Dalla sua fondazione, l’Unione europea ha conosciuto diversi «ampliamenti», passando dai sei Stati fondatori agli attuali ventisette, numero destinato ad aumentare. Questa espansione è regolata da un processo di adesione, fondato sui principi enunciati nel Trattato sull’Unione Europea (TUE) negli articoli 6 e 49. Quest’ultimo determina l’importanza, nel processo di adesione, del ruolo svolto dal Consiglio che, successivamente alla consultazione con la Commissione e con il Parlamento europeo, deve pronunciarsi all’unanimità per approvare la candidatura del nuovo Stato.
Il primo passo verso l’ingresso nell’UE è rappresentato dalla domanda di adesione che, se accolta dal Consiglio, fa conseguire al Paese richiedente lo status di candidato. A questo punto esso deve rispondere ai criteri di adesione, o criteri di Copenaghen, che definiscono le condizioni che uno Stato candidato deve rispettare per entrare a far parte dell’UE. Questi criteri vennero stabiliti nel corso del Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 e completati durante il Consiglio europeo di Madrid del 1995. Essi riguardano la stabilità delle istituzioni politiche, l’esistenza di un’economia di mercato valida e capace di far fronte alla pressione della concorrenza all’interno dell’UE e la predisposizione ad aderire all’acquis, ovvero agli obblighi di Stato membro derivanti dal diritto e dalle politiche dell’UE. In particolare l’acquis è rappresentato dal diritto comunitario (insieme delle norme riguardanti l’organizzazione e lo sviluppo dell’UE) e dagli obiettivi comuni stabiliti dai trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza.
Nel caso in cui i requisiti del Paese candidato soddisfino questi criteri, è possibile avviare le trattative d’adesione, che rappresentano la base dell’approvazione, della realizzazione e dell’applicazione dell’acquis da parte dei Paesi candidati. Le trattative sono condotte individualmente con ogni nuovo Stato, in quanto ogni situazione politica, economica e istituzionale può dimostrarsi molto diversa. Queste trattative hanno luogo in conferenze bilaterali, che mirano a valutare il grado di preparazione del Paese candidato e a confrontarlo con l’acquis dell’UE. Tuttavia, anche una volta avviate, le trattative possono essere sospese a causa di una grave violazione dei principi che regolano la stabilità dell’UE. Ad esempio, uno dei Paesi con cui i negoziati per la piena adesione sono stati rimandati è la Turchia. Questa, nonostante le misure riformiste attuate, non è ancora pronta ad assolvere gli obblighi di Stato membro, in quanto si rileva ancora precaria la salvaguardia dei diritti umani e civili. Infatti, non vengono tuttora riconosciuti i genocidi degli Armeni e degli Assiri, anzi, vengono perseguitati penalmente coloro che ne fanno parola pubblicamente.
Nel caso in cui non vi siano impedimenti durante le consultazioni, si passa a stipulare un accordo, o trattato di adesione, tra gli Stati membri e il Paese candidato. Questo accordo contiene le condizioni di adesione, le misure di salvaguardia o di rinvio per i settori che necessitano di un maggiore potenziamento, e infine la data dell’adesione. Per aiutare il Paese candidato a preparare la futura adesione, viene definita una strategia di pre-adesione nella quale trova notevole importanza l’assistenza finanziaria europea. Essa ha lo scopo di sostenere la transizione dei Paesi richiedenti in vista dell’eventuale rafforzamento delle istituzioni e della messa in atto delle infrastrutture. In linea con tutto ciò, l’Unione europea risponde prontamente al suo principale obiettivo, quello di “unire nella diversità”, creando uno spazio stabile e prospero che riunisca Paesi che, nella loro eterogeneità, condividono un impegno e valori comuni, come la libertà, la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti dell’uomo.
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