Nel suo discorso del 31 dicembre 2024, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato parole che vanno oltre il semplice auspicio: «La pace che non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace del rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità». Queste parole ci ricordano che la pace non è solo la possibilità di vivere nell’assenza di guerra, bensì l’impegno civico attivo nella difesa della libertà e della giustizia, in modo da garantire attraverso la persistenza delle paci – oltre che militare, anche sociale, climatica, morale – una piena cittadinanza.
Di fronte a un mondo sempre più segnato da conflitti e violazioni dei diritti fondamentali, l’Unione europea non può limitarsi ad essere mera spettatrice passiva, umile comprimaria, deve farsi attrice protagonista della politica estera mondiale. Per farlo davvero, però, deve trasformare le proprie Istituzioni: solo assumendo un assetto federale potrà avere gli strumenti, l’unità e la forza necessarie per promuovere la pace nel mondo.
Un mondo sempre più interconnesso, dove le crisi – dai cambiamenti climatici alle migrazioni, dalle pandemie alle guerre – non conoscono confini: la riforma in senso federale dell’assetto istituzionale dell’attuale Unione europea non potrà che essere il primo tassello per il raggiungimento della Federazione Mondiale. La Federazione Europea può e deve essere il primo tassello concreto di questo progetto più ambizioso, un esempio di come popoli diversi possano convivere, cooperare e condividere un destino comune sotto istituzioni libere, democratiche e solidali.
Se l’Europa saprà abiurare il proprio passato di guerre fratricide e scontri tra nazionalismi, che hanno conformato il pensiero e le mentalità al punto da diventare, come fa notare lo studioso Ulrich Beck, nazionalismo metodologico, potrà poi ispirare altri continenti a seguire la stessa strada, ponendo le basi per un ordine mondiale più umano, più giusto e finalmente davvero pacifico. Kant, infatti, ne La pace perpetua (1795) opera una importate e rivoluzionaria distinzione tra pace e tregua: se quella che noi chiamiamo pace è in realtà solo momentanea assenza di conflitti armati, cioè tregua, la pace è, invece, lo stato di assoluta impossibilità di imporre la guerra, la situazione cioè in cui sia materialmente impossibile, perché non vi sono eserciti nazionali schierati ai confini tra gli Stati, perché non vi è un governo nazionalista e bellicista che può dichiarare guerra ad altri Stati altrettanto bellicisti e nazionalisti, perché vi sono strumenti giuridici che riescono a risolvere tramite il diritto quello che verrebbe altrimenti risolto, con risultati fallimentari, tramite le armi eccetera.
L’Unione europea è nata, appunto, per garantire la pace tra nazioni che per secoli si erano combattute e da allora è riuscita egregiamente in questo scopo, al punto da guardarsi nel 2012 il Nobel per la pace “per aver contribuito alla pace, alla riconciliazione, alla democrazia e ai diritti umani in Europa”. Tale progetto ha avuto successo all’interno del continente, ma oggi non è più sufficiente.
Nell’odierno contesto globale, in cui la guerra è tornata ai confini d’Europa, come dimostrano i conflitti in Ucraina, in Medio Oriente e in Africa, non è più sufficiente un’unione di Stati sovrani che collaborano. Serve una unità politica più profonda, una vera Federazione, capace di parlare con una sola voce in politica estera e in politica di difesa, che devono però essere finanziate da una politica fiscale federale, e parlare invece in tante, tantissime, voci quando risultasse più opportuno per rappresentare gli interessi italiani. È necessario vi sia una federazione vicina ai cittadini e attore globale di politica estera improntato al multilateralismo: per fare questo, però, promuovere la pace nel senso indicato da Mattarella – una pace fondata sui diritti, non sulla resa – richiede tre elementi: coerenza, forza e visione, anche se l’Unione, nella sua odierna struttura intergovernativa, fatica ad averli tutti insieme.
In primis, la coerenza: una federazione avrebbe una politica estera unitaria, coerente con i valori fondanti dell’Unione. Oggi, invece, ogni Stato ha una propria agenda, e questo porta a compromessi o silenzi imbarazzanti. Vi è poi il necessario elemento della forza contrattuale e di deterrenza militare: una federazione avrebbe un esercito europeo integrato, legittimato democraticamente, capace di intervenire – con prudenza e nel rispetto del diritto internazionale – per proteggere i diritti umani e prevenire genocidi, aggressioni, repressioni. Infine, vi è la necessaria visione: una federazione può costruire una politica comune di aiuto allo sviluppo, di accoglienza umanitaria, di difesa ambientale, in grado di affrontare le cause profonde dei conflitti globali.
Sono necessarie istituzioni federali stabili e forti, che si facciano attori di pacificazione mondiale: un Governo europeo eletto direttamente dai cittadini, un esercito europeo sotto controllo democratico, una politica estera unificata. In questo modo, l’Europa potrebbe essere un attore globale credibile e rispettato, capace di mediare, negoziare, ma anche agire con decisione quando necessario.
Trasformare l’Unione europea in una Federazione non è semplice, richiede coraggio politico, visione storica e la volontà di superare egoismi nazionali, ma è una scelta necessaria. Solo così l’Europa potrà essere all’altezza delle parole del Presidente Mattarella, diventando portatrice di una pace autentica, giusta e solidale, in Europa e nel mondo.
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