Le polemiche delle ultime settimane, incentrate sul dibattito tra chi crede che la “gioventù” sia refrattaria al lavoro a causa dei sussidi e chi invece crede che i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori più giovani in Italia debbano essere migliorati, non ci colgono di sorpresa.
Non ci colgono di sorpresa perché lamentarsi delle generazioni più giovani fa parte della natura umana: lo facevano già Aristotele e Orazio, e innumerevoli altri prima e dopo di loro. A volerne cogliere il lato migliore, si potrebbe pensare che tale amarezza sia dovuta alle grandissime aspettative che ogni generazione riversa su quelle successive, e sul fatto che queste aspettative vengano sempre deluse: l’essere umano è incontentabile ma è proprio questo il motore del progresso.
A chi, come me, è un “vecchio giovane” più vicino ai 35 che ai 30, questo dibattito non può non ricordarne uno molto simile se non identico svoltosi un decennio fa. Anno 2011, Governo Monti, la più grande crisi economica italiana dalla fine del secondo conflitto mondiale, le speranze di chi all’epoca aveva 20-25 anni e confidava di immettersi nel mondo del lavoro totalmente distrutte. Il precariato da economico stava diventando sociale, sistematico, ma per qualcuno la gioventù era “schizzinosa” (o meglio, “choosy”) per non voler accettare qualsiasi lavoro oppure si veniva etichettati come “bamboccioni” per non potersi permettere di vivere in un domicilio indipendente.
Niente di nuovo sotto il sole quindi, se non per il fatto che stiamo vivendo la seconda gigantesca crisi nel giro di 10 anni e questa volta dovremmo cercare di non ripetere gli errori del passato: questa volta, cerchiamo di dare strumenti e fiducia alla gioventù.
Eurobull è una rivista fondata e gestita da giovani che ha sempre avuto come prospettiva principale la dimensione europea della nostra società in quest’epoca. Per questo, ci è parso opportuno dare voce a giovani ragazze e ragazzi che stanno vivendo questa crisi, forse non per la prima volta, e di chiedere loro quale sia la loro visione dell’Europa come spazio politico e le loro aspettative.
Abbiamo contattato 16 ragazze e ragazzi, le cui interviste verranno pubblicate a coppie per un totale di 8 appuntamenti da oggi fino a fine giugno. Ogni coppia di interviste vedrà rispondere alle stesse domande un/a giovane che ha avuto esperienze di studio o lavorative altrove in Europa e chi invece non ha avuto la stessa possibilità o volontà.
Una inchiesta che abbiamo deciso di chiamare “Noi, giovani” e che non ha ambizioni statistiche ma che vuole essere lo sprone di un dibattito intergenerazionale sulle aspettative giovanili e sul ruolo dell’Europa in tutto questo. Perché la gioventù non rappresenta solo il futuro, ma anche il presente.
L’INTERA INCHIESTA
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