Come è noto, sotto la spinta della proposta della Commissione, avallata a più riprese dal Parlamento europeo, il Next Generation EU prevede la copertura dei trasferimenti agli Stati sotto forma di emissione di titoli “europei” col sostegno di nuove risorse proprie, ma questa possibilità potrà concretizzarsi soltanto se approvata anche dai singoli 27 parlamenti nazionali, mentre il Consiglio e il Parlamento europeo sono già chiamati a una composizione degli interessi per approvare un Regolamento sul QFP.
Le riflessioni degli osservatori come Fabbrini (Il Sole 24 ore, 4/10/2020) evidenziano come l’Italia, pur avendo un governo che “giungerà probabilmente alla scadenza naturale della legislatura (2023)”, godrebbe di una “maggioranza parlamentare […] risicata (in particolare al Senato), su questioni europee (come l’utilizzo dei fondi del MES) è divisa e, soprattutto, è minoritaria nel Paese (l’opposizione è in testa in ogni sondaggio ed è al governo in 15 regioni su 20)”. Bisogna, quindi, convenire con Fabbrini: visti i tempi delle schede progetto da presentare a Bruxelles e la possibilità di strutturare un Piano definitivo entro aprile 2021, è “ragionevole ipotizzare che, nel 2023, una diversa maggioranza potrebbe andare al governo” e gestire i fondi che arriveranno non sarà un argomento legato all’attuale legislatura e, di conseguenza, a questo governo.
Come fare per dare “continuità di condotta” tra programmazione dei progetti, gestione degli stanziamenti, realizzazione delle opere e monitoraggio?
Finora il Comitato Tecnico di Valutazione (CTV), sin dalla fine dello scorso mese di luglio, dopo la riunione del Comitato interministeriale per gli Affari Europei (CIAE) del 28 luglio dedicata ai «seguiti del Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020», presieduto dal Ministro Vincenzo Amendola, ha lavorato al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU.
Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, è intervenuto il 6 ottobre all’assemblea di Confcooperative e riferendosi al Recovery Plan ha affermato: “Creeremo una struttura ad hoc con poteri chiari e incisivi per garantire la realizzazione puntuale dei progetti”.
Questa struttura richiamata è già nelle indicazioni che la Commissione europea ha presentato il 17 settembre scorso come strumento d’ausilio per la presentazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Qui si legge (a pag. 35) [1] che “per garantire un’attuazione efficace, è necessario stabilire chiare responsabilità” con “un ministero/autorità” nominato con responsabilità generale di per lo strumento di ripresa e di resilienza, un unico punto di contatto per la Commissione. Tale “coordinatore” nazionale è il responsabile dell’attuazione del Piano nazionale, per garantire il coordinamento con altri ministeri competenti a livello nazionale (compresa la garanzia sull’uso di altri fondi dell’UE), per il monitoraggio dei progressi sulle “milestones”, per la supervisione e, in caso, l’attuazione delle misure di controllo e di audit e la comunicazione (articolo 20 della proposta) e le richieste di pagamento del contributo finanziario e, se del caso, della tranche di prestito (articolo 19 della proposta).
Bisogna inoltre sottolineare che le linee guida della Commissione indicano anche una disponibilità preventiva agli Stati membri che possono richiedere un sostegno tecnico nell’ambito del meccanismo di supporto tecnico per attuare i loro piani di ripresa e resilienza o parte di essi, anche per il sostegno a soddisfare, appunto, “milestones” e obiettivi. Le richieste di supporto tecnico devono essere indirizzate alla Commissione europea attraverso l’Autorità nazionale di coordinamento di cui sopra. Questa “autorità” è essenziale, evidentemente, per assicurare una certa autonomia dalla “variabile” politica di governo.
Segui i commenti: |