Il Movimento Federalista Europeo (MFE) e la Gioventù Federalista Europea (GFE) si stanno facendo promotrici in questi giorni della campagna “#iMillexEuropaFederale”, una campagna che ha lo scopo di richiamare l’attenzione del pubblico, ma soprattutto di esponenti importanti del mondo accademico, culturale, e politico italiano e non, sulla costruzione futura dell’Europa. Cosa chiedono questi due movimenti con la loro campagna? Lo hanno efficacemente sintetizzato in tre punti:
- Vigilare affinché le ambizioni espresse nelle proposte della Commissione non vengano svilite da compromessi al ribasso tra gli stati, respingendo in tal caso l’accordo del Consiglio Europeo;
- Battersi affinché le nuove risorse proprie dell’Unione vengano valutate, raccolte e gestite a livello europeo, avviando subito il confronto sull’attribuzione di una competenza fiscale all’Unione Europea;
- Guidare il processo delle riforme politiche-istituzionali necessarie per costruire l’unione politica, elaborando, e proponendo alle altre istituzioni europee un progetto di Costituzione federale europea in vista del confronto con i cittadini nel quadro del rilancio del processo della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Questi tre obiettivi della campagna sono, de facto, gli obiettivi che ogni federalista si dovrebbe porre come mantra giornaliero nella ricerca di una reale e solida trasformazione del mondo contemporaneo, in particolare di quello europeo.
Il nostro presente è traversato da conflitti, che non sono solo gli scontri armati tra fazioni in quello che definiamo comunemente, in parte in maniera storicamente anacronistica, come il cosiddetto “Terzo Mondo” (più giustamente, paesi in via di sviluppo), ma piuttosto che sono anche esplosi nelle nostre società, che vedono contrapposte non solo classi sociali di marxista memoria, ma anche vere e proprie idee su cosa si voglia dal futuro prossimo. Diverse narrative si scontrano nelle piazze, nei comizi, tra le pagine dei giornali e delle riviste, nelle aule universitarie e delle camere dei paesi democratici. Parliamo di vere e proprie prospettive diverse su come orientare i prossimi passi degli stati contemporanei. Alcuni puntano verso il loro rafforzamento, adducendo a necessità quel falso senso di pericolo e minaccia di una fantomatica integrità culturale e sociale (mai esistita, una delle tante menzogne che si raccontano nelle piazze oggigiorno) poste dalla globalizzazione del mondo contemporaneo o dall’apertura verso il diverso e il futuro. Ci sono poi quelle prospettive che guardano al futuro come una costruzione che prende spunto dal passato, ma si erge su elaborazioni innovative, sperimentali, incerte.
È l’incertezza che da speranza, e che crea i presupposti per un’opera politica che mira davvero alla trasformazione del dato. Se fossimo soddisfatti delle cose così come sono ad oggi, non ci sarebbe nessun desiderio di cambiamento. Se fossimo certi di quale sia il nostro futuro, non ci sarebbe nessun moto verso di esso, perché sarebbe dato, certo. Incertezza e insoddisfazione muovono l’essere umano e scuotono le fondamenta del mondo. Ciò che sta accadendo negli Stati Uniti e nelle piazze di gran parte del pianeta ne è una manifestazione abbastanza evidente: una singola morte non scatena un eco così grande, se non perché fondata su una serie di presupposti che non aspettavano altro che esplodere. La sua diffusione nel globo, con effetti diversi, ha dimostrato ampiamente che quello stesso problema riecheggiava, in maniera diversa, anche nel resto del mondo. Ma anche le proteste di Hong Kong che si trascinano ancora adesso o quelle del Libano, le proteste a Teheran prima e dopo l’abbattimento dell’aereo nel gennaio 2020, così come quelle in Sud America, sono tutte spinte da profondi sensi di insoddisfazione: verso il razzismo dilagante, verso autorità politiche corrotte e autoritarie, verso il sessismo, verso la discriminazione, la mancanza di opportunità per i più giovani, la mancanza di un futuro che non sia eterno riflesso del passato.
Questo stato di insoddisfazione è quello che spinge verso le proteste e verso il desiderio di vedere le cose cambiare, passo dopo passo. Per cambiare lo stato attuale dell’esistenza c’è però bisogno di disegnare i confini, i tratti, di qualcosa che possa venire dopo. Il federalismo europeo, come ideale, si pone questo scopo. Si pone lo scopo di disegnare un mondo al di là degli stati-nazioni, i cui meriti e demeriti son stati discussi e ridiscussi per tanto tempo, ma che sempre di più sembrano degli organismi morenti appartenenti al passato dell’umanità, ai libri di storia. Golem metallici un tempo infusi di vita ma che, lentamente, stanno perdendo l’energia con cui son stati caricati all’alba della loro origine, risposta originale ad altre divisioni, che hanno a loro volta conosciuto il loro tempo.
Uno dei miei scrittori preferiti, H.P. Lovecraft, ha affermato che “La più antica e forte emozione dell’uomo è la paura, e la più antica e forte paura è la paura dell’ignoto”. Penso avesse ragione nell’affermare ciò. Penso che sia vero che l’uomo ha paura dell’ignoto, ha paura di ciò che non sa, di ciò che non può controllare. Penso, allo stesso modo, che molti uomini reagiscano alla paura accendendo una torcia, esplorando le caverne scure che non conoscono, i mari non ancora mappati, guardando al futuro non con bieco terrore (che forse era ciò che Lovecraft in parte faceva), ma con la speranza che quell’ignoto che ora fa paura possa essere trasformato in qualcosa di bello, utile, prosperoso. Il federalismo rappresenta una di queste possibili luci per guardare al futuro non con paura, ma con speranza, una speranza che è basata però su un piano, non soltanto sui sogni, che delineano la via del futuro ma che poi hanno bisogno della fenomenica realtà per potersi ergere a monumenti visibili e tangibili.
“iMillexEuropa” rappresenta una tappa di questo percorso costruttivo che mira ad evolvere l’Europa, a spingerla verso quel futuro che ci siamo designati, quello in cui le nazioni europee sono integrante parte di una Federazione, il primo tassello verso un futuro che sia meno ombrato dall’ingordigia e dall’avidità, innate nell’animo umano, ma controllabili, plasmabili, raffinabili per sottostare a obiettivi che siano la somma dei desideri e dei sogni di tanti individui che vogliono costruire un mondo migliore. Perché di questo, alla fine, parliamo. Di costruire un mondo migliore, qualcosa di cui essere fieri, qualcosa per cui possa valere la pena scrivere, lottare, discutere, combattere. Spinelli, Rossi, Salvemini, Ginzburg, tutti coloro che in qualche modo hanno guardato al futuro al di là delle brutture del loro presente, ansiosi di poter cambiare le cose nonostante i tempi in cui vivessero suggerissero un esito tutt’altro che scontato, credevano di dover e di poter costruire un mondo migliore. Noi siamo i portatori dei loro stessi stendardi. Portarli avanti, tramite l’azione politica quotidiana è parte delle nostre responsabilità. Sottoscrivere questa campagna è un passo avanti verso quell’idea di Federazione Europea unita, basata su principi più giusti, equi. Per molti è utopia, per altri un sogno, per i nazionalisti la paura più profonda. Potrebbe essere vero, potrebbe davvero essere solo un’utopia. Spendere però la vita per costruire un sogno è certamente meglio che abbandonarsi al passato e alla consolazione di un tempo migliore che non è mai esistito. Le fondamenta per costruire la Federazione Europea ci sono. C’è l’opportunità di fare di una grave crisi mondiale un pezzo fondamentale per ristrutturare le istituzioni dell’oggi per delineare un domani migliore. Io penso che sia un’occasione che non debba essere sprecata.
Potete trovare il link con tutte le informazioni sulla campagna qui. Invece a questo link trovate come sottoscrivere questo appello.
Segui i commenti: |