Il 9 maggio di 70 anni fa ha segnato l’avvio di un processo rivoluzionario, destinato ad incidere profondamente nella storia dell’umanità. Con la sua Dichiarazione, Robert Schuman annunciava all’Europa e al mondo la nascita di una Comunità radicalmente nuova nei principi che la ispiravano e la guidavano. Era l’avvio del primo processo democratico di unificazione di Stati sovrani; Stati che si erano combattuti ferocemente fino a pochi anni prima, e che sceglievano di unirsi non perché costretti da una minaccia esterna, ma perché consapevoli di dover costruire una comunità di destino, rendendo “non solo impensabile, ma materialmente impossibile” la guerra sul continente europeo. Si trattava del “primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace”.
Settanta anni dopo l’Europa celebra questo anniversario minacciata da un pericolo diverso, ma la cui drammaticità non mette meno a rischio la sua coesione e il suo futuro. Anche se l’Europa non è in guerra, le conseguenze della pandemia che sta provocando tanti lutti e situazioni dolorose saranno egualmente devastanti per l’insieme della società europea, soprattutto sul sistema produttivo, fra le lavoratrici e i lavoratori, e sulle categorie più deboli nelle nostre comunità.
Oggi, settanta anni di progressiva integrazione hanno reso tuttavia i cittadini europei molto più consapevoli della necessità di dover fronteggiare uniti la sfida della crisi pandemica. Per questo guardano con rinnovata attenzione alle istituzioni sovranazionali costruite nel corso dei decenni.
Spetta dunque innanzitutto a loro, al Parlamento europeo e alla Commissione europea, avere l’ambizione e il coraggio di elaborare e di proporre un nuovo grande “Progetto per l’Europa“, condividendo una roadmap che permetta di usare la pandemia come una opportunità per una nuova fase dell’integrazione europea, centrata sui valori comuni a tutti gli Europei nel quadro di una più ampia condivisione della sovranità a livello europeo.
Le trasformazioni necessarie riguardano la capacità dell’Europa di competere nel mondo globalizzato e di perseguire al tempo stesso con coerenza un nuovo modello di economia verde che sappia coniugare l’uguaglianza delle opportunità, la lotta alle diseguaglianze e alla povertà, la politica di inclusione e promuovere un nuovo eco-sistema fondato sull’obiettivo della piena occupazione e sul contrasto alla precarietà. Tutto questo passa attraverso una rinnovata strategia industriale, che comprenda le PMI e il sistema cooperativo, lo sviluppo della ricerca e di un adeguato sistema di formazione scolastica e permanente, il rafforzamento del Mercato unico. Inoltre richiede una diversa pianificazione dello spazio e del ruolo delle città, l’organizzazione della mobilità, la redistribuzione del tempo, il ricambio generazionale e la parità di genere, le forme della partecipazione civile, la democrazia economica, lo sviluppo della comunicazione e del pluralismo dell’informazione.
Sono tutte trasformazioni che non possono prescindere dal quadro geo-politico internazionale in un mondo globalizzato dove l’Unione europea deve essere protagonista di un’azione a sostegno della pace e del multilateralismo, promuovendo la riforma delle Nazioni Unite e rafforzando le relazioni speciali con il Mediterraneo e con il continente africano.
Per fare tutto questo è necessario e urgente far uscire l’Unione europea dai riti paralizzanti dei meccanismi intergovernativi, che hanno indebolito la sua unità e lasciato crescere egoismi e incomprensioni. Oggi, come nel 1950, è giunto il momento di far emergere l’interesse comune europeo invertendo la logica che vincola l’Unione europea ad una negoziazione condotta da ogni Stato con l’obiettivo di trarne dei vantaggi per sé.
Per questa ragione ci appelliamo innanzitutto al Parlamento europeo perché colga l’occasione del 70° anniversario della Dichiarazione Schuman per rivendicare – a nome delle cittadine e dei cittadini che lo hanno eletto – quel potere costituente che possa aprire la strada ad una costituzione federale per l’Europa.
E’ arrivato il momento di aprire il dibattito e di fare proposte concrete per vedere chi fra gli Stati e i popoli europei sia disposto a dar vita ad un “patto rifondativo” come risposta alla interdipendenza nella dimensione planetaria tragicamente evidenziata dalla pandemia.
E’ tempo di una nuova rinascita per l’Europa. E’ tempo di riprendere il cammino verso l’obiettivo delineato da Schuman di una Federazione europea.
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