Jordan Bardella, ventinovenne fra poco meno di tre mesi, ergo leva ‘95, è un nome che ha di certo spiccato tra la rosa dei papabili Deputati del Parlamento europeo alle elezioni appena trascorse. Bardella, infatti, nonostante la giovanissima età, è nientemeno che il Presidente del Rassemblement National, il corrispettivo francese della destra di Meloni e Salvini in Italia. Il Rassemblement National, ex Front National, è stato fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen, che ne fu il Presidente fino al primo decennio del 2000, quando gli subentrò la figlia Marine, adesso sostituita dal suddetto enfant prodige di Francia.
Il gruppo europeo Identità e Democrazia, di cui fa parte anche Lega e di cui Bardella è niente meno che Vicepresidente, è stato trainato dal risultato di Rassemblement National alle elezioni europee: il 32% dei voti, a fronte di uno scarso 15%, meno della metà dei voti, di Renaissance di Emmanuel Macron.
L’evento è stato di tale portata da indurre Macron allo scioglimento dell’Assemblée Nationale Législative e alla convocazione di elezioni anticipate, programmate per il 30 di questo mese. Non serve dire che Jordan si sente già la carica di Primo Ministro in pugno. E non a torto. Infatti il delfino di Francia vanta un seguito di ben più di un milione di seguaci sulle principali piattaforme digitali, tra cui spiccano l’account X, ex Twitter, e Tik Tok, social in ascesa nell’ultimo decennio. In particolare, su quest’ultimo, conta ad oggi un 1,6 milioni di follower e più di 38 milioni di like. Notevole per un politico, contando che il bacino medio d’utenza del social media citato è, in primo luogo, di generazione Z e Alpha, ovvero neo-votanti e non necessariamente interessati all’argomento.
Bardella non è il primo a usare spudoratamente i social a scopo propagandistico. In Italia sono ben noti i post Instagram di Matteo Salvini, che cerca di calarsi nella parte dell’italiano medio alla sagra di paese, e di Giorgia Meloni, detta Giorgia, per rendersi più vicina al popolo, che pubblica video in cui viene ritratta in scomode posizioni di pilates. Bardella, però, ha ventott’anni e risulta probabilmente meno anacronistico e più credibilmente vicino agli utenti del format.
È stato battezzato Roi du Selfie, a causa delle frotte di giovani che a ogni suo comizio chiedono di immortalarsi insieme al pupillo di Le Pen figlia. Ma si sta parlando di un giovane uomo, da poco entrato nell’età adulta, militante in politica dai diciassette anni e che ha abbandonato gli studi universitari in geografia per inseguire la sua passione, per l’appunto, la politica. È incredibilmente credibile come content creator, ruolo in cui si destreggia con abilità, anche se di certo sostenuto da numerosi social media manager e spin doctors. Il nuovo delfino di Francia è smart, in tutti i sensi: al passo coi tempi dell’industria tecnologica e dotato di una quota più che discreta di intelligenza. O forse sarebbe meglio dire furbizia?
Bardella si presenta all’elettorato come figlio fortunato del popolo: genitori immigrati di discendenza italiana da entrambi i rami, figlio unico, reddito medio-basso. Dice di lui stesso di rappresentare la popolazione umile e lavoratrice. Ma Bardella è furbo e si è lasciato ben presto alle spalle le succitate origini modeste, entrando in politica da giovanissimo, a soli 17 anni. Il primo passo risale al 2012 ed è l’entrata nel Front National (dal 2019 Rassemblement National), di cui è stato portavoce a partire dal 2017 e Segretario dell’ala giovanile fino all’anno successivo, per poi, infine, diventare nel 2022 Presidente del partito, sconfiggendo in modo netto l’avversario, il cinquantacinquenne Louis Alliot. Inoltre, è notevole menzionare che il ragazzo alla giovane età di 20 anni è diventato Consigliere regionale per l’Ile-de-France e a 23 Eurodeputato. Un curriculum degno di nota, insomma.
Parrebbe quasi il perfetto sogno americano, se non fosse che siamo in Francia e il ventottenne sia rappresentante dell’ala di estrema destra del Parlamento, vicino al ruolo di Primo Ministro. Bardella già ci si sente. Il ragazzo è molto sicuro di sè, carismatico e puntuale nella sua narrativa politica: si è accattivato buona parte della stanca popolazione proponendosi con un programma che vede tra i primi punti la regolamentazione delle tasse, con una diminuzione dell’Iva, l’eliminazione dello ius soli, ossia del diritto di cittadinanza, in questo caso francese, per chiunque nasca sul territorio anche se da genitori entrambi immigrati, una regolamentazione stringente dell’immigrazione, una marcia indietro anche sul Green Deal, ossia il pacchetto di riforme cosiddette verdi che l’Unione europea ha stipulato per tentare di invertire o, quanto meno contenere, la crisi climatica. Bardella, a parole, dà preminenza alla Francia e ai Francesi con la effe maiuscola; dice «basta immigrazione», ma velocemente si para dietro una dialettica che vede delle eccezioni e delle presunte tutele per gli immigrati lavoratori; il grande nemico è il migrante fannullone che vive a spese del povero francese ligio al suo dovere di cittadino. Un programma parecchio attraente per un elettorato stanco e spaventato da guerre, crisi economiche e finanziarie e governi dalle promesse mancate.
Jordan Bardella rappresenta il giovane uomo carismatico che Gustave Le Bon, in La psicologia delle folle, libro edito a fine Ottocento ma molto lungimirante, definiva come perfetto candidato per essere capo delle cosiddette folle. I capi di queste masse che caratterizzano tutto il secolo scorso, sono definiti come dotati di un grande ascendente sul popolo e alienati, nel senso di votati in tutto e per tutto alla loro causa. Ed ecco anche la definizione del giovane Bardella. Oltre a Le Bon, si potrebbe citare in merito alla febbre bardellisiana, Bernard Manin e il suo Principi del governo rappresentativo, pubblicato nel 1995, casualmente anche anno di nascita di Bardella. Nel testo si snocciolano i motivi della decadenza della democrazia contemporanea, delineandone le fasi, l’ultima delle quali viene definita democrazia della poltrona. Cosa si intende? Un agone politico giocato da politici infervorati e urlanti à la Porta a Porta, il cui scopo è accattivarsi il favore del votante che non è più in piazza, bensì piazzato passivamente davanti a uno schermo, seduto, per l’appunto, su una poltrona. Ecco, Manin parlava di schermi televisivi, perché era quello il mezzo di trasmissione di massa negli anni ‘90 del secolo scorso, ma Bardella sfrutta, invece, il passo successivo: gli schermi dei cellulari e dei PC, che hanno ormai monopolizzato qualsiasi scena a partire dall’ascesa dei social nei primi anni del XXI secolo. Potremmo parlare di democrazia dello schermo, del cellulare, di Internet. Su queste piattaforme, ricorda l’americano Eli Pariser in The filter bubble, si creano delle vere e proprie bolle di utenza entro cui vagano persone riunite dai famosi cookies per affinità di pensiero. È facile la formazione di fanatismi ed estremismi in un luogo come Internet, perché l’algoritmo dei browser suggerisce i medesimi contenuti alle persone con la medesima inclinazione e politica. Bardella ha successo perché sa sfruttare bene questo meccanismo e lo sa sfruttare perché è figlio di questo, essendo nato all’alba di Google.
Ed ecco qui Jordan Bardella: pericolosamente di destra, quasi anticomunitario e generazione Z.
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