Il movimento Black Lives Matter è sempre più forte giorno dopo giorno e non è intenzionato a sorvolare su nessun episodio di razzismo, indipendentemente da dove e da quando si sia svolto. Per tale motivo, anche Winston Churchill, primo ministro britannico durante la Seconda guerra mondiale, è stato messo sotto accusa. La statua in Parliament Square, a Londra, raffigurante proprio Churchill è stata imbrattata con dello spray nero recitante la frase was a racist, era un razzista. Attacco simile è stato subito dalla scultura di Indro Montanelli ai Giardini di Porta Venezia di Milano, già presa di mira lo scorso anno nello svolgersi del corteo per la Giornata internazionale della donna, sempre in segno di protesta verso la relazione che il giornalista ebbe con una dodicenne eritrea comprata dai genitori in Etiopia negli anni ’30. Giudicare tali atti come giusti o sbagliati è parecchio difficile; il motivo per cui sono state erette le statue non coincide con il motivo per cui sono state imbrattate, ma non per questo il secondo deve essere trascurato. A detta del vocabolario italiano, i monumenti sono testimonianza concreta e durevole di esaltazione, a onore o a ricordo di fatti o di persone. L’esaltazione di fatti è indubbiamente molto meno criticabile, in quanto, contrariamente alle persone, essi sono immanenti e non possono macchiare la propria reputazione con un gesto. Un esempio è la Statua della Libertà di New York, immagine della Land of Free che vogliono essere gli Stati Uniti d’America (si veda la fiaccola, simbolo della libertà, nella mano destra di Lady Liberty) e celebrazione dell’indipendenza americana (si veda la tavola recante la data del 4 luglio 1776, nella mano sinistra della stessa). La storia europea straborda di avvenimenti meritevoli di essere monumentati, eppure, rispetto alle raffigurazioni di persone, sono ben pochi, alcuni, addirittura, mancano all’appello.
Nel ventesimo secolo, l’Europa è stata teatro di entrambe le guerre mondiali, per cui non è una sorpresa registrare centinaia di giustissimi monumenti ai caduti. Su tutti, quello di maggior impatto visivo è il cimitero di guerra di Colleville-sur-Mer, in Normandia, a pochi passi dalla spiaggia di Omaha dove si svolse lo sbarco del D-Day. I simboli dei conflitti e di ciò che è a loro succeduto, i vari sacrari e memoriali, i campi di concentramento, tra cui Auschwitz, in Polonia, Buchenwald e Dachau, in Germania, il Binario 21 di Milano e ciò che resta del Muro di Berlino, hanno ben diritto di esistere, il loro scopo è fare da monito alle generazioni a venire. Ma per quanto riguarda le conclusioni delle due guerre? Parigi è la città chiave. Nella capitale francese si svolse sia la Conferenza di pace successiva alla Grande Guerra con cui vennero riprese le relazioni diplomatiche tra i Paesi che parteciparono al conflitto, sia i ben noti Trattati del 1947 che portarono al ridisegnamento dell’Europa dopo la sconfitta del nazifascismo. Eppure, non esistono strutture degne di nota volte a ricordare questi avvenimenti storici.
Sempre a Parigi, nel 1948, fu adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Dichiarazione universale dei diritti umani, forse il documento di cui il genere umano deve andare più fiero, i suoi principi di libertà e di uguaglianza, i suoi diritti civili e politici rappresentano le fondamenta internazionali del quieto vivere. Inspiegabilmente, anche in questo caso non esistono monumenti che celebrino tale traguardo, se non la presenza qua e là nel mondo del primo articolo, stampato su vari “palazzi di potere” un po’ come quel la legge è uguale per tutti, estrinsecazione del terzo articolo della Costituzione italiana, che figura in ogni tribunale del Bel Paese. Rimanendo sempre sul tema degli atti che hanno cambiato la storia, bisogna sforzarsi per ricordare quelli rappresentanti i passaggi che portarono alla creazione della nostra Unione europea. Sono pochi e non maestosi quanto dovrebbero, non si può biasimare la sottovalutazione degli stessi, essendo inoltre spesso posti in zone in cui non saltano all’occhio. Si pensi al Monumento per la Convenzione di Schengen, seminascosto sulla passeggiata che costeggia il fiume Mosella nell’omonima città lussemburghese ove, nel 1985, si firmò l’accordo per la liberà circolazione di persone e merci tra Benelux, Francia e Germania, e si pensi alla bellissima Statua dell’Europa, messaggio di unità, di uguaglianza, di pace, che si trova nel bel mezzo del quartiere europeo di Bruxelles, come è possibile che risalti se affogata tra i palazzoni della Commissione, del Parlamento e del Consiglio?
La storia europea non è solo guerra e politica, ma anche scienza, cultura, sport. Il continente ha donato al mondo scoperte rivoluzionarie, come la penicillina, a opera del francese Alexander Fleming, o il vaccino, grazie agli studi dell’inglese Edward Jenner, e creazioni straordinarie, come il cinema, dei fratelli Lumière, o i giochi olimpici, con la tradizione greca che incontrò la visione del barone Pierre de Coubertin. Che ci crediate o meno, solo il cinema viene ricordato con un imponente monumento a Lione, nel quartiere in cui i fratelli diedero alla luce la loro creatura, il resto di questi importantissimi passi per la storia dell’umanità non viene rappresentato. Anche in questo caso ci si concentra prevalentemente sugli autori, con qualche statua in loro onore. Buffa curiosità: le statue più celebrative dei personaggi citati, non si trova in Europa; il più solenne busto di Fleming è infatti in Brasile, precisamente davanti all’ingresso del Centro di scienze della salute umana di Rio de Janeiro, e il monumento ritraente Auguste e Louis Lumière più apprezzato è in Russia, a Ekaterinburg.
La fortuna vuole che il vecchio continente si possa fare vanto anche della grande tradizione di architetti che lo caratterizza. È terra natia di geni, che, con un pizzico (a volte, anche più di uno) di follia, hanno fatto arte delle loro creazioni, si pensi al recente Bosco Verticale di Stefano Boeri, al Ponte di Alamillo a Siviglia e al James Joyce Bridge a Dublino di Santiago Calatrava, o al Parc Güell, alla Casa Batllò e alla Casa Milà a Barcellona di Antoni Gaudì. Un peccato è che tali strutture, così come alcune delle opere più famose che l’Europa ha da offrire, non possano coincidere con la definizione di monumento. Alla bellezza visiva, va aggiunto un significato, per rispettare ciò che dice il vocabolario. Ebbene, in parecchi casi, il significato c’è, ma non si vede, è il caso dei monumenti eretti in concomitanza con l’Expo, quando si è unito l’utile, non al dilettevole, ma all’ammirabile. Su tutti, va citato l’Atomium di Bruxelles, rappresentante i nove atomi di una cella unitaria di un cristallo di ferro, in riferimento alle scienze e agli usi dell’atomo, tra i temi sviscerati durante la detta manifestazione, che si tenne nel 1958. Sebbene sia il nome, sia la struttura diano un enorme indizio, spesso si tende a dimenticare ciò che l’Atomium rappresenta. In alcuni casi, invece, un significato si può attribuire pur non essendo mai stato reso noto esplicitamente, è il caso del Ponte di Øresund, opera di sedici chilometri che, dal 2000, mette in collegamento la capitale della Danimarca, Copenaghen, con la città svedese di Malmö. Inaugurato sotto gli occhi della regina di Danimarca Margherita II e del re di Svezia Carlo XVI Gustavo, che significato può avere se non quello di unità, delle mani dei due Paesi scandinavi che vanno a stringersi tra di loro?
Tanti avvenimenti, missioni compiute, valori e orgogli da celebrare e troppi pochi simboli concreti che ne diano ricordo. L’Europa ha fatto e dato tanto negli anni passati, ed è giusto che venga ricompensata come si deve. L’Europa farà e darà tanto anche negli anni a venire, per evitare ripercussioni, potrebbe essere meglio ricordare ciò che è stato e ciò che sarà in modo più artistico, legandosi ai fatti, quelli emozionanti, quelli immanenti, e non concentrandosi unicamente su chi quei fatti li ha portati a termine, quei soggetti inclini ai fallimenti che sono gli esseri umani.
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