale necessaria per costituire il primo nucleo della Federazione europea. Essi dovranno essere al centro della campagna elettorale per le elezioni europee del 2014, se possibile anche attraverso un referendum consultivo europeo.

Qualora approvato, quel progetto dovrebbe essere affidato a una Convenzione/Assemblea costituente composta dai rappresentanti eletti dai cittadini a livello nazionale e nel Parlamento europeo, nonché dei governi e della Commissione europea, con il mandato di elaborare, entro un anno, una Costituzione federale. La ratifica della Costituzione dovrebbe avvenire mediante un referendum, da tenersi simultaneamente in tutti gli Stati membri. Essa dovrebbe entrare in vigore se ratificata dalla maggioranza degli Stati, rappresentativa della maggioranza dei cittadini.

Quanto all’Italia, mentre ci si avvia a un difficile appuntamento elettorale nazionale, è indispensabile che le forze e i leader in campo indichino con chiarezza quale Europa unita vogliono costruire e quali passi concreti per raggiungerla intendono compiere.

1. Questo articolo è stato inizialmente pubblicato come commento dal Centro Studi sul Federalismo

2. Fonte immagine Flickr

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