Andalusia, progetti, 230 sognatori: benvenuti alla UYD

, di Amanda Ribichini

Andalusia, progetti, 230 sognatori: benvenuti alla UYD
2022, University on Youth and Development - Youth Cooperation Programme of the North-South Centre of the Council of Europe

Racconto dell’esperienza di una federalista alla University for Youth and Development di Mollina, in Spagna, dove ha avuto modo di migliorare le proprie conoscenze sul tema dell’inclusione grazie al progetto IMPACT della JEF Europe ma anche di relazionarsi con tanti giovani game-changer provenienti da tutto il mondo.

Ferragosto 2022, ovviamente piove. Come tutti gli anni, c’era da aspettarselo, si prepara tutto con largo anticipo, il sole picchia forte da giorni, ma succeda quel che succeda, il 15 agosto di ogni anno la pioggia è assicurata. Io e i miei amici ci trasciniamo, non sappiamo cosa fare; piano piano ci buttiamo tutti sul divano, a scrollare con il telefono, sperando che a qualcuno venga un’idea. Faccio così anch’io, e mi perdo tra le mille foto, facce, scritte, meme e video di Instagram, almeno finché non atterro sulla pagina della JEF Europe. In primo piano campeggia un post per una application. Si parla di un progetto sull’inclusione, da qualche parte in Spagna. La deadline era già stata un po’ allungata, “è chiaramente un segno - mi dico - se l’ho vista proprio ora, a un giorno dalla scadenza, è destino”. Non ci penso troppo, e compilo il modulo.

È così che inizia una delle avventure più belle della mia vita: un po’ per caso, e un po’ per colpa della pioggia.

Dopo due giorni, arriva la risposta positiva, e arriva il momento di capire in cosa mi sto imbarcando. Il progetto si chiama IMPACT, acronimo di Inclusive Methods for Political Activism and Campaigns through Training, e attraverso un percorso lungo vari mesi si prefigge di formare i partecipanti sulla creazione di campagne politiche inclusive. La prima fase del progetto si inserisce all’interno della UYD, University on Youth and Development, una settimana in cui giovani rappresentanti di organizzazioni di tutto il mondo si riuniscono per seguire corsi e scambiarsi esperienze e idee. Questo progetto, finanziato dal Consiglio d’Europa, in partnership con il Governo di Madrid, lo European Youth Forum e lo Spanish Youth Forum, nasce nel 2000 con l’idea di costruire uno spazio in cui i giovani potessero costruire reti solide, e rafforzare la loro voce all’interno delle Istituzioni.

La UYD è ormai arrivata alla 21esima edizione; nelle ultime due, Il tema-ombrello che l’ha coperta è stato l’SDG 16 dell’agenda 2030: “Building effective, accountable and inclusive institutions”. Ad animarla, numerose associazioni, provenienti da tutto il globo: dalla JEF, ai giovani dell’UNESCO, passando per Sirius ed EYCA, solo per citarne qualcuna, per un totale di 230 ragazzi provenienti da 80 Paesi.

Resta solo da dire dove! Se state pensando a uno dei posti che conoscete nella penisola iberica, vi sbagliate di grosso. La UYD ha sede stabile nel CEULAJ (Euro-Latin American Youth Centre), a Mollina, piccolo paesino dell’Andalusia più profonda. Non lasciatevi ingannare (come all’inizio avevo fatto io): il centro è splendido, tutto costruito a piccoli padiglioni come se fosse un campus, con una piscina con i fiocchi per rinfrescarsi nelle pause. E poi, Mollina non è male come dicono, basterà farsi un giro nei bar per farsi conquistare dalla birra e dal tinto de verano.

Saluti introduttivi tutti insieme, poi ogni gruppo si è messo al lavoro per concentrarsi sull’argomento del singolo seminario; nel caso della JEF, il progetto IMPACT, che a Mollina si focalizzava sull’inclusione di persone affette da disabilità. Due ottimi facilitatori, Gaffar e Laura, rappresentante dell’ENIL (European Network for Independent Living), ci hanno guidato attraverso questo argomento, mostrando da un lato sensibilità e dall’altro tenacia, volontà di rompere il tabù che da sempre circonda queste persone.

Per iniziare, abbiamo fatto chiarezza sui concetti base, primo fra tutti la disabilità, distinguendo tra la visione medica e quella sociale della condizione. Ci siamo poi spostati sull’inclusione, e di come essa sia diversa dall’integrazione, e ci siamo spinti a chiederci domande, anche scomode, sui limiti di essa.

Dopo aver fissato i pilastri del nostro discorso, Laura ha provveduto a farci un focus su quanto di concreto si necessiti per rendere più inclusivo un evento. Questa sessione ha richiamato alla mia attenzione cose che davo erroneamente per scontate, dimostrandomi quanto ancora devo imparare sull’argomento. Le ha fatto seguito uno spazio dedicato al copywriting, pane quotidiano di Gaffar, e al linguaggio inclusivo. A quel punto, è arrivato per noi partecipanti il momento di metterci alla prova, il compito: creare una campagna politica veramente inclusiva, seguendo gli insegnamenti di Laura.

Il bilancio finale del progetto è completamente positivo: non solo siamo riusciti a cogliere la vera portata della parola “inclusione” dall’alto, ma ci siamo anche calati fin nei dettagli, nella quotidianità. Abbiamo avuto la possibilità di "cambiare gli occhiali”, e vedere il mondo da una prospettiva diversa; sicuramente ho imparato la lezione, e proverò a portare questa esperienza nella mia vita di tutti i giorni.

Oltre al progetto IMPACT, con la JEF, abbiamo partecipato alle Joint Session, con tutte le altre associazioni. In questo modo siamo riusciti a conoscere altre realtà, all’apparenza molto lontane da noi, ma che esattamente come i federalisti, si impegnano per rendere il mondo un posto migliore. In particolare, io ho avuto modo di conoscere i ragazzi dell’UNESCO Youth Committee, che si trovava a Mollina per lavorare sulla “Social Media and Information Literacy”: il loro obiettivo era stilare una “Convenzione di Mollina” proprio per sensibilizzare i giovani su questo tema.

Al di fuori delle sessioni, ovviamente, non ci si fermava un attimo. Ovunque ti giravi c’erano balli, canti, parole, suoni. Fermandomi due minuti a percepire l’atmosfera, tanti sentimenti contrastanti hanno fatto capolino nella mia mente: in un attimo, mi sono sentita un granello di sabbia in tutto quel crogiuolo di lingue o popoli, ma subito dopo mi sono resa conto che se è così, è anche merito mio. Ti senti granello, ma ti senti anche spiaggia, percepisci di essere parte di un tutto, e che stai rendendo quel tutto così bello.

Mollina è un luogo che porta spontaneità: basta una parola, e due minuti dopo sei seduta su una panchina ascoltando la storia del Sudan da una ragazza di Khartoum. Una canzone, e ti ritrovi a pestare piedi a sconosciuti mentre si ballano danze della Serbia. Un complimento, e una ragazza ucraina ti sta mostrando una borsa che ha dipinto lei. Una birra, e stai brindando in portoghese.

A Mollina si lega in fretta, ma sono legami viscerali, li senti nelle ossa, sono solidi. E finisce così, che se all’inizio della settimana avevi paura, e ti chiedevi dove fossi finito, dopo una settimana ti chiedi perché stai tornando a casa tua. E sai che rimpiangerai Mollina, quelle persone, il contatto, sai che avevi trovato il tuo posto.

E ringrazierai quella pioggia di Ferragosto.

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