Francia, elezioni importanti che meritavano una campagna migliore

, di Cesare Ceccato

Francia, elezioni importanti che meritavano una campagna migliore
Pixabay License

La poltrona dell’Eliseo è in palio nelle elezioni che coinvolgeranno i cittadini francesi la prossima domenica. I candidati sono dodici. I loro nomi sono ben conosciuti, i loro programmi meno, tenuto conto che la campagna elettorale è stata sporcata dal populismo.

Questa domenica si svolgerà il primo turno delle elezioni presidenziali francesi. Sono dodici i candidati in lizza. Oltre al Presidente uscente, Emmanuel Macron, leader del partito La République En Marche, si ripresenta Marine Le Pen, che nel 2017 portò l’euroscettico Rassemblement National - allora ancora Front National - a un innegabile exploit, ma che oggi, a destra, deve affrontare la concorrenza del polemista Eric Zemmour, con il suo Reconquete. Torna eleggibile per l’Eliseo anche Jean-Luc Mélenchon, della compagine di sinistra La France Insoumise, e Jean Lassalle di Résistons, mentre nomi nuovi sono quelli di Yannick Jadot, candidato dei Verdi, Valérie Pécresse di Les Républicains e Anne Hidalgo del Parti Socialiste, la quale, da sindaco di Parigi, spera di diventare Presidente come fece nel 1995 Jacques Chirac. A completare la scheda elettorale, il sovranista Nicolas Dupont-Aignan di Debout la France, Philippe Poutou del Nouveau Parti Anticapitaliste e Nathalie Arthaud di Lutte Ouvrière.

Sebbene abbia perso consenso rispetto alle ultime elezioni, e sebbene i sondaggi mostrino una risalita di Le Pen e Mélenchon, il Presidente Macron sembra destinato a imporsi domenica sugli altri candidati e a confermare la sua posizione nel ballottaggio del 24 aprile. Il suo secondo mandato parrebbe insidiato solo nel caso in cui a sfidarlo sia nuovamente la rappresentante di Rassemblement National.

Le presidenziali francesi sono elezioni straordinariamente importanti, non solo perché decretano chi guiderà per i prossimi cinque anni il Paese che è secondo in Europa per popolazione, sesto al mondo come potenza economica mondiale per PIL nominale e membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ma anche perché si tratta del Paese che, fino a fine giugno, occupa la carica di presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Eppure, la campagna elettorale che ha accompagnato i transalpini negli ultimi mesi è stata superficiale, spiccia e ha mostrato i tratti profondamente demagogici dei candidati più popolari.

Sottolineare le bestialità del programma di Zemmour, di cui abbiamo già parlato qui su Eurobull nelle settimane in cui risultava imminente la sua candidatura, equivale a sparare sulla Croce Rossa. Il sessantatreenne è un nazionalista vecchio stampo, poco gli importa di come sia il mondo di oggi, di quali crisi lo attanaglino e di quali siano le priorità del Paese. È consapevole della xenofobia latente che dilaga in Francia, specialmente nelle aree più scollegate, cresciuta in maniera vertiginosa con gli attentati dell’ISIS del 2015. Per questo, nascondendosi dietro la maschera della sicurezza, afferma di voler ridurre a zero l’immigrazione, abolire lo Ius soli ed espellere dal Paese ogni detenuto che non sia cittadino francese. Tra una richiesta che l’anagrafe accetti solo nomi francesi per i bambini nati in Francia - come se esistesse un elenco tipico di questa fattispecie - e che velo e minareti siano vietati, Zemmour ricorda come il lavoro sia un ambito su cui un Presidente della Repubblica deve lavorare. Pragmaticamente propone salari più alti e tasse più basse. Scemi quelli che prima di lui non ci avevano pensato.

Vedendosi privata di “proposte politiche” sfruttate nella scorsa campagna elettorale e presentate in modo ancor più banale e vicino al popolo poco istruito, Le Pen ha deciso di cavalcare l’onda del conflitto russo-ucraino. Sempre dichiaratasi vicina al Presidente russo Vladimir Putin, la figlia del fondatore del partito di cui ora è a capo, ha mostrato coerenza con il suo passato. Certo, quei volantini già stampati per propaganda che vedevano una sua foto in cui stringe la mano all’invasore sono finiti immediatamente nel bidone della spazzatura - perché la coerenza è un gran valore, l’amor proprio pure - ma, al contrario delle frasi confuse e balbettate dell’amico Matteo Salvini in Italia, Le Pen ha preso posizione: la guerra è sbagliata, ma se c’è, è colpa degli Stati Uniti. “Abbiamo fatto entrare dieci Paesi nella Nato a est, fatto che è stato percepito come una minaccia dalla Russia. Dobbiamo fare in modo che l’Ucraina non entri nella Nato, altrimenti è normale che i russi si sentano minacciati, soprattutto quando vengono installate batterie di scudi antimissili in Polonia”. Così la candidata di destra, la quale, piuttosto che concentrarsi sul benessere dei cittadini, ha preferito sentenziare che con lei all’Eliseo, la Francia uscirebbe dalla Nato. A chi le chiede di un’Europa della difesa, risponde che è un sogno irrealizzabile. A chi le chiede di meccanismi per rispondere alle crisi, parla di nazionalismo energetico e di lotta contro l’ecologismo che combatte i costumi dei francesi, poi torna sull’immigrazione.

Le Pen non è l’unica ad aver adottato questa strategia. Da un ramo all’altro del Parlamento francese, anche Jean-Luc Mélenchon ha concentrato gran parte della sua campagna su un sentimento anti-atlantista e di lontananza dalla Nato. Il motivo è semplice, la sua ambiziosa proposta di un cambio strutturale nella forma di governo, da Repubblica semipresidenziale a Repubblica parlamentare, e le sue idee di riforma in ambito lavorativo non sembravano aver presa sui cittadini, tant’è che dal 19,58% di consensi raggiunti alle scorse elezioni, il leader de La France Insoumise è precipitato nei sondaggi, arrivando addirittura a scendere sotto il 10% ad agosto dello scorso anno. Insomma, anche il personaggio considerato più puro della corsa alla poltrona ha ceduto al bisogno di dire alla gente ciò che vuole sentirsi dire. E la gente più disinteressata alla politica oggi vuole conoscere soprattutto una posizione sul conflitto alle porte d’Europa. In questo modo Mélenchon non solo si è riappropriato di un sostegno valido per le elezioni, si parla di un 15,5% di preferenze, ma ha affascinato alcune forze di sinistra tra le più influenti del continente, la spagnola Podemos e il Labour Party inglese, guidato da Jeremy Corbyn.

Con ciò, non si intende dire che le tensioni tra Russia e Ucraina siano da tralasciare, ma focalizzare la propaganda su di esse è preoccupante tenuto conto delle sfide nazionali e globali da affrontare. Lo sanno bene Pécresse e Hidalgo, le due candidate che più si rifanno alla linea politica dettata dai rispettivi eurogruppi, il Partito Popolare Europeo per Les Républicains della prima, e l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici per il Parti Socialiste della seconda. La campagna elettorale di queste, seppur discordante, specialmente quando si va a toccare il budget del Paese, è con tutta probabilità l’unica lodevole. Si va oltre la posizione sulla guerra che, per informazione, è di appoggio all’Ucraina e alle sanzioni verso la Russia da parte di entrambe, seppur più marcate nella visione di Hidalgo. Istruzione, formazione, lavoro, famiglia, transizione ecologica, migrazioni, non c’è tutto, ma c’è tanto nei discorsi alla nazione delle rappresentanti degli storici partiti francesi. E con proposte interessanti, non hanno fatto parlare di loro. In quella che è stata la campagna, con ogni probabilità, più semplicistica della storia repubblicana francese, non c’è stato grande spazio per il riformismo. Lo testimoniano i sondaggi. Pécresse si stabilisce sul 10% di preferenze, sebbene, per nome e carriera - parliamo di un ex consigliera del Capo di Stato, già Ministro dell’istruzione e della ricerca e Presidente dell’Ile de France - partisse come la vera avversaria del Presidente in carica. Hidalgo, addirittura, sembra faticare nel raggiungere il 2%. Certo, non si occupa di politica nazionale da più di vent’anni, ma vedere la candidata del partito che fu di Mitterrand e Hollande a tre punti dal leader di un gruppo praticamente monotematico - Jadot dei Verdi - appare come uno schiaffo alla storia.

Ora, Emmanuel Macron. Presidente in carica, padre della Conferenza sul Futuro dell’Europa, riformista, controverso. Non deve essere stato facile per un appena quarantenne trovarsi a gestire un Paese durante una crisi pandemia, nemmeno dover lavorare a braccetto con un mostro sacro della politica europea come Angela Merkel, ma il liberale ce l’ha fatta, è sopravvissuto a questi cinque anni. Non si è però rafforzato. Prima con le manifestazioni dei gilet gialli, ignorate, represse e solo dopo mesi trasformate in consultazioni, poi con i grossi investimenti in sicurezza, accompagnati da leggi a eccessiva tutela delle forze dell’ordine, infine con il caso Benalla, Macron ha perso quell’appeal che lo portò a doppiare i voti di Le Pen al secondo turno delle scorse elezioni. Da un lato, è il candidato da cui ci si aspettava meno in campagna elettorale, immaginando che un suo secondo mandato non avrebbe fatto altro che portare avanti la stagione delle riforme già avviata, dall’altro, si guardava con attenzione alla sua figura, bisognosa di riaccumulare popolarità. Forse sarebbe bastato lavorare duro sulla politica che un europeista convinto come lui - che ha introdotto il blu Europa nel tricolore francese e portato le dodici stelle sulla Tour Eiffel e sull’Arc de Triomphe a inizio anno - avrebbe proposto nel semestre di presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea. Invece, Macron in questi mesi si è adeguato ai suoi concorrenti. Diversamente da loro, non ha prodotto parole, ma qualcosa che vi equivale: immagini. Immagini legate alla guerra in Ucraina. A metà marzo, fotografie del Presidente in posa esausta, sconfortata ed estremamente seria hanno fatto il giro dei quotidiani francesi e internazionali. É bastato dire quelle condizioni fossero causate da un colloquio di due ore con Putin per fare rumore. Si è poi scoperto che le immagini facevano parte di un dossier della fotografa Soazig de la Moissonnière ed erano state scattate in diversi momenti di diversi giorni, ma ormai propaganda era stata fatta. Qualche settimana fa, invece, è stata l’immagine di Macron in carne e ossa a fare scalpore, via giacca e cravatta, dentro jeans, felpone dei paracadutisti e barba incolta. Per essere più simile al popolo? No, secondo molti, per essere più simile a Zelensky. Il look casual è un punto fermo del Presidente ucraino, da sempre. Macron, invece, è la prima volta che non appare impeccabile, proprio quando gli sguardi del mondo sono diretti all’Ucraina, proprio a breve distanza dalle elezioni francesi. Se di buono o cattivo gusto, ognuno giudicherà per sé, ma questo populismo visivo frutterà domenica?

La Francia va verso un turno elettorale importantissimo per il futuro del Paese e dell’Europa, a quanto pare, solo i candidati se ne sono dimenticati. Se lo scopo della politica fosse unicamente quello di vincere le elezioni, allora il populismo sarebbe ben digerito, ma così non è. C’è da gestire per altri tre mesi una delle Istituzioni cardine dell’Unione europea e per cinque anni uno dei Paesi più importanti del panorama geopolitico mondiale.

Ai cittadini francesi, l’augurio, nel momento in cui porranno una croce sulla scheda elettorale, di non farsi influenzare troppo da parole e immagini fornite dai leader di partito negli ultimi mesi, ma di ragionare sulle proposte serie, quelle che riguardano direttamente loro e il loro Paese. Ai candidati, la richiesta di abbandonare il prima possibile la demagogia abusata in questo periodo, e di rimettersi al lavoro, da maggioranza o da opposizione, per coloro che si recheranno alle urne.

Parole chiave
Tuoi commenti
moderato a priori

Attenzione, il tuo messaggio sarà pubblicato solo dopo essere stato controllato ed approvato.

Chi sei?

Per mostrare qui il tuo avatar, registralo prima su gravatar.com (gratis e indolore). Non dimenticare di fornire il tuo indirizzo email.

Inserisci qui il tuo commento

Questo campo accetta scorciatoie SPIP {{gras}} {italique} -*liste [texte->url] <quote> <code> ed il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare paragrafi lasciare semplicemente delle righe vuote.

Segui i commenti: RSS 2.0 | Atom