Dieci cose da non dire quando si parla di Medio Oriente

, di Amanda Ribichini

Dieci cose da non dire quando si parla di Medio Oriente
Central Intelligence Agency, Public domain, via Wikimedia Commons

Per evitare di fare confusione quando si parla di un’area delicata come il Medio Oriente, Eurobull vi propone qui un decalogo di luoghi comuni su cui riflettere e fare attenzione.

Tra le vicende in Iran, il Qatargate e le elezioni in Israele, tanto si è parlato in questo periodo del Medio Oriente. Tuttavia, la complessità del territorio e la secondaria importanza che spesso gli diamo ci porta frequentemente a cadere in luoghi comuni, frasi scorrette o imprecise mentre parliamo di questi luoghi. Oggi vi propongo dieci frasi che spesso si sentono dire sul Medio Oriente, ma che nascondono errori, visioni superficiali e pregiudizi.

Prima di partire però, chiariamo un concetto: quando parliamo di Medio Oriente, cosa intendiamo esattamente?

Essendo il concetto molto ampio e di difficile interpretazione, segnalo qui tre definizioni di Medio Oriente da esperti dell’area, che potrebbero aiutarci a far chiarezza su questo elemento centrale.

Secondo una delle definizioni più usate. Il Medio Oriente va dalla Libia all’Iran, con dei territori periferici come l’Afghanistan, il Pakistan e il Maghreb, e un’altra centrale che include gli Stati arabi e Israele. Questa prima classificazione parte dai territori che prima facevano parte dell’Impero Ottomano, unendo loro quegli Stati vicini che avevano adottato regimi in opposizione con il nazionalismo occidentale. Questa valutazione si basa su una riflessione sulle logiche interne a ciascun Paese.

Un’altra definizione la diede Paul Noble, nel 1991. La sua classificazione, invece, tenta di raccogliere dei tratti comuni all’interno della classificazione “Medio Oriente”, e per questo esclude Iran, Turchia e Israele dal gruppo.

Tornò sull’argomento Gregory Gause, nel 2004: egli parla del Medio Oriente come quel gruppo di Stati che si sorreggono tramite un’interdipendenza asimmetrica.

È difficile dire se ci sia effettivamente una definizione più giusta dell’altra, ma un elemento è chiaro: se non ci si riesce a mettersi d’accordo nemmeno su una definizione univoca, la questione è sicuramente complessa.

  • 1. L’Iran è un Paese arabo

No, l’Iran è persiano, si tratta di un’altra identità culturale, un’altra lingua completamente diversa. Se l’arabo infatti fa parte del ceppo afro-asiatico, il persiano è una lingua indoeuropea.

  • 2. La dinastia scia è l’antica dinastia che governava l’Iran

Falso, è una dinastia del novecento ed è caucasica. La dinastia degli Scià ha preso il controllo dell’Iran nel 1921, con Reza Khan. Egli, capostipite della dinastia, era un ufficiale dell’esercito, di padre persiano e madre georgiana. Fu la Majilis (il Parlamento iraniano) che nel 1925 depose l’ultimo membro della dinastia Qajar, e nominò Reza Khan quale scià.

  • 3. I palestinesi sono musulmani

Non sbagliato, ma incorretto: palestinese è un’accezione territoriale, mentre musulmano è una caratterizzazione religiosa. I palestinesi sono gli arabi residenti nel territorio della Palestina, ma non sono per forza musulmani.

  • 4. La rivoluzione del 1979 in Iran era una rivoluzione islamica

Neh. Per capire la rivoluzione iraniana, dobbiamo richiamare alla memoria la storia di questa nazione. L’Iran era guidato dallo Scià Reza Pahlavi dal 1925, con il beneplacito delle potenze occidentali. Con la figura dello scià si era prospettata una democratizzazione del Paese: si era affermato un Parlamento nel 1906, a seguito della Rivoluzione Costituzionale Iraniana.

Pian piano, però, la politica dello scià si fa sempre più pressante e assume con tendenze autoritarie, mentre il controllo americano diviene asfissiante. In breve tempo il Paese viene messo di fronte a una dura crisi economica, che si tramuta in breve tempo in odio antiscià e antiamericano.

In una situazione del genere, manca solo il casus belli. Esso arriverà il 19 agosto 1978, giorno in cui viene incendiato un cinema ad Abadan. l’attentato, probabilmente di matrice religiosa, viene invece attribuito alla Savak, la polizia segreta dello scià. Scoppia la rivoluzione, che però non assume subito una connotazione religiosa, anzi; siamo in presenza di una vera e propria rivoluzione popolare, in cui tutte le classi sociali si ribellano contro il Governo centrale. Solo successivamente il clero sciita, ben ramificato e con una solida base in tutto il Paese, riuscirà a mettere un “cappello” religioso alla rivoluzione.

  • 5. Gli arabi non avevano contatti con gli occidentali

Falso, anzi, è proprio ispirandosi al modello occidentale che in Medio Oriente si inizia a riflettere sull’idea di nazione. Dal 19esimo secolo, infatti, risulta chiara agli occhi dei mediorientali il primato militare e tecnologico dell’occidente. Si iniziano quindi a dar vita a dei “viaggi di studio” in cui gli Stati mandavano gli Oulamà proprio in Europa. La prima missione è del 1826-1831, proveniente dall’Egitto e con a capo Al Tahtui. Questo studioso tenne, per tutta la sua visita a Parigi, un diario di viaggio, che poi diventerà un testo famosissimo tra il mondo arabo e non solo. In questo diario lo studioso egiziano esprime proprio l’idea della nazione come idea vincente nella costruzione del primato occidentale, e contribuì a uno sviluppo di questo concetto anche in Medio Oriente.

  • 6. In Iran governano i sacerdoti

Spesso si associa il Governo iraniano a un sistema a totale controllo religioso, ma ciò non è del tutto vero. Prima di calarci nel contesto iraniano, è necessaria una precisazione di metodo, e distinguere la teocrazia dalla ierocrazia.

Per teocrazia si intende una nazione in cui la sovranità è simbolicamente esercitata dalla divinità, e che prevede che al Governo ci siano elementi religiosi e/o civili, che si fanno interpreti della volontà celeste. La ierocrazia è invece un sistema politico basato sul potere della classe sacerdotale.

Sebbene spesso associamo l’Iran a un controllo diretto dei sacerdoti, esso è incorretto: l’Iran è una teocrazia, ma il suo ordinamento si compone sia di uomini religiosi (eletti per cooptazione), sia di membri civili, eletti dal popolo, come il Presidente e il Parlamento. Per trovare un esempio di ierocrazia, dobbiamo guardare molto più vicino a noi: Città del Vaticano, con il Papa che funge anche da monarca assoluto.

  • 7. La shari’a è la legge del Corano

La shari’a è un ordinamento giuridico incompleto che non trae fonte dal corano, ma dall’interpretazione del corano, e non è applicato alla stessa maniera a seconda dalla regione o dal sottogruppo islamico, motivo per cui la pratica del libero culto nelle carceri italiane è molto complicata perché ci sono interpretazioni diverse.

  • 8. Ebraismo e sionismo sono sinonimi

Nonostante i due termini siano spesso usati in maniera intercambiabile, in realtà celano due significati molto diversi fra loro. Se l’ebraismo raccoglie infatti tutto ciò che ha a che fare con la religione, la cultura e la tradizione della religione ebrea, il sionismo è invece un movimento politico-religioso fondato da Theodor Herzl alla fine del 1800 (di solito come data-simbolo si cita il Primo Congresso sionista di Basilea del 1897). Gli obiettivi del movimento sionista, nato in una Europa che già da tempo si stava dimostrando sempre più antisemita, sono principalmente due: l’autodeterminazione del popolo ebraico e il supporto per la nascita di uno Stato ebraico nella “terra promessa”, dove tutti gli ebrei sarebbero potuti ritornare.

  • 9. Non ci sono cristiani in Medio Oriente, o comunque non hanno giocato un ruolo importante

Non è vero. I cristiani sono stati sempre presenti in Medio Oriente, anche se in parte minoritaria. Troviamo per esempio i copti in Egitto, e i cristiani maroniti in Libano. Prendendo questi ultimi, poi, la loro rilevanza nella storia del Paese dei cedri è essenziale. Appartenenti alla classe sociale più ricca del Paese, i cristiani maroniti hanno infatti guidato il Libano per lungo tempo, e tentarono di accumulare sempre più potere nelle loro mani. Nel 1958 fu proprio il Presidente Camille Chamoun a invocare l’intervento americano sul suolo libanese, per poter essere riconfermato Presidente (operazione Blue Bat). Inoltre, tra il 1975 e il 1990, durante la guerra civile in Libano, si affrontarono proprio le due fazioni, di cui una denominata proprio falangista, a guida cristiano-maronita.

  • 10. L’Islam è uguale ovunque

La religione islamica è divisa in due principali filoni di pensiero, quello sciita e quello sunnita. La divisione ha le sue radici nel 632 d.C., anno della morte di Maometto, senza eredi. Tra i suoi discepoli scoppiò una guerra di successione tra chi sosteneva che la guida spettasse al discendente più vicino di Maometto, ossia suo cugino Alì, e chi voleva un califfo scelto dalla comunità.

Alla fine fu quest’ultima idea che riscosse più successo, e da essa prese il via la corrente dei sunniti. I sostenitori di Alì (gli sciiti) non accettarono mai questa visione, e ci fu la scissione. Ancora oggi il rapporto tra le due correnti è a tratti molto conflittuale, e spesso non condividono le interpretazioni della religione, nonostante siano d’accordo sulle basi (i 5 pilastri).

Oltre alla divisione sciiti-sunniti, abbiamo tutte le articolazioni interne, che poi hanno portato anche a diverse forme di potere. Un esempio su tutti: l’Arabia Saudita. Quando Ibn Saud ha preso il controllo del territorio corrispondente alla moderna Arabia Saudita, ha stabilito lì una monarchia wahabita, ossia con una visione più rigida e ortodossa della religione islamica (visione letteralista del Corano).

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