Recensione: Il Ratto d’Europa. Per una archeologia dei saperi comunitari

, di Salvatore Aloisio

Recensione: Il Ratto d'Europa. Per una archeologia dei saperi comunitari

Il 9 maggio, festa dell’Europa, ha debuttato al Teatro “Storchi” di Modena “Il Ratto d’Europa. Per una archeologia dei saperi comunitari”. Si tratta di uno spettacolo teatrale, prodotto da Emilia Romagna Teatro (ERT) e Teatro di Roma (questa città sarà la prossima tappa e sarebbe bello ve ne fossero altre, anche in giro per il continente), dedicato all’Europa. All’idea d’Europa, alle sue radici ma anche alla sua attualità e al suo futuro, con un approccio che varia dal serio al faceto, riuscendo approfondito e gradevole al tempo stesso.

La rappresentazione inizia con i protagonisti in preda ad un sonno agitato da sogni che ruotano attorno a una parola che ritorna ossessivamente: Europa. Nonostante le differenze che li dividono, costoro ricevono il mandato di divenire una squadra per dimostrare se sia possibile o meno salvare l’Europa dall’estinzione, attraverso una sorta di “giochi senza frontiere” sull’Europa stessa.

Il Ratto d’Europa, è un interessante esempio di “teatro pubblico”; la rappresentazione in senso stretto è stata infatti preceduta da numerose iniziative che hanno coinvolto realtà disparate della città. Lo stesso copione è stato influenzato da queste esperienze. In questo contesto preparatorio, quasi un anno fa, sono stato coinvolto insieme a tante realtà cittadine e ho partecipato ad alcune (molte meno di quanto avrei voluto) attività.

Orbene, io sono - da tempo ormai (ahimè) immemorabile quello che comunemente si definirebbe un fervente europeista. In realtà non è così, giacché europeista vuol dire, soprattutto oggi, poco o niente. Sono un federalista europeo, penso quindi che solo attraverso una forma di unione federale gli stati europei possano avere un futuro. La differenza non è piccola, in fondo Hamilton e i suoi si definivano federalisti, non genericamente “americanisti” …. e si è visto come è andata in quel caso. Alla luce di questa premessa, non posso nascondere che quando sono stato contattato da ERT per un coinvolgimento nel progetto de Il Ratto d’Europa ho accettato di vedere di cosa si trattasse non senza una dose di scetticismo e diffidenza.

In fondo, però, mi confortava l’idea che un regista come Longhi - del quale avevo ammirato da poco “La resistibile ascesa di Arturo Ui” di Brecht e che sapevo aver collaborato con Ronconi nella rappresentazione che tanto scalpore fece una decina d’anni fa de “Le rane”, di Aristofane - capace di coniugare teatro e modernità, decidesse di occuparsi di Europa. Forse, mi sono detto, è un segno della cruciale attualità di questo momento per l’unificazione europea, purtroppo caratterizzato da troppe analogie con il periodo della “resistibile ascesa” che travolse la Repubblica di Weimar. E ho anche pensato al nesso (da Alfieri a Verdi, passando per Pellico) tra teatro e Risorgimento. Quest’ultimo strettamente legato, nella mia formazione culturale, alla costruzione europea, da considerarsi la tappa finale di un percorso che passa attraverso la Resistenza europea al nazifascismo.

Una rappresentazione teatrale sull’idea d’Europa! Si tratterà, mi sono chiesto, di un mattone filosofico oppure di una stranezza infarcita di luoghi comuni antieuropeistici o, al contrario di luoghi comuni “unioneuropeisti”. Questi ultimi, non meno pericolosi del c.d. euroscetticismo per l’idea di Europa politica che propugno, consistono in una sorta di “santificazione” dell’UE esistente, priva di ogni senso critico e quindi immobilista per definizione, condotta per lo più da quelli che chiamo “professionisti dell’unioneuropeismo”, parafrasando quanto diceva un autore che mi è particolarmente caro, Sciascia, a proposito dei professionisti dell’antimafia.

Invece nulla di tutto ciò, bensì uno spettacolo equilibrato sull’Europa, affrontata per tappe tematiche (con parole chiave come strade, lingue, guerre, ma anche bandi UE ed “euromiti”) che non conduce ma induce a riflettere seriamente, ma piacevolmente, sul tema. Tappe in cui si richiamano le radici dell’Europa e la sua attualità, ciascuna nella sua grandiosità e tragicità, ma non senza passaggi che fanno sorridere. Luci ed ombre che hanno accompagnato e accompagnano la storia millenaria di questa grande penisola, al tempo stesso tanto unita e tanto divisa.

Le tappe si susseguono fino a quella decisiva e finale ma … senza un finale conclusivo. Lo spettacolo lascia, infatti, la conclusione allo spettatore, indotto a riflettere con stimoli insieme accattivanti e corretti. Ed è, in fondo, il finale giusto per uno spettacolo sull’Europa che debutta il 9 maggio del 2013, festa dell’Europa e 63° anniversario di quella dichiarazione che sulle macerie della guerra ha dato vita ad un processo d’unificazione mai tentato con metodi democratici, ponendo obiettivi successivamente traditi e dilazionati.

Un finale che somiglia molto più che ad un bivio ad una rotonda con più vie d’uscita, delle quali una sola è esatta e percorrendo la quale si corre pure il rischio di tornare indietro. Una piacevole metafora dei giorni che stiamo vivendo. Allo spettatore la scelta di quale strada imboccare. E non solo a teatro.

Fonte dell’Immagine: sito dell’evento

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