Comunicato stampa

Gli agricoltori italiani contro le politiche Green?

Al contrario: per il 62% la transizione verde è necessaria e il cambiamento climatico è la prima preoccupazione

, di More in Commons

Gli agricoltori italiani contro le politiche Green?
Grafico originale di More in Commons

A più di un anno dalle proteste dei trattori parlano 600 manager del settore, che si mostrano aperti alle rinnovabili e in generale a una svolta ecologica: «Però con i mezzi tecnici che abbiamo adesso si fa fatica». Solo il 4 % nega il cambiamento climatico.

Chi dice che gli agricoltori sono contrari alla svolta green? A più di un anno dalle proteste dei trattori che paralizzarono le strade di mezza Europa gli imprenditori del settore, oltre a riconoscere il cambiamento climatico, lo reputano il principale nemico dell’agricoltura e ritengono necessario un adattamento del settore.

Dalle interviste a un campione rappresentativo di seicento manager di aziende agricole di tutta Italia effettuate da More in Common, un’organizzazione internazionale che si occupa di ricerca sociale, si è infatti palesato il bisogno di un adattamento del settore primario: la transizione ecologica è necessaria per il 62 per cento, un’opportunità per il 25 mentre solo il 14 per cento la considera un errore. Tra i più grandi alleati della transizione verde, a vederla come un’opportunità, figurano soprattutto i piccoli imprenditori (che dispongono di meno di 20 ettari), gli under 45, chi risiede nelle Isole, in Campania, nel Lazio e in Toscana.

Ormai tre imprenditori agricoli su quattro ammettono che il cambiamento climatico sia in corso e che la causa sia l’uomo - anche se sono divisi sulle responsabilità del proprio settore sul clima. Solo il quattro per cento nega l’esistenza di questo fenomeno. «Negli anni 50 e 60, che io ricordi, di cambiamenti non ce n’erano. Qui l’anno scorso - afferma Luigi, 75 anni, agricoltore lucano - c’è stata la siccità e ci siamo salvati solo grazie a dei pozzi che abbiamo fatto. È già tardi, ma da qualche parte bisogna cominciare».

Preoccupazione per il cambiamento climatico

Dal report Europe Talks Farming, emergono le preoccupazioni del mondo agricolo. Il cambiamento climatico è stata largamente la risposta più gettonata, soprattutto tra gli intervistati del Sud e delle Isole. È stato menzionato dal ventidue per cento, seguito dall’aumento dei prezzi dei fattori di produzione (15 per cento), e dai prezzi invece troppo bassi di vendita imposti dai distributori.

Responsabilità del Governo

In generale il quadro dello stato di salute del settore delineato da allevatori e produttori agricoli non è confortante. “Pessima”, “difficile”, “fallimentare”, “abbandonata” sono stati i termini più utilizzati per definire la situazione attuale. Le responsabilità vanno imputate per il 26 per cento al Governo, per il 14 all’Unione Europea, per l’8 invece la colpa è del mercato. Il 78 per cento si sente poco o per nulla rappresentato nelle decisioni e nei dibattiti pubblici.

Burocrazia ostacolo alla transizione

La transizione ecologica potrebbe essere un ottimo modo per risalire la china. Perché sia realizzata appieno serve però che vengano superati alcuni ostacoli. Quello economico è indicato come seconda necessità: il 45 per cento ha infatti evidenziato il bisogno di più aiuti economici; mentre per il 68 per cento occorre abbattere il muro rappresentato dalla burocrazia. Per l’11 per cento servono più tecnologia e innovazione. «Deve essere la ricerca a sostenere questo cambiamento, perché con i mezzi tecnici che abbiamo adesso, si fa fatica», sostiene Fernando, agricoltore emiliano.

Quando si tratta di mettere in atto importanti processi di cambiamento come la transizione ecologica, gli agricoltori e gli allevatori si fidano soprattutto della propria famiglia (al 31 per cento) e subito dopo di altri operatori agricoli che hanno apportato gli stessi cambiamenti.

Le risposte contenute nel report evidenziano la necessità di una maggiore attenzione. “L’opportunità della transizione ecologica sta nel potersi migliorare, ma non si può fare dall’oggi al domani. Noi ci stiamo muovendo, per il nostro benessere e quello degli animali, però ci deve essere riconosciuto lo sforzo", afferma Luca, allevatore lombardo di 30 anni.

Impianti rinnovabili: un’opportunità

Solo il 26 per cento non si dimostra interessato all’installazione di impianti rinnovabili sulle proprie produzioni, mentre la maggior parte si divide tra chi li ha già impiantati o si è detto disponibile a farlo in futuro: di quest’ultima fattispecie fa parte il 33 per cento degli intervistati, che diventa il 44 tra quelli più giovani.

Se da un lato chi crede che adattarsi al cambiamento climatico sia un errore, fino adesso ha installato questi impianti largamente sotto la media (1 su 4 tra loro, contro quasi il 40 per cento di media), si dice interessato ben il 46 per cento tra loro. E persino loro - i più scettici nei confronti della transizione verde - ritengono in larga parte che il petrolio sia ormai sorpassata come fonte di energia e vadano ridotti gli investimenti.

«Anche se non ci guadagni nell’immediato - afferma Graziano, allevatore friulano - è comunque un investimento, che se le robe si mettono male riesci a continuare a produrre».

Nonostante le molte difficoltà che gli agricoltori vedono, il 63 per cento è ottimista sulla continuità della propria azienda nel futuro, con punte dell’83 per cento tra gli under 44. E una grande maggioranza (quasi il 60 per cento) incoraggerebbe i propri figli a seguirli in quest’attività, soprattutto chi fa agricoltura biologica. Gli agricoltori italiani sono più ottimisti degli spagnoli e dei polacchi - gli altri agricoltori che hanno partecipato a questa indagine.

A questo link è possibile visualizzare il report integrale Europe Talks Farming, con tutti gli approfondimenti sui quesiti rivolti ai gestori di aziende agricole e con le modalità della ricerca.

More in Common è un’organizzazione internazionale nata nel 2017 per combattere la polarizzazione e le fratture sociali. Il suo lavoro di ricerca è volto a una migliore comprensione della società.

Per realizzare questo studio, sono state condotte 600 interviste telefoniche della durata di 20 minuti con un campione di manager di aziende agricole italiane (agricoltori e allevatori), responsabili delle operazioni quotidiane e dei processi decisionali. Per garantire la rappresentatività del campione, sono stati utilizzati i dati ISTAT per stabilire quote per sesso, età, Regioni, attività principale dell’azienda agricola, dimensioni dell’azienda (in ettari) e certificazioni biologiche.

Per ulteriori approfondimenti, Matteo Cadeddu, responsabile dello studio per More in Common in Italia: 3339649216

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