La lezione europea del voto greco

, di Paolo Acunzo

La lezione europea del voto greco

Non sono un esperto di politica interna ellenica, ma è innegabile che il risultato elettorale che ha portato alla formazione del primo governo Tsipras per tanti motivi avrà forti ripercussioni nei precari equilibri comunitari.

In primis è stata una campagna elettorale tutta giocata su tematiche europee che toccavano direttamente il popolo greco: austerità, restituzione del debito, fiscal compact, Troika, etc. La scelta greca su questi temi per forza di cose avrà risvolti anche all’interno della UE. Solo per citare alcuni casi sarà piu difficile avere quella unanimità all’interno del Consiglio spesso necessaria per prendere alcune importanti decisioni; nel Board della BCE il bazooka di Draghi ora non dovrà vedersela solo con i falchi del rigorismo teutonico, ma anche con quelli opposti ellenici; finalmente il tentativo lanciato con la candidatura del leader greco alla Presidenza della Commissione europea ha raggiunto il suo obiettivo, trasformare una profonda crisi nazionale in una questione dirimente per decidere il futuro dell’integrazione europea.

Ormai da piu parti si dice “ma se è stato possibile in Grecia perchè no qui da noi?”. Incredibilmente ciò da credito e speranze a tutto quel variegato mondo “contro questa Europa” a priori che si collochi tradizionalmente a destra o a sinistra. Trasversalità confermata dalla neo-maggioranza greca che ha inglobato anche le istanze piu smaccatamente euroscettiche e nazionaliste di una piccola forza fuoriuscita dal principale partito del centro destra, al fine di formare un governo delle piccole intese in grado di rappresentare meglio a Bruxelles l’unità del popolo greco.

Un modello in quanto tale è impossibile che si possa replicare sic et simpliciter ovunque, ma appunto diventa un simbolo che farà da apripista di percorsi politici simili anche in altri paesi, come gia sta accadendo in Spagna con Podemos. Ma la vera domanda a cui è troppo presto dare risposta verte su quale sarà la lezione imparata dalle cancellerie nordiche e dalle istituzioni di Bruxelles da questo voto. Si continuerà a procedere con un dialogo tra sordi dove si farà finta che niente è cambiato, incentivando quello scontro che porta inesorabilmente ad un “prendere o lasciare” il pacchetto così come è? O si riuscirà a trovare un nuovo metodo extra-contabile che ponga l’obiettivo di uno sviluppo dell’integrazione politico-sociale europea prima di quella economica-finanziaria senza Stato?

Il rischio è alto per l’Unione europea. Dipenderà tutto da come si muoveranno i soggetti in campo, se riusciranno ad uscire dal loro opposto radicalismo in nome del sommo bene comune europeo al fine di realizzare un equo benessere e lo sviluppo sostenibile per tutti i cittadini. La Grecia ha fatto la prima mossa e solo il tempo dimostrerà se questa scelta del popolo greco sarà stata un bene o meno per un armonioso rilancio dell’integrazione del continente. Ma ora tocca all’Europa non far finta di niente e dimostrare di aver imparato la lezione, a cominciare dalla realizzazione di un reale New Deal 4 Europe che vada ben oltre la proposta di un piano di sviluppo senza prevederne forme adeguate di risorse proprie per finanziarlo.

Solo ripensando profondamente se stessa secondo il modello federale l’Unione europea sarà in grado di dare quelle risposte sociali per la crescita di tutti i suoi cittadini, senza le quali una deriva euroscettica e nazionalista già si intravede dietro l’angolo. Speriamo che Tsipras, Junker e tutti gli altri protagonisti siano all’altezza delle sfide aperte in questa delicata fase storica dell’integrazione politica europea.

Fonte immagine Flickr

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