Nella cornice dell’emiciclo del Parlamento europeo di Bruxelles, popolato da numerosi first time voters, si è svolto ieri il dibattito in eurovisione tra Spitzenkandidaten, ossia i candidati dei gruppi parlamentari europei per il ruolo di Presidente nella prossima Commissione europea.
Chiariamo subito un aspetto: non è affatto certo che uno di questi candidati andrà a ricoprire il ruolo di Presidente della Commissione. Innanzitutto perché gli Stati membri giocano un ruolo cruciale nell’indicare le loro preferenze per tale posizione, poi per l’esigenza del Presidente di ottenere il sostegno dalla maggioranza del Parlamento europeo, che quasi sicuramente non sarà composto da un unico Eurogruppo. A oggi, solo in un’occasione lo Spitzenkandidat del gruppo vincitore è poi effettivamente diventato Presidente della Commissione: Jean-Claude Juncker, nel 2014, con il Partito Popolare Europeo. Alla scorsa tornata elettorale, il candidato dei popolari - risultati nuovamente vincitori - era Manfred Weber, ma, come sappiamo, a diventare Presidente fu Ursula von der Leyen.
Il dibattito tra Spitzenkandidaten è però una costante. Anzi, malgrado non abbia un così grande appeal al di fuori della bolla europeista, è talmente iconico da prevedere due sessioni. Quella di ieri, infatti, ha seguito il Maastricht Debate di aprile, co-organizzato da Politico e Studio Europa. Allora a confrontarsi sono stati Ursula von der Leyen (Partito Popolare Europeo, PPE), Nicolas Schmit (Socialisti e Democratici, S&D), Marie-Agnes Strack-Zimmermann (Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa, ALDE, appartenente al gruppo Renew Europe), Bas Eickhout (Verdi Europei, Greens), Walter Baier (Partito della Sinistra Europea, The Left), Maylis Roßberg (Alleanza Libera Europea, EFA) e Valeriu Ghilețchi (Movimento Politico Cristiano Europeo, ECM). Con loro, c’era anche Anders Vistisen (Identità e Democrazia, ID), pur non essendo un effettivo Spitzenkandidat ma il portavoce dell’Eurogruppo. Identità e Democrazia, come i Conservatori e Riformisti Europei (ECR), non ha infatti nominato un proprio candidato.
Senza poter contare sul sostegno dei conservatori, Vistisen è stato facile bersaglio dei candidati dei gruppi europeisti, che l’hanno attaccato per l’influenza russa e cinese che subiscono alcuni partiti di ID, per le fake news condivise dagli stessi e per la poca - se non nulla - propositività del gruppo al Parlamento europeo. Ciò ha reso il dibattito abbastanza scarso di contenuti, sebbene si sia comunque parlato di Green Deal, di politica estera, di migrazioni e di tecnologia. Tra i pochi punti salienti, le tensioni sull’Ucraina, emerse quando Baier ha esortato una non meglio precisata soluzione pacifica, chiedendo anche se “dovremmo continuare questa guerra fino a quando l’ultimo soldato ucraino sarà morto”, per poi virare bruscamente su Gaza e sul conflitto in Medio Oriente. Ha fatto discutere anche la posizione del PPE sulla prossima alleanza; alla domanda di Eickhout - che ha molto ben figurato - su con chi si alleeranno i popolari nella prossima legislatura, se con i gruppi della maggioranza attuale o con quelli di destra, Von der Leyen ha risposto come tutto dipenderà dalla composizione del Parlamento, scatendando un memabile “what?!” di risposta da parte del candidato dei verdi.
Al dibattito di Bruxelles, ID e ECR, proprio perché sprovvisti di uno Spitzenkandidat, non erano rappresentati, e la cosa non gli ha fatto piacere. Ma tant’è. A sfidarsi sono stati nuovamente Ursula Von der Leyen (PPE) e Nicolas Schmit (PSE) e Walter Baier (The Left), stavolta con Sandro Gozi (Partito Democratico Europeo, PDE, appartenente al gruppo Renew Europe) e Terry Reintke (Greens).
Ognuno di loro ha avuto un momento alle luci della ribalta. Non nel senso che siano tutti risultati convincenti, anzi, ma perché il format del dibattito ha previsto degli “spotlight”, dei momenti in cui i candidati hanno potuto presentarsi agli elettori, spingendoli a scegliere per i partiti del gruppo di cui sono rappresentanti. Dei piccoli comizi a cui seguivano domande dirette dei moderatori.
Schmit ha fatto leva sulla volontà del PSE di migliorare le condizioni di vita dei cittadini, dai lavoratori agli studenti, dalle donne alle minoranze. Quando gli è stato chiesto se la decrescita nei sondaggi del suo gruppo significhi aver perso contatto con i cittadini ha risposto che in questo quinquennio i socialisti hanno fatto, ora spetta ai Governi nazionali implementare quanto realizzato tra Strasburgo e Bruxelles nei rispettivi Paesi, e su una futura alleanza con il PPE si è detto pronto a farla fintanto che questo non collabori con forze antidemocratiche quali ID e ECR, con esplicito riferimento alle forze svedesi di destra, produttrici di fake news, e a quelle italiane, che assaltano i media e mettono in pericolo i diritti delle donne.
Lavorare come avrebbero fatto padri e madri fondatori europei è stato invece il mantra di Gozi, che ha ripercorso i successi di Renew Europe, tra cui l’aver dato input al Next Generation EU con Emmanuel Macron e aver proposto una revisione dei Trattati con Guy Verhofstadt. Successi che comunque non lo rendono pienamente soddisfatto, ecco il perché della sua candidatura. Anche per lui c’è stata una provocazione, relativa alla possibilità che in Olanda i liberali creino un Governo con i partiti di estrema destra. Gozi ha risposto che un Governo ancora non c’è e che, fosse per lui, non dovrebbe esserci, parlando di questa opzione come di un “major mistake”.
Reintke ha detto di aver iniziato a fare politica per scongiurare che un avvento delle forze antidemocratiche non accadesse di nuovo, che in politica ci vuole coraggio, anche di rischiare se a fin di bene, ed è ciò che fanno i verdi. Venendo da una famiglia di agricoltori, non ha sottovalutato le preoccupazioni degli agricoltori. Se si vuole rendere il Green Deal un successo - ha detto - non si devono imporre scelte dall’alto agli agricoltori come a tutti gli altri cittadini, ma aiutarli nella transizione verde, ad esempio investendo nella tecnologia. Per lei le domande hanno riguardato ciò che c’è nel programma dei verdi oltre al clima e all’ambiente e il come mai siano così indietro nei sondaggi. Sulla prima questione, ha parlato di pragmatismo, ma tenendo sempre in mente l’ambiente, sulla seconda, per Reintke quello che conta sono le elezioni, i verdi hanno un programma molto solido e che agisce subito, non c’è tempo da perdere e non lo vorranno perdere una volta a Strasburgo.
Per Von der Leyen, il curriculum parla da sé, non c’è stato bisogno di presentazioni, solo di sottolineare nuovamente quanto compiuto in questo mandato da Presidente. A una cosa però doveva rispondere: con chi si alleerà? Come a Maastricht, Von der Leyen si è mostrata attendista, ma all’aperta menzione a Giorgia Meloni ha ammesso come le abbia proposto di lavorare insieme, sebbene abbiano approcci diversi su tante questioni, come i diritti LGBT. Per un’alleanza, a Von der Leyen sono sufficienti tre aspetti: che si sia europeisti, che si sostenga l’Ucraina e che si rispetti lo Stato di diritto. A suo dire, il profilo di Meloni rispecchia questi punti chiave, cosa che non fanno partiti come Rassemblement National e Alternative für Deutschland.
Ultimo spotlight è spettato a Baier, che si è limitato a dire come conosca a fondo l’iniquità sociale e come la sua missione sia cambiare il sistema che la causa: il capitalismo neoliberale, che favorisce il profitto alle persone. Baier ha voluto rimarcare la differenza tra lui e gli altri candidati, ossia il fatto che questi ultimi - essendo maggioranza nell’ultima legislatura - abbiano avuto la possibilità di fare ma non hanno fatto, solo parlato. Lui questa possibilità ancora non l’ha avuta.
Anche i temi sono stati affrontati in momenti ben distinti, in modo tale da concentrare l’attenzione dei candidati e di raccogliere le domande dal pubblico presente a Bruxelles e da quello dislocato nei vari uffici del Parlamento europeo in Europa.
Il primo a essere trattato è stato economia e lavoro. Si è chiesto ai candidati come si dovrebbe procedere di fronte agli sconvolgimenti geopolitici e alle crisi che hanno segnato gli ultimi anni. Secondo Schmit, la chiave di volta sta nella mobilitazione sulla riduzione della povertà, non solo con i sussidi ma dando le giuste opportunità a tutti i cittadini. Reintke, invece, ha messo l’accento sul rompere le contraddizioni tra clima ed economia, investendo sulla green economy. Secondo la Spitzenkandidat dei verdi, tornare all’austerità sarebbe l’errore più grave che si possa commettere oggi. Ultimo a intervenire sulla domanda Baier, che ha chiesto concretezza sulla povertà, asserendo che l’Unione europea dovrebbe obbligare gli Stati membri ad agire, ad esempio ponendo dei limiti al caro affitti.
Il dibattito si è quindi spostato su difesa e sicurezza. Se l’Unione europea debba rafforzare la cooperazione in materia di difesa, basandosi su risorse comuni e su un mercato più integrato, Gozi ha risposto di sì, ricordando la tragicità della guerra in Ucraina e le ambizioni imperialiste di Putin e proponendo un rafforzamento della difesa europea che vada di pari passo con quello di cultura e istruzione. Reintke, da parte sua, mette ricerca e sviluppo davanti a tutto, in modo da poter spendere in modo efficiente i soldi dei contribuenti. Allo stesso tempo, la verde ha lanciato un appello: bisogna mettere fine all’unanimità in Consiglio sulla politica estera e di difesa. Come fatto a Maastricht, Baier ha preso la palla al balzo e ha ripetuto che bisogna cercare la pace e che non si possa parlare di Ucraina e non di Gaza, sentendosi rispondere da Schmit che non proseguire il supporto all’Ucraina significherebbe accompagnare la Russia ai confini europei, e da Von der Leyen che c’è certamente bisogno di guardare al Medio Oriente, di proteggere i civili di Gaza, di ribadire la supremità del diritto internazionale umanitario ma anche di favorire la soluzione dei “due popoli, due Stati”.
È dunque stata la volta del clima e della domanda: come può la UE contrastare la crisi climatica senza danneggiare lavoratori? Von der Leyen ha riassunto in poche parole i risultati raggiunti dal Green Deal, per poi aggiungere che è necessario un dialogo strutturato tra le varie categorie che permetta di raggiungere comunque la neutralità climatica. Inserire le nuove tecnologie nella battaglia per il clima è una missione per il suo secondo mandato. Schmit, invece, ha posto l’accento su un nuovo tipo di crescita sostenibile; secondo lo Spitzenkandidat di S&D, servono investimenti per decarbonizzare, per ridurre, per riciclare e un piano per non lasciare indietro nessuno Stato e nessun cittadino europeo.
Si è poi affrontato il tema democracy and leadership, divenuto di primaria importanza dopo il recente attentato al Primo Ministro slovacco Robert Fico. Come può l’Unione europea contrastare i nazionalismi senza compromettere i propri valori democratici? Secondo Baier, la chiave è la coesione sociale, le forze politiche liberali dovrebbero condizionare i nazionalismi, non piegarsi a loro come potrebbe accadere in Olanda. Quest’ultimo accenno è stato ripreso da Reintke che ha invitato Gozi a non scappare alla domanda e a prendersi la responsabilità del suo gruppo su ciò che sta succedendo. Gozi ha dapprima risposto sul tema della democrazia, parlando della necessità di una riforma dei Trattati per poter essere più efficienti nella protezione dello Stato di diritto. Sulla questione Olanda, ha poi annunciato un dibattito all’interno di Renew Europe per capire come muoversi una volta concluse le elezioni europee.
In chiusura di dibattito, c’è stato spazio per il tema migrazioni e per il digitale. Sul primo, è intervenuta Reintke, che ha asserito come la situazione demografica sia fuori controllo: l’Unione europea ha bisogno delle migrazioni, e per questo è necessario implementare politiche umanitarie, con interventi già Mediterraneo. Gozi le ha fatto eco, l’Europa ha responsabilità per le stragi nel Mediterraneo e c’è bisogno di agire in modo unitario in ogni confine del continente. Per quanto riguarda il digitale, la domanda madre è stata: a livello legislativo, è necessario procedere con le regolamentazioni o ciò potrebbe diventare un ostacolo allo sviluppo e alle libertà? Per Schmit è ora di investire in settori strategici, come la tecnologia verde e il talento degli stessi europei, incoraggiando start-ups e innovazione. Von der Leyen è stata più cauta nella sua risposta, invitando a tenere conto dell’AI Act; per la Presidente in carica, ci sono dei rischi nello sviluppo della tecnologia - ad esempio, recenti studi dimostrano un impatto negativo di app come TikTok sulla lucidità mentale dei più giovani - serve prevenirli dandosi di regole. Baier ha seguito Von der Leyen, ponendo particolare attenzione sulla necessità di combattere i monopoli e di salvaguardare i dati dei cittadini.
Stavolta, possiamo dire che il dibattito tra gli Spitzenkandidaten ha offerto una panoramica vivida delle diverse visioni e strategie politiche che animano il Parlamento europeo. Dall’economia verde alla politica estera, dalla difesa alle migrazioni, i candidati hanno presentato le loro proposte, talvolta convergenti, talvolta nettamente divergenti. E se ancora su certi aspetti - su tutti, possibili alleanze e rapporti con i partiti interni ai gruppi - sono stati nebulosi, hanno dato una chiara impostazione dell’Europa che desiderano costruire. Un ulteriore aspetto che ogni cittadino dovrebbe tenere a mente prima di barrare un qualsiasi simbolo alle elezioni europee di inizio giugno.
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