L’Europa immaginata dalle madri e dai padri fondatori dopo gli orrori di due guerre mondiali è ancora incompiuta e l’obiettivo di una comunità federale sul continente che garantisca la pace, la giustizia, la solidarietà e la democrazia rappresenta oggi la risposta necessaria e urgente alle sfide di un mondo paralizzato da un disordine globale.
Il 14 febbraio di quaranta anni fa, su ispirazione di Altiero Spinelli, il Parlamento europeo approvò a larga maggioranza un progetto destinato a sostituire i Trattati di Roma per realizzare l’obiettivo dell’ordinamento costituzionale sovranazionale che era alla base della Dichiarazione Schuman il 9 maggio 1950. L’assemblea eletta dalle cittadine e dai cittadini il 10 giugno 1979 era infatti convinta che la pace, la giustizia, la solidarietà e la democrazia sul continente europeo e come modello a livello internazionale potevano essere garantite solo con una risposta ragionevole e commisurata ai nuovi e gravi problemi di natura politica, economica, finanziaria, sociale di fronte ai quali si trovavano le Comunità europee dopo oltre quarant’anni di graduali passi in avanti ridefinendo la ripartizione delle competenze fra gli Stati e le Istituzioni comuni riformando il sistema di decisione affinché nella futura Unione esso potesse essere efficace e nessuna delle Istituzioni o nessuno Stato potesse sopraffare gli altri o bloccare qualsiasi azione.
Secondo l’Assemblea l’obiettivo principale del progetto doveva essere fondato su una nuova fiducia dei popoli delle Comunità nella costruzione europea e che essa dovesse essere rafforzata da una identità e da una cittadinanza comuni, dalla valorizzazione dei diritti fondamentali, dal ruolo dell’Unione come attore in un mondo progressivamente globalizzato, in una comune politica della società e in un bilancio adeguato alla creazione di beni pubblici a dimensione transnazionale. Per raggiungere quest’obiettivo attraverso un progetto comune, globale, coerente e costruttivo che dimostrasse in quale misura l’idea europea superasse ormai l’ambito delle ideologie politiche tradizionali l’Assemblea aveva deciso di percorrere la via del metodo che aveva condotto tutti gli Stati europei a dotarsi di una costituzione democratica affidandone la scrittura a uno spazio pubblico parlamentare a nome delle cittadine e dei cittadini che gliene avevano attribuito il mandato e definendo un’agenda che avrebbe consentito al Parlamento delle Comunità europee di dialogare con i Parlamenti degli Stati membri e dunque con i rappresentanti delle stesse famiglie politiche per giungere a un progetto finale condiviso nel rispetto della democrazia rappresentativa.
Basandosi sull’insieme delle realizzazioni comunitarie, degli impegni assunti davanti alle cittadine e ai cittadini che hanno partecipato alla Conferenza sul futuro dell’Europa e sulle caratteristiche fondamentali delle proposte di revisione del Trattato di Lisbona votate dall’attuale Parlamento europeo, noi siamo convinti che – per completare l’Europa immaginata dalle madri e dai padri fondatori dopo gli orrori delle guerre e per rispondere alle sfide di un mondo paralizzato da un disordine globale – il Parlamento che sarà eletto dal 6 al 9 giugno deve riprendere gli elementi essenziali del progetto approvato dall’assemblea il 14 febbraio 1984 trasformandolo in un testo coerente e globale di natura costituzionale, sottoporlo all’esame dei Parlamenti nazionali dei Paesi membri e dei Paesi candidati all’adesione attraverso delle assise in cui i membri partecipino in rappresentanza delle famiglie politiche europee e adottare la nuova Legge Fondamentale nella versione su cui chiedere alle cittadine e ai cittadini europei di esprimersi con un referendum pan-europeo in modo tale che essa possa entrare in vigore entro la fine della prossima legislatura fra i Paesi e fra i popoli che l’avranno accolta. Così facendo porteremo a compimenti l’idea dell’Europa nata dopo gli orrori delle guerre e potremo rappresentare un modello per la comunità internazionale.
Madrid-Parigi-Roma, 14 febbraio 2024
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