Parole che dividono

Il linguaggio politico-mediatico e la percezione delle migrazioni

, di Mariangela Vitulli

Parole che dividono
fill, Pixabay

Il linguaggio nella politica gioca un ruolo centrale: serve a comunicare con il pubblico, persuaderlo, ottenere sostegno e spesso anche a polarizzare la società. Può costituire un senso di appartenenza, ma può produrre anche immagini distorte della realtà. E questo è quanto accade nel contesto delle migrazioni.

Negli ultimi tre decenni, la narrativa dominante è stata di tipo emergenziale. Negli anni ‘80, il frame mediatico considerava il migrante come “vittima” [1], mentre negli anni ‘90, la migrazione diventa un’“urgenza” da gestire. A questa cornice si aggiunge il binomio migrazione-criminalità, rafforzato dal linguaggio mediatico che sottolinea due temi paralleli: da un lato l’urgenza nata dal crescente numero di sbarchi; dall’altro, il tema securitario collegato alle questioni d’ordine sociale e della criminalità.

Di particolare rilevanza è l’infotainment con l’utilizzo di discorsi semplicistici, umorali, sarcastici e alle volte dispregiativi per poter veicolare retoriche polarizzanti e favorire l’esclusione sociale dei migranti. Dopo il 2001, la questione migratoria viene associata sempre più a questioni di sicurezza ed al terrorismo islamico [2]. Il dibattito politico si spacca tra chi invoca misure sempre più restrittive e chi denuncia rischi di discriminazione. Il successo della nuova retorica è radicato nei pregiudizi, stereotipi e preoccupazioni economiche della società autoctona, un terreno fertile per l’avanzata del populismo e della xenofobia.

Con l’avvento dei social e la diffusione degli hate speech, la narrazione securitaria si intreccia alle fake news alimentando ulteriori sentimenti di ostilità e diffidenza. Nonostante alcune voci cercano di contrastare la semplificazione proponendo un’analisi articolata e basata su dati, spesso faticano ad emergere nel clamore dei toni più polarizzanti.

Quest’uso del linguaggio non resta confinato nei discorsi politici o nei titoli di giornali ma si riversa nella percezione collettiva. Il lessico politico-mediatico dominante, invece di illustrare le complessità legate alla migrazione che i governi sono chiamati ad affrontare, ha contribuito a consolidare un immaginario che la trasforma in una minaccia. Così, termini come “emergenza”, “sbarchi”, “invasione”, “crisi” o “clandestino” sono diventate etichette potenti che semplificano la complessità del fenomeno e criminalizzano i migranti. Lo stesso vale per il binomio “porti chiusi” e “aprite i porti” o per formule con un forte impatto emotivo come “prima gli italiani” in Italia, “Stop the boats” nel Regno Unito e “Avec RN, les frontières seront sécurisées” in Francia che creano un’opposizione tra un “noi” da proteggere e “loro” percepiti come invasori [3]. Queste affermazioni alimentano un immaginario in cui la migrazione appare come un fenomeno fuori controllo e pericoloso. Ne risulta una percezione della migrazione più drammatica rispetto alla realtà dei numeri che fomenta ansie e paure sociali. È proprio in questo divario che si radica la forza della retorica politica e mediatica.

Se per molto tempo l’Europa è stata terra di emigrazione, dagli anni ‘60 si è trasformata in una delle principali mete migratorie. Negli ultimi decenni, l’immigrazione in Europa è aumentata gradualmente, ma mai in misura tale da giustificare la retorica emergenziale dominante. Secondo i dati raccolti dall’Eurobarometro, oltre due europei su tre tendono a sovrastimare la presenza dei migranti nel loro territorio: in media, credono che corrispondano al 16% della popolazione quando in realtà sono meno del 7%.

Diverse ricerche mostrano che l’integrazione produce sia significativi successi che criticità da non sottovalutare, specie nelle seconde generazioni. Per esempio, dal punto di vista linguistico e socio-culturale, molti migranti si integrano rapidamente pur mantenendo multiple identità che combinano appartenenze nazionali, etniche e regionali differenti. Tuttavia questi processi non sono privi di ostacoli. In alcuni contesti, permangono divari occupazionali e difficoltà di inclusione, problemi reali che le politiche pubbliche devono affrontare. Nonostante vengano spesso dipinte come fattori di separazione, le comunità etniche possono svolgere una forte funzione di emancipazione, promuovendo solidarietà, mutuo-aiuto e imprenditorialità che nel tempo contribuiscono al rafforzamento della coesione sociale. Tuttavia, in assenza di politiche inclusive e di spazi di interazione con la popolazione autoctona, tali dinamiche rischiano di trasformarsi in chiusure comunitarie difficili da superare.

Di fronte al divario tra rappresentazione mediatica e dati empirici è necessaria un’inversione di rotta. Il linguaggio plasma la realtà, orienta le percezioni e ne determina le reazioni collettive. Una comunicazione più responsabile da sola non basta. Deve essere accompagnata da politiche concrete che promuovano un’integrazione reale. Un’opinione pubblica convinta di vivere in una crisi permanente sarà più incline a sostenere chiusure e politiche restrittive. Restituire dignità al linguaggio pubblico significa smontare muri simbolici ancor prima di quelli fisici, mentre definire la migrazione una “crisi” equivale a rinunciare a comprenderne la multidimensionalità, contribuendo alla sua estrema politicizzazione. Le parole che scegliamo raccontano sempre più di noi che dei migranti. Possono alimentare paure, ma anche costruire ponti: da esse dipende la possibilità di una convivenza condivisa.

Note

[1Fonte: La migrazione come risorsa simbolica dello storytelling politico.pdf

[2Fonte: Migranti e rappresentazioni. Linguaggio, integrazione,discriminazione, in https://library.oapen.org/bitstream/handle/20.500.12657/56543/26401.pdf?sequence=1

[3Fonte: De Haas, H. (2023). How Migration Really Works: The Facts About the Most Divisive Issue in Politics. Stati Uniti: Basic Books.

Tuoi commenti
moderato a priori

Attenzione, il tuo messaggio sarà pubblicato solo dopo essere stato controllato ed approvato.

Chi sei?

Per mostrare qui il tuo avatar, registralo prima su gravatar.com (gratis e indolore). Non dimenticare di fornire il tuo indirizzo email.

Inserisci qui il tuo commento

Questo campo accetta scorciatoie SPIP {{gras}} {italique} -*liste [texte->url] <quote> <code> ed il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare paragrafi lasciare semplicemente delle righe vuote.

Segui i commenti: RSS 2.0 | Atom