Il tratto più visibile e di maggiore discontinuità del nuovo esecutivo è la svolta europeista, sancita dalla scelta di Gualtieri all’economia, di Amendola alle Politiche europee e l’indicazione di Gentiloni come commissario europeo. Ciò è coerente con il fatto che la vera posta in gioco della crisi era la collocazione internazionale dell’Italia.
I media hanno fornito dettagliati ritratti di Gualtieri, tralasciando però la sua adesione al Gruppo Spinelli, che riunisce i parlamentari europei e le personalità politiche e culturali più europeiste. È dunque lecito attendersi da lui anche un rilancio sul tema dalla riforma dell’eurozona, andando a riprendere le proposte elaborate dai governi Renzi e Gentiloni con Padoan e Gozi - e sfruttando la competenza di Marco Piantini, consigliere per gli affari europei prima del Presidente Napolitano, poi di Renzi e Gentiloni, uno dei migliori esperti italiani sui temi europei. Un terreno su cui è chiara la convergenza con Francia, Spagna e Portogallo e che può permettere subito una ripresa dell’iniziativa italiana in Europa, a sostegno dell’azione di Gentiloni (responsabile anche di questi dossier), in un momento in cui per la Germania sarà più difficile dire no a proposte sostenute da una Presidente della Commissione tedesca.
Lamorgese dovrebbe annunciare che l’Italia è pronta a votare la riforma di Dublino già approvata dal Parlamento Europeo e chiedere alla Commissione di farlo proprio, così che il Consiglio possa deliberare a maggioranza qualificata. Finora in Consiglio si erano opposti i Paesi di Visegrad, insieme all’Austria e all’Italia giallo-nera. Senza l’Italia non arriverebbero al 35% della popolazione e quindi non costituirebbero una minoranza di blocco. Per il governo la riforma di Dublino sarebbe un successo clamoroso, utile anche contro la retorica salviniana.
Un altro passo importante potrebbe venire dalla Difesa, dove Guerini dovrebbe rassicurare sulla partecipazione italiana ai vari progetti della Cooperazione Strutturata Permanente sulla Difesa e attivarsi per dar loro la massima spinta. Una partita cruciale sia sul piano economico – per l’industria italiana – che su quello politico, nel quadro del percorso verso un’integrazione politica che porti a una politica estera e di difesa europea. Perché in un mondo sempre più turbolento e con tensioni e minacce tutto intorno all’Europa le politiche estere e di difesa nazionali sono ormai del tutto inadeguate.
In vista dell’introduzione dell’educazione civica obbligatoria - seppur slittata di un anno - è essenziale assicurare che vi sia anche la dimensione europea, ovvero che sia intesa come un’educazione alla cittadinanza attiva multi-livello. A tal fine, il MIUR (Fioramonti) e il Dipartimento Politiche europee (Amendola) potrebbero rilanciare l’Accordo di programma con la Commissione e il Parlamento europeo (che scadrà nel 2020) per realizzare sulla base del Progetto pilota già realizzato, un piano di formazione dei docenti, senza i quali la dimensione europea rimarrebbe lettera morta. Inoltre potrebbero inserire l’obbligo in tutti i corsi di formazione finanziati da fondi europei di almeno un mini-modulo formativo sull’UE (può anche essere on-line e centralizzato, per non incidere in termini di costi) per raggiungere una platea di persone fuori dai circuiti della formazione formale, e aiutarle a comprendere l’UE, visto che l’Eurobarometro mostra che in Italia vi è una scarsa conoscenza dell’Unione.
Un importante segnale politico potrebbe venire da Palazzo Chigi, riattivando il gruppo di lavoro creato ai tempi del governo Gentiloni per arrivare ad un Trattato del Quirinale tra Italia e Francia, che sancisca il rinnovato accordo nella spinta alla riforma dell’Unione, e funga da elemento equilibratore rispetto al Trattato di amicizia franco-tedesco. Ottenendo così una forte alleanza con la Francia per spingere sulla riforma dell’UE.
Il tempo stringe. La finestra di opportunità per una grande riforma dell’Unione è adesso, con una Presidente della Commissione tedesca, una Presidente della BCE francese, un Presidente del Parlamento italiano, governi europeisti in Germania, Francia e Italia assediati da un’opposizione nazionalista e anti-europea. E le prossime elezioni politiche in questi Paesi distanti ancora un paio d’anni. Serve un colpo d’ala del governo italiano per recuperare la credibilità europea bruciata dal precedente governo e giocare un ruolo decisivo nella conferenza sul futuro dell’Europa. Che dovrebbe tenersi e chiudersi nel 2020, per avviare un processo di riforma dei Trattati da concludersi nel 2021 e ratificare nel 2022, come ha proposto una recente presa di posizione del Movimento Federalista Europeo: perché è questa la partita decisiva per governi e forze politiche europee per rilanciare l’Unione, metterla in condizioni di rispondere alle esigenze dei cittadini e sconfiggere il nazionalismo.
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