Per dei veri partiti europei

, di Lorenzo Cervi

Per dei veri partiti europei

Per affrontare la crisi della rappresentanza democratica e superare i limiti dello Stato nazionale, i partiti politici europei devono evolversi. Riforme come circoscrizioni transnazionali, un’unica legge elettorale europea e adesioni dirette possono non solo rafforzare il ruolo democratico dei partiti, ma anche avvicinare i cittadini alla politica e all’Europa.

Olof Palme, il socialdemocratico Primo Ministro svedese assassinato nel 1986, in un convegno del suo partito disse che la politica è volere qualcosa. Partiamo da questo. Cosa vogliono i partiti politici europei? Chi vogliono rappresentare? In che modo?

Queste sono solo alcune delle domande che i dirigenti dei vari partiti, che siedono attualmente nel Parlamento europeo, dovrebbero porsi. Per esigenza di trasformazione e adattamento al mondo che ci circonda e all’Europa che necessariamente deve cambiare.

Si sa che democrazia significa tante cose e soprattutto la sua declinazione ha tante facce ed espressioni. Un partito politico, come associazione di cittadini legati tra loro da uno scopo e (possibilmente) da un ideale, è un importante soggetto democratico. Un tassello senza il quale molto probabilmente la democrazia liberale, per quanto lenta e goffa, non sarebbe la stessa e sicuramente molto più affaticata.

Viviamo nel pieno della crisi delle nostre democrazie e dei corpi intermedi, incapaci di rispondere alle sfide del futuro, ma anche alla gestione del presente. I partiti politici attuali, più di ogni altro soggetto politico, sono visti come il simbolo della crisi del rapporto tra il cittadino e le Istituzioni, tra la quotidianità sociale e la rappresentanza politica. I partiti politici sono visti come “gusci vuoti senz’anima”, o molte volte vengono percepiti come tali.

Questa serie di aspetti sono ovviamente legati a un mondo di cose che non riesce più ad orientarsi. Qualsiasi soggetto politico che si dà come “luogo” di azione lo Stato nazionale è in crisi. In crisi semplicemente perché lo Stato nazionale stesso è in crisi e non riesce a dare le risposte che i cittadini si aspettano. Lo Stato nazionale non è in grado di risolvere i problemi nel nostro mondo globalizzato e interconnesso.

Ecco perché i partiti politici devono evolversi rispetto a questo stato di cose, cercando di essere espressione di un cambiamento inevitabile. È difficile pensare un’Europa più politica, con maggiori competenze e prerogative, senza lo sviluppo di uno spazio politico europeo. Gli attori principali, ed essenziali, di tale spazio devono essere i partiti politici europei, di nome e di fatto.

Una figura politica rilevante che si è interrogata su questo aspetto è stato Giorgio Napolitano. Il quale, nel settembre del 2002, al convegno “Il sistema politico europeo” organizzato a Napoli, riprese l’importanza di rafforzare i partiti politici europei, nel quadro di uno spazio politico europeo. Partiti che siano reali attori e soggetti democratici sovranazionali e non meri contenitori o coordinamenti di soggetti nazionali, in balia dei singoli interessi da tutelare.

Sempre in quel convegno Napolitano, allora Eurodeputato del gruppo socialista, fece l’esempio del Partito dei Socialisti Europei, ripercorrendo il percorso verso la consapevolezza politica europea e i tanti passi in avanti ancora da fare. Ha ricordato come i socialisti europei, nella Conferenza di Francoforte del 1951 per la ricostituita Internazionale Socialista, hanno il merito di aver dichiarato l’adozione del principio secondo cui si riconosceva che “nessuna nazione può risolvere in isolamento i suoi problemi economici e sociali” e che “la sovranità nazionale assoluta deve essere superata”. Importante tassello per una consapevolezza politica. Ma allo stesso tempo avevano il grande limite di concentrare l’attenzione solamente sugli aspetti economico-sociali dell’Europa da costruire, lasciando fuori dalla riflessione politica l’aspetto istituzionale, la prospettiva e gli equilibri del processo di integrazione. Sostanzialmente un approccio politico zoppo, privo di alcuni fondamenti e completa visione d’insieme.

Questa critica può valere per tutti i partiti politici europei, nessuno escluso. Per usare ancora le parole di Napolitano: sono luoghi ancora privi di approfondimento e definizione di una visione comune, di una visione d’insieme rispetto alle grandi scelte e alle prospettive dell’Unione. Gli iscritti e militanti dei vari partiti nazionali che compongono il partito europeo non sono consultati o coinvolti nelle iniziative e nelle posizioni del partito europeo, rimarcando un distacco tra il campo politico nazionale e quello sovranazionale.

Uno spazio politico europeo può nascere se i soggetti che dovrebbero farne parte sono messi nelle condizioni, spostando o integrando il confronto politico anche ad un altro livello oltre quello nazionale, incoraggiando un sentimento di appartenenza civica e politica.

Il cambiamento reale può avvenire solo se sovranazionale, quindi gli strumenti democratici dell’espressione dei cittadini, nella rappresentanza democratica ovvero i partiti, devono fare un salto di qualità e spostare la lotta politica da una dimensione nazionale ad una sovranazionale. Solo così si può riacquistare la consapevolezza del proprio ruolo di cittadini le cui decisioni vengono prese in considerazione e tramutate in azioni politiche concrete.

Ovviamente il cambiamenti di paradigma nell’organizzazione dei partiti politici e nel loro approccio deve essere un processo democratico e plurale, dove un’impostazione unica può essere limitativa e alle volte controproducente.

Ma in linea di massima un partito politico europeo deve assumere il carattere di un partito transnazionale, aprendosi all’adesione diretta dei cittadini, magari con doppia tessera rispetto alle due dimensioni, nazionale ed europeo. L’organizzazione deve essere basata su regole democratiche e deve riuscire a prendere agilmente decisioni e posizionamenti, superando l’unanimità soffocante per ogni procedimento. È necessario introdurre una circoscrizione transnazionale nelle elezioni europee, accanto alle circoscrizioni nazionali, per condurre una singola campagna elettorale europea anziché ventisette separate, utilizzando i simboli dei partiti europei sulle schede elettorali invece di quelli nazionali. Inoltre, l’adozione di una legge elettorale uniforme per l’intera Unione, con un’impostazione proporzionale, uno sbarramento contenuto (tra il 3% e il 4%) e circoscrizioni di media grandezza, garantirebbe una rappresentanza più equa. Il passo successivo sarebbe sarebbe il trasferimento a livello europeo della competizione politica e della dialettica democratica, che va dal campo dell’informazione alla consapevolezza dell’essere un corpo politico unico, ovvero la costruzione di un reale spazio politico europeo.

Tutto questo, ovvero la costruzione di reali partiti europei di nome e di fatto, con la rinnovatra cosapevolezza del fallimento dello Stato nazionale, sarà sicuramente un importante contributo nella costruzione dell’Europa politica e per un rapporto più profondo e diretto tra cittadini e attori politici democratici come i partiti, riscoprendo la loro utilità ed essenza come strumenti di cambiamento della realtà.

Ciò che serve, tra le altre cose, per dare sempre più corpo allo spazio politico europeo, è una reale riforma dei partiti politici europei, che rilanci la loro azione e il coinvolgimento dal basso dei cittadini di tutta l’Unione.

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