Un lungo treno per non dimenticare

, di Matteo Manfredini

Un lungo treno per non dimenticare

Arrivare ad Auschwitz assieme ai ragazzi del Treno della Memoria è uno dei modi più toccanti per comprendere e rivivere la tragedia che si é consumata in questa landa desolata della Polonia meridionale. Lo stato della percezione e dell’educazione delle giovani generazioni all’Olocausto fa riflettere, sopratutto dopo la pubblicazione di un sondaggio commissionato dall’istituto demoscopico tedesco Forsa. Secondo lo studio il 21% degli intervistati (giovani ragazzi tedeschi) non è in grado di associare il nome della cittadina polacca ai campi di concentramento e sterminio costruiti dai nazisti a partire dal 1940, dove furono uccise 1 milione e 300 mila persone, in maggioranza ebrei (1 milione e 100 mila), ma anche prigionieri politici, omosessuali, Rom, Sinti, Testimoni di Geova, malati e criminali comuni. L’iniziativa «Il Treno della Memoria», organizzata dall’associazione Terra del Fuoco, ha come obiettivo proprio il non oblio e la memoria, attraverso la creazione di nuove generazioni di ragazzi testimoni della storia dell’Olocausto.

Durante la settimana del 27 gennaio, dal 2005, l’associazione organizza visite guidate per studenti delle scuole superiori provenienti da diverse regioni d’Italia, al lager nazista di Auschwitz-Birkenau e al ghetto di Cracovia. Quest’anno ben quattro treni sono partiti dall’Italia con a bordo 3200 ragazzi dai 16 ai 19 anni. Mentre la partecipazione all’evento si fa di anno in anno sempre più attiva, l’intenzione dell’associazione è riuscire ad espandere l’adesione a livello europeo, coinvolgendo anche studenti stranieri.

Il presidente di Terra del Fuoco, Oliviero Alotto, ricorda come il più grande errore che si rischia di commettere, visitando il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, è quello di entrare nell’ottica dei grandi numeri, dimenticando la dignità e la tragedia personale di ogni singolo prigioniero. Per questo, gli studenti che partecipano al progetto, vengono preparati alla visita attraverso incontri e conferenze nei mesi autunnali. Auschwitz-Birkenau si trova a pochi chilometri dalla cittadina di Owiecim.

La visita inizia al campo di lavoro di Auschwitz I, una vecchia base militare polacca che fu la sede dei primi prigionieri già alla fine del 1940. Qui diversi blocchi in mattoni rossi, una volta alloggi sovraffollati degli internati, raccolgono testimonianze sulla vita giornaliera dei prigionieri, fatta di adunate forzate, di lavori al limite della sopportazione, dell’arbitrarietà dei carnefici che decidevano la vita, la morte e spesso la tortura dei confinati. E’ qui che i «dottori» compivano i loro esperimenti, è qui che il micidiale Zyklon-B fu testato la prima volta, è qui che in celle d’isolamento Padre Massimiliano Maria Kolbe è morto di fame prendendo il posto di un padre di famiglia. Poi ancora il muro della morte, la tristemente celebre scritta «Arbeit Macht Frei», i fili spinati, le forche, le foto dei visi scavati dei prigionieri, dei corpi scheletrici, sguardi confusi, disorientati, persi, i forni, le camere a gas.

La visita prevede che ogni studente scelga, tra le migliaia di foto dei prigionieri del Blocco 5, un nome, una faccia, un’identità, una dignità, da scrivere su un pezzo di stoffa, per immedesimarsi durante la visita in quella realtà in modo più personale possibile. La temperatura scende di qualche grado e nel pomeriggio ci spostiamo a Birkenau (o Auschwitz II), il grande campo di sterminio. Procedendo accanto alla lunga ferrovia che attraversa il campo, calpestando le rampe dove i prigionieri venivano scaricati come animali, camminando a lato del chilometrico recinto di filo spinato (all’epoca elettrificato), fermandosi a scrutare la vastità dell’area che comprendeva 300 baracche di legno (delle quali oggi è rimasta per molte solo la canna fumaria in mattoni), osservando le latrine, le postazioni di guardia dei carnefici, sempre con gli occhi socchiusi e il collo ben insaccato nella giacca, anche davanti ai resti delle camere a gas, perché il freddo pungente dei meno 20 gradi entra in tutte le fessure millimetriche e fa gelare la pelle rimasta scoperta, anche il cervello perde lucidità e non comprende.

La concretizzazione di quello che è successo nella mente di un visitatore non è scontata, è un processo di difficile accettazione, quasi di rifiuto. Immaginare un milione di persone in fila o in una piazza non è facile, immaginare lo stesso numero di morti ammazzati in questa fabbrica della morte lo è ancora di più. Queste centinaia di ragazzi sono venute ad Auschwitz per cercare di comprendere, ora avranno il compito di testimoniare, una staffetta simbolica tra chi ha vissuto quelle crudeltà e loro è stata passata.

La storia d’Europa è passata anche da qui, ed è una tappa necessaria per comprendere l’Unione Europea di oggi. Se tra proclami e annunci anche i più radicali dei partiti razzisti, omofobi ed intolleranti non concepirebbero (probabilmente) tanta violenza, non è detto che questo non possa creare terreno fertile per qualcuno che a queste cose ci creda e le progetti veramente.

E’ accaduto, quindi potrebbe accadere di nuovo. (P. Levi)

Fonte immagine: Flickr.

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