Il civico 10 Downing Street, dopo aver accolto in questi ultimi 14 anni né più né meno che cinque primi ministri Conservatori, si prepara ad ospitare un nuovo inquilino: il barrister di centro-sinistra Keir Starmer.
A Londra e in tutt’Europa, sulla scia della vittoria dei Laburisti alle elezioni anticipate, le borse in rialzo consacrano il successo del partito di stampo socialdemocratico. A fronte dell’inostacolato degrado economico degli ultimi anni, il cambio di Governo, nel Paese anglo-sassone, simboleggia per molti l’inizio di un’era contrassegnata da una maggiore stabilità.
Forte di un programma elettorale incentrato sull’austerità, il nuovo esecutivo, sull’immagine del suo leader, emana una sensazione di sicurezza e di serietà. E composto da numerosi Ministri presenti già nelle amministrazioni Blair e Brown, il neoformato Gabinetto di Governo si contraddistingue per l’esperienza e soprattutto per la moderatezza, distanziandosi dalla linea sindacalista proposta dal partito poco prima dall’arrivo di Starmer ai vertici del gruppo.
Legittimità delle elezioni: una questione aperta
Al contrario delle elezioni generali del 2015 e del 2019, questa volta lo scrutinio ha giocato a favore dei Laburisti. Con poco più del 30% dei voti, il partito ha accumulato il 64% dei seggi, assicurandosi il controllo della Camera bassa del Parlamento.
A pagarne il prezzo sono stati i Conservatori, con il 24% dei voti e il 19% dei seggi, ma in particolar modo i Nazionalisti di Reform UK, con l’1% solamente dei seggi nonostante abbiano accumulato il 15% dei voti. Essendosi verificata circoscrizione per circoscrizione e non tra l’una e l’altra, la spaccatura tra i due partiti dell’elettorato di destra ha grandemente contribuito alla fortuna del centro-sinistra, che nei vari distretti ha potuto contare sulla debolezza di un’opposizione spezzata in due – o forse in tre, se si considera che in confronto alle scorse elezioni, più del 40% dei vecchi voti Conservatori sarebbero in realtà stati spartiti tra Reform e i Liberal-democratici.
Al di là degli effetti del sistema maggioritario, il modesto afflusso elettorale, agli occhi di molti osservatori, rimetterebbe in causa la legittimità di queste elezioni. A recarsi alle urne sono stati quest’anno, in effetti, il 60% circa della popolazione: solo nel 1918 e nel 2001 si erano verificati numeri più bassi. La scarsa partecipazione potrebbe essere spiegata dalla popolarità piuttosto scarsa di cui godono i due leader dei principali partiti, Keir Starmer e Rishi Sunak, che in confronto a Boris Johnson o Jeremy Corbyn, candidati nel 2019, si distinguerebbero poco per personalità e carisma.
Un esecutivo che non fa impazzire
Ad accendere il paesaggio mediatico anglosassone, negli ultimi giorni, è stata in particolar modo la formazione del Governo. Oltre alla neonominata Vicepremier, Angela Rayner, presente già all’interno dello shadow Cabinet di Jeremy Corbyn, pochi sono i Ministri di affinità sindacalista: a sinistra dello spettro politico britannico, infatti, una pioggia di critiche si è riversata sulla nomina del nuovo esecutivo.
Oltre ai numerosi veterani dell’era Blair, quali il nuovo Ministro degli esteri David Lammy, il Segretario alla difesa John Healey o ancora il Segretario per l’Irlanda del Nord Hillary Benn, numerosi altri membri sono stati polemizzati. Al centro delle controversie si trovano più di ogni altro la Ministra del lavoro Liz Kendall, nota per aver sostenuto i tagli allo stato sociale degli scorsi governi Conservatori, così come il Segretario di Stato per la salute Wes Streeting, che dopo aver espresso l’idea di un finanziamento privato della sanità pubblica è stato duramente contestato.
Tutto sommato, e nonostante abbia stravinto le elezioni anticipate, il Labor party ha molta strada da fare prima di poter rivendicare l’amicizia e la fiducia del popolo britannico. Con le dovute riserve, si possono però presagire, dopo il 4 luglio, alcuni cambiamenti: l’inizio di un periodo di maggior stabilità finanziaria, il conseguente calo della disoccupazione e dei prezzi, e infine la ripresa di relazioni commerciali più approfondite con gli stati europei, su cui punta il neo-selezionato Ministro del commercio John Reynolds. In quanto ai rapporti con Washington, invece, in caso di rielezione di Donald Trump come Presidente, ci si dovrebbe aspettare a tempi difficili: i rapporti tra il miliardario repubblicano e David Lammy, il sopracitato Ministro degli esteri britannico per i prossimi cinque anni, non si può dire siano dei migliori.
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