Un percorso naturale
In questi giorni, in cui se ne è parlato, c’è stata un po’ una caccia alla constatazione dell’ovvio, ossia che le tre Repubbliche baltiche siano tra i Paesi più “in forma” dell’UE. Del resto, la Lituania è l’ultima a entrare nel “club”: nel 2011 l’Euro aveva sostituito la Corona Estone e nel 2014, un anno fa, il Lats lettone. Del resto, già dai primi anni 1990 - e quindi subito dopo l’indipendenza dall’URSS ottenuta nel 1990 (Lituania) e 1991 (Estonia e Lettonia) - le tre Repubbliche baltiche hanno iniziato a guardare verso nuovi partner commerciali, in Europa occidentale e, soprattutto, in Scandinavia. La fiducia verso il futuro e azzeccate politiche economiche e sociali hanno fatto in modo che, dal 2000 al 2007, questi Paesi avessero un incremento del PIL annuo addirittura in doppia cifra, in alcuni casi, e che è valso il soprannome di “Baltic Tiger”. Tant’è vero che la Lituania provò a entrare nell’Eurozona già nel 2006, ma l’elevata inflazione non rese possibile soddisfare i criteri di convergenza.
Dal 2008, però, la crisi ha iniziato a mordere anche a quelle latitudini e il dato sulla crescita del PIL rimase in doppia cifra sì, ma in negativo: -14,8% in Lituania nel 2009. Ma quello fu l’unico anno in negativo, grazie alle politiche di taglio della spesa pubblica e del deficit promosse dai governi di Andrius Kubilius (conservatore) prima e di Algirdas Butkevičius (socialdemocratico) poi.
Aggacciarsi all’Euro per agganciarsi all’Europa...
… O allontanarsi dalla Russia. Inutile negare che gli eventi del 2014 in Ucraina (e non solo, basti pensare alla storia di Eston Kohver), così come l’audace politica estera di Vladimir Putin, abbiano riacceso vecchie fiamme e rancori mai sopiti tra i Paesi baltici e l’imponente vicino. Ed è proprio per questo, forse, che la percentuale di lituani favorevoli all’ingresso dell’Eurozona è passata dal 41% del giugno del 2013 al 63% attuale.
Difficile pensare che la diffidenza iniziale (comune, nel periodo, anche in Lettonia), dovuta alla scarsa risposta degli Stati dell’Eurozona alla crisi, si sia esaurita a causa di un miglioramento della situazione economica laddove circola l’Euro, perché così non è. Quindi è giusto accogliere con favore la volontà crescente di adesione agli ideali europei, sintomo del fatto che l’UE è ancora, nonostante tutto, vista come la giusta risposta alle crescenti difficoltà sociali, politiche ed economiche dell’area euro-asiatica e mediterranea; ma non si deve dimenticare che la strada per dare delle risposte davvero efficaci alle crisi del mondo globalizzato è la strade che va dritta verso la trasformazione dell’Unione Europea in una vera e propria federazione. E chissà se proprio i Paesi baltici (la Lettonia gestirà il semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione Europea a partire dal primo gennaio 2015 - e difficilmente farà peggio di quanto fatto dall’Italia) non possano dare la svolta giusta al resto del continente.
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