#democracyUnderPressure compie 15 anni quest’anno. La campagna nasce nel 2006 come “Free Belarus Action” per condannare il regime di Lukašėnko, già da tempo definito “l’ultima dittatura d’Europa”, e diventa nel 2014 “Democracy Under Pressure”, uno strumento politico permanente di monitoraggio e denuncia delle violazioni in tanti altri paesi d’Europa e nel mondo. E proprio durante il quindicesimo anniversario ci ritroviamo a condannare – tra le tante storture di questo tempo – quello stesso regime, da cui tutto è iniziato. La storia, a volte, si muove lentamente.
L’action week di Democracy Under Pressure si terrà dal 18 al 25 marzo, ma intanto la JEF ha cercato di costruire un quadro più ampio di azione, per poter iniziare a mobilitarsi in risposta ai più recenti eventi politici. Mentre cercavo il modo giusto per descrivere la campagna, ho pensato istintivamente ad un’espressione che viene utilizzata nel teatro, nel cinema e non solo: “rompere la quarta parete”. La parete che come giovani federalisti vogliamo rompere, però, non è quella tra spettatore e attore, ma è quella che ci separa da chi ogni giorno subisce ingiustizie. Una parete che ci fa sentire impotenti, distanti e soli, e che, all’apparenza sembra incorruttibile. Combattendo l’illusione di quella distanza e di quell’isolamento, potremmo porre le basi per ribaltare le tante profezie auto-avveranti del nostro tempo e scrivere un futuro diverso.
Le violazioni compiute negli altri paesi ci riguardano direttamente, perché un mondo senza diritti è un mondo in contraddizione in cui non vogliamo vivere. “Unire l’Europa per unire il mondo” è il messaggio che forse sintetizza con maggiore efficacia la battaglia federalista. Democracy Under Pressure è questo, la speranza di poter “parlare per chi è messo a tacere” – come afferma l’ormai storico slogan - e continuare a lottare, anno dopo anno, per la democrazia e lo stato di diritto in Europa e nel mondo.
Cosa possiamo fare per sostenere l’opposizione bielorussa?
La JEF Europe ha accolto l’invito della leader dell’opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya a mobilitarsi per il 7 febbraio, giorno di solidarietà internazionale per la Bielorussia. L’invito è quello di scrivere quante più lettere possibile ai prigionieri politici bielorussi. Speriamo che tanti e tante decideranno di spendere qualche minuto del proprio tempo per scrivere le proprie lettere, prendendo spunto dai modelli condivisi nell’Infokit per le sezioni, in cui potrete trovare anche la lista dei detenuti. Potremo, con questo gesto apparentemente piccolo, entrare nella vita di persone che in questo momento scontano la loro pena immeritata. Immaginate il rumore di centinaia di lettere che arriveranno alle porte delle prigioni bielorusse. Immaginate la speranza di chi saprà che c’è un’intera comunità internazionale con gli occhi puntati sul futuro della democrazia in Bielorussia e nel mondo. Poche parole, semplici. Eppure, parole importanti, che a migliaia, possono oggi fare la differenza per chi ha avuto il coraggio di opporsi.
Cosa possiamo fare per supportare i diritti di coloro che stanno animando le proteste in Russia?
In questo caso la JEF è stata invitata a mobilitarsi dall’associazione giovanile russa Vesna, impegnata per l’affermazione della libertà e della democrazia nel paese, per chiedere alle nostre università di condannare le istituzioni universitarie russe che stanno minacciando di espellere (o lo hanno già fatto) gli studenti e le studentesse che hanno partecipato alle proteste per la liberazione di Aleksej Naval’nyj.
Le istituzioni universitarie russe fanno parte dello Spazio europeo dell’istruzione superiore, istituito come risultato del processo di Bologna. La Magna Charta Universitatum, generata da quel processo e oggi sottoscritta da 904 università, sottolinea il ruolo dell’Università come «istituzione autonoma nel cuore delle società”, “moralmente e intellettualmente indipendente da ogni autorità politica e potere economico». Un luogo che possa «assicurare che le libertà dei suoi studenti siano salvaguardate». Purtroppo, la realtà delle cose è molto lontana dal piano ideale di questi riferimenti. Speriamo che le sezioni dei giovani federalisti in tutta Europa, anche in contatto con altre associazioni universitarie, possano chiedere a quante più università possibile di prendere posizione.
Rompiamo, insieme, la quarta parete.
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