Mentre le istituzioni europee si apprestano a cambiare volto, sono tante le consultazioni elettorali nazionali che attendono l’Europa in autunno. Dopo elezioni ad alto rischio nei Länder tedeschi del Brandeburgo e della Sassonia e in quello austriaco di Vorarlberg, le urne si apriranno in Austria, Portogallo, Polonia e Romania.
Lieve turbolenza sul volo Kurz a destinazione Vienna
Tanto per cambiare, sarà l’Austria ad inaugurare la stagione elettorale. Dopo lo scandalo politico che ha coinvolto l’ex leader del partito di estrema destra Strache e il voto di sfiducia del 27 maggio, all’indomani delle elezioni europee, i cittadini austriaci saranno chiamati a rinnovare il Nationalrat il prossimo 29 settembre. Un ulteriore scandalo di corruzione che ha coinvolto nuovamente l’ex vice cancelliere rischia di complicare ulteriormente gli sforzi che il partito sta facendo per riabilitare la propria reputazione.
Forte degli importanti risultati riportati alle europee dal suo partito ÖVP, che ha conquistato il 34,5% dei voti, Sebastian Kurz ha lasciato il suo incarico di cancelliere per gettarsi nella campagna elettorale. Del resto, gli ultimi sondaggi collocano il partito di Kurz molto avanti rispetto ai socialisti e ai suoi ex alleati del FPÖ, in leggera frenata, mentre i Verdi non stanno crescendo in modo apprezzabile.
Senza gli obblighi (e i vantaggi) legati all’incarico di cancelliere, Sebastian Kurz è libero di fare campagna gestendo meglio la sua immagine, mentre nel paese la questione dell’immigrazione resta uno dei temi centrali del dibattito. I suoi ripetuti attacchi agli ex alleati di estrema destra, resi necessari per via degli scandali legati alla corruzione, riducono la possibilità di una nuova coalizione governativa ÖVP-FPÖ e fanno presagire ardui negoziati per la formazione di un governo stabile dopo le elezioni. Euroscettico moderato, Sebastian Kurz tentò di cambiare le pratiche europee per l’immigrazione durante la presidenza austriaca del Consiglio UE nel 2018. La scorsa estate il suo partito ha espresso voto favorevole per Ursula Von der Leyen, presidente della nuova Commissione europea.
La sinistra radicale in Portogallo
Una settimana dopo gli austriaci, saranno i portoghesi a dover rinnovare la loro Assembleia da Républica. Dal 2015, il paese dei garofani è guidato dal governo di sinistra di António Costa (Partito Socialista). Il primo ministro ha ottenuto dal Blocco di Sinistra (BE, sinistra radicale) e dalla Coalizione Democratica Unitaria (CDU, comunista) un sostegno senza partecipazione per formare una maggioranza in parlamento. Nonostante i timori dei creditori internazionali nel 2015, quando i piani di austerità prescritti dalla Trojka avevano estenuato il paese, il bilancio del governo socialista è piuttosto positivo: il calo dell’11% del tasso di disoccupazione e la stabilizzazione della crescita intorno al 2% si accompagnano a un ritorno degli investitori e dei turisti. Le elezioni europee hanno dato un segnale incoraggiante al governo uscente. Il Partito Socialista ha dunque conquistato oltre un terzo dei voti, mentre l’opposizione di centro-destra il 22%, pur a fronte di un’esigua affluenza alle urne (32%). Pertanto, i sondaggi attuali per le legislative di ottobre collocano il PS al 38% contro il 23% del PSD (centro-destra). La domanda, tuttavia, non è chi vincerà le elezioni ma piuttosto di quanto vincerà il PS e se disporrà di una maggioranza assoluta o dovrà contare ancora una volta sul sostegno dei partiti di sinistra.
Il Portogallo viene elogiato da Bruxelles come modello di paese del sud dell’Europa che sta uscendo dalla crisi, mente il ministro delle finanze Mário Centeno ricopre attualmente la carica di presidente dell’Eurogruppo. Il governo socialista ha sostenuto la nomina della Von der Leyen alla presidenza della Commissione.
Un fronte disunito contro il governo polacco uscente
Il presidente polacco Andrzej Duda ha annunciato di recente che la data delle legislative d’autunno sarà il 13 ottobre. La tornata elettorale prevede il rinnovo sia della camera bassa (Sejm) che del Senato, entrambe con suffragio universale diretto.
L’attuale politica europea del governo è stata caratterizzata da un braccio di ferro con Bruxelles su una serie di temi, come la tanto controversa riforma del sistema giudiziario. Allo stesso tempo, il governo nazional-conservatore è stato sotto tiro per la discriminazione delle persone LGBT, conseguenza logica della politica restrittiva sul diritto all’aborto. I salti mortali giudiziari e la violenza generata dagli attacchi del governo alle libertà fondamentali hanno trovato sintesi in un clima di odio che ha raggiunto il suo apice lo scorso gennaio, quando il sindaco di Danzica, Paweł Adamowicz, è stato assassinato durante un concerto rock.
Sul piano politico, in una Polonia che tende ampiamente a destra da quasi 15 anni, e in cui nel 2015 gli elettori hanno cacciato tutte le forze di sinistra dal parlamento, Robert Biedroń ha sfidato la sorte lanciando Wiosna (Primavera), partito di centro-sinistra, anticlericale e progressista su temi di ecologia, diritti delle donne e LGBT. In altre parole, l’antitesi del partito di governo PiS. Tuttavia, Wiosna non si è unito alla grande coalizione formatasi attorno a Piattaforma Civica, principale partito dell’opposizione di centro-destra, per le elezioni europee dello scorso maggio. Benché dal 2014 l’affluenza alle urne sia raddoppiata, raggiungendo il 45%, PiS ne è uscito vincitore con il 45% dei voti, mentre la coalizione si è attestata al secondo posto con sette punti in meno.
Di recente, il governo è stato colpito da uno scandalo relativo all’utilizzo personale di aerei di governo che ha portato alle dimissioni del presidente conservatore della Dieta. Un altro caso riguardava accuse su una campagna di molestie online nei confronti dei giudici che si opponevano alle riforme del PiS e ha portato alle dimissioni del ministro dell’interno. A ottobre i polacchi potranno valutare in che misura queste vicende abbiano intaccato la fiducia nel governo. Gli attuali sondaggi danno il governo uscente in vantaggio di 10 punti percentuali.
L’idea di correlare l’erogazione dei fondi europei allo sviluppo al rispetto dello stato di diritto sta facendo tremare Varsavia. Al contempo, poiché spera di migliorare la sua reputazione a Bruxelles, il governo polacco ha di recente espresso il suo sostegno cruciale alla nomina di Ursula Von der Leyen e ha appoggiato iniziative europee ambiziose.
Salvate il presidente Iohannis
Nel paese di Dracula, la “coabitazione” tra il presidente di centro-destra e il governo socialdemocratico (PSD) è tra le più tormentate in Europa. La lotta contro il PSD si era innescata già quando Klaus Iohannis era stato eletto presidente. Smentendo le previsioni del 2014, si era aggiudicato le elezioni grazie a un fronte elettorale formatosi in opposizione al candidato socialdemocratico, Victor Ponta. Gli scandali che ruotano attorno al PSD ormai da oltre dieci anni sono molteplici. Tra essi, la controversa riforma giudiziaria che contempla la mitigazione dell’impianto sanzionatorio contro la corruzione, che nel paese ha suscitato immense manifestazioni di piazza. Tale riforma è il motivo principale per cui il governo romeno si oppone alla nomina della connazionale Laura Codruța Kövesi a capo della procura europea.
Il presidente Iohannis ha svolto il suo ruolo di contrappeso alla perfezione. Ad esempio, quando, sul modello di Donald Trump, il governo socialdemocratico di Viorica Dăncilă ha annunciato di appoggiare il trasferimento dell’ambasciata di Israele a Gerusalemme, il presidente ha esercitato il suo potere di veto, preservando in tal modo la coerenza della politica estera dell’UE. Sempre su iniziativa di Iohannis, in Romania si è tenuto un referendum nello stesso giorno delle elezioni europee, il 26 maggio. Si componeva di due domande che sondavano l’opinione del pubblico sulle famigerate riforme giudiziarie del governo, alle quali oltre l’85% dei romeni ha indicato di opporsi. Si tratta del secondo referendum che ha indebolito la coalizione al potere. Lo scorso autunno, infatti, il piano del governo di inserire una definizione eterosessuale del matrimonio nella costituzione è fallito, poiché solo il 20% dei votanti si è espresso, percentuale ben sotto il quorum richiesto del 30%.
Le battute d’arresto del PSD si stanno moltiplicando. Il PNL di centro-destra (Partito Nazionale Liberale) ha riportato il 27% dei voti alle europee, mentre il PSD è arrivato secondo, con oltre cinque punti in meno. Suggerito a un tratto come prossimo presidente del Consiglio europeo, Iohannis ha preferito ricandidarsi alla presidenza. Affronterà l’attuale premier Viorica Dăncilă, proposta dal partito socialdemocratico lo scorso 23 luglio.
Benché i sondaggi lo collochino in testa con oltre il 42% dei voti, Klaus Iohannis non può certo permettersi di riposarsi nella battaglia che sta conducendo sin dalla sua elezione nel 2014. Il presidente è assurto ormai a guardiano della democrazia contro un partito i cui schemi antidemocratici non rappresentano più solo uno spauracchio.
Appuntamento dunque il 10 novembre per il primo turno delle presidenziali. In ognuna di queste tornate elettorali, sarà l’Europa il cuore del dibattito e l’UE ne attenderà i risultati con il fiato sospeso.
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