Qual è stato l’effetto della COP26 nelle diverse nazioni europee? Lo raccontiamo con una prospettiva europea a cura del network

Prospettive europee: l’outcome della COP26

, di Elsie Haldane, Lucas Nitzsche, Ludovica Smargiassi, Marillie Giannakopoulou, Moritz Hergl, Pinelopi Katsigianni, Sven-Alexander Gal, Wojciech Zajączkowski

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Prospettive europee: l'outcome della COP26

Sulla scia della COP26, Eurobull e le sue edizioni partner hanno preparato un nuovo capitolo delle «Prospettive europee». I contributi provenienti da Grecia, Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Romania e Polonia offrono degli spunti unici e diversi su quello che sarebbe dovuto essere l’evento dell’anno per la lotta contro il cambiamento climatico

Polonia

La strada della Polonia verso la neutralità climatica è come un ambiguo appuntamento su Tinder. Prova a non mostrare le sue carte e, nonostante il suo fascino, fallisce nell’impegnarsi. Ma di cosa parliamo realmente? Nel dicembre 2019, il governo polacco è stato l’unico a non sostenere l’obiettivo di neutralità climatica in Europa entro il 2050. Nonostante questo, alla COP26 il vice-ministro del clima Adam Guibourgé-Czetwertyński ha detto che la Polonia parteciperà all’obiettivo di neutralità climatica come stato membro dell’Unione. Al contempo, il primo ministro Mateusz Morawiecki ha affermato che la Polonia raggiungerà tale obiettivo comunque in ritardo.

La mancanza di una visione chiara nelle politiche climatiche polacche è dovuto alla dipendenza del Paese dal carbone, da cui deriva il 70% dell’energia. La Polonia guarda ora all’energia nucleare, che potrebbe diventare la principale linea produttiva nel paese. Per questo, sta lavorando insieme alla Francia e altri nove stati membri per immettere nella tassonomia europea degli investimenti sostenibili anche l’energia nucleare.

La partecipazione alla COP26 della Polonia è stata criticata per la sua segretezza. Il governo, infatti, non ha voluto rendere pubblica la lista di partecipanti della delegazione polacca. Oltre a ciò, poco prima di Glasgow, Michał Kurtyka è stato sostituito da Anna Moskwa come ministro del clima.

Il governo polacco ha bisogno di parlare più chiaramente della situazione energetica del Paese e coinvolgere di più sia i professionisti che i cittadini nella discussione sulla transizione energetica, altrimenti la Polonia rischia di essere messa al pari di Russia, Cina e India nel momento in cui dichiara di voler arrivare alla neutralità climatica … “più tardi”.

Francia

Non credo più in negoziazioni con 145 nazioni. Intervistato da Le Taurillon giovedì 18 novembre, il parlamentare europeo Pierre Larrouturou ha denunciato la mancanza di ambizione della COP26. La Francia, che brilla essenzialmente nell’unirsi agli sforzi altrui, ha firmato con altri 80 stati la riduzione di emissioni di metano entro il 2030. Questo termine è stato imposto anche per la fine della deforestazione, che il governo ha deciso di raggiungere insieme a un centinaio di altre nazioni.

Per quel che resta, la Francia si è unita a una coalizione di una dozzina di nazioni per accelerare il ritiro dalla produzione di combustibili fossili (Accordo di Boga). Inoltre, un paio di ore prima della chiusura della COP26 e dopo molta pressione dalle ONG ambientaliste, la ministra per la transizione climatica, Barbara Pompili, ha annunciato che la Francia si è unita alla coalizione che sostiene lo stop ai finanziamenti ai progetti di carburanti fossili all’estero per il 2022.

Mentre il presidente Emmanuel Macron ha richiamato le più grandi nazioni produttrici di gas serra a “Aumentare le loro ambizioni”, la COP, definita “l’ultima chance”, è finita con un accordo deludente, che ha solo portato ad un impegno nel ridurre i combustibili fossili. Sandrine Rousseau ha sintetizzato la mancanza di iniziative francesi con una semplice domanda: “Ne siamo ancora capaci?”

Romania

Nonostante la Romania stia subendo la sua peggiore crisi politica dopo il 1989, e che sia senza un gabinetto completo da settembre, la COP26 è stato un tema discusso dai principali media rumeni e il presidente Klaus Iohannis ha presentato gli obiettivi presi dalla Romania. Questi consistono per lo più nel perseguire gli obiettivi europei e nel lancio di un progetto per l’educazione climatica nelle scuole. Sembra una buona idea, ma staremo a vedere come questo tema sarà insegnato nelle scuole, con un sistema che è sia privo di riforme essenziali che sconnesso dalla modernità. Il problema più grande qui in Romania per quanto riguarda l’ambiente, sono la deforestazione illegale – strettamente connessa all’establishment politico, visto che alcuni leader come Gheorghe Flutur, presidente della Suceava County Council, sono noti per essere connessi alla “mafia forestale” – le alluvioni causate dal cambiamento climatico che colpiscono la nazione ogni estate, la riduzione della biodiversità – la Romania ha una grande varietà di fauna rara nelle montagne dei Carpazi – e, infine, le posizioni diffuse che affermano che il cambiamento climatico non sia reale ma piuttosto che le tempeste siano causate da “rabbia divina”. Nonostante ciò, la Romania ha la prima città in grado di dischiarare la neutralità climatica, Brașov, un grande centro urbano nel cuore dei Carpazi, dove Allen Colliban ha un progetto per giungere alla neutralità climatica della città per il 2030. Inoltre, Farul Constanța è stato il primo club professionistico di calcio in Europa a dichiarare la propria neutralità climatica. In questo periodo difficile per la nazione, la COP26 è stata una fonte costante di battute, dove Greta Thunberg e il presidente – vestito con una giacca invernale – erano vicini a Boris Johnson. Klaus Iohannis ha visto la sua popolarità calare drasticamente nei mesi recenti, visto che è identificato come il principale autore della crisi politica: questo ha portato all’arrivo del partito anti-corruzione, pro-Europa USR, nei banchi dell’opposizione e la possibilità che salga al potere il vecchio rivale del PNL, il successore del partito comunista, ovvero il PSD.

Germania

Sebbene tutti gli occhi fossero puntati sulla Germania per i recenti dibattiti sulla coalizione che andrà al governo, le negoziazioni della COP26 non sono rimaste nascoste al pubblico. La cancelliera uscente Angela Merkel, infatti, è andata a Glasgow lei stessa e ha richiesto “misure concrete” per combattere la crisi ambientale. Merkel ha ribadito che gli obiettivi tedeschi sono di ridurre le emissioni del 65 percento rispetto ai livelli del 1990, entro il 2030, e di raggiungere la neutralità climatica per il 2045.

Combattere la crisi climatica è stata una delle più problematiche più centrali durante le elezioni del 2021, che ha visto il partito dei Verdi raggiungere il miglior risultato nella sua storia. Questo risultato ha garantito ai verdi la possibilità di essere uno dei potenziali partner della coalizione e per questo il nuovo governo dovrà fare dei passi in una direzione più ambientalista, sebbene possa essere complicato. Infatti, la Germania ancora oggi dipende molto da gas e carbone (37% della produzione netta nel 2020 e le emissioni di CO2 per capita sono molto più alte che la media europea. Nonostante questo, nel 2020 più del 50% dell’energia distribuita proveniva da fonti climatiche rinnovabili.

La Germania mira a raggiungere la neutralità climatica abbandonando sia le energie fossili che nucleari. Le ultime tre centrali nucleari rimaste saranno portate fuori dalla griglia energetica l’anno prossimo. Inoltre, gli investimenti sostenibili stanno esplodendo in Germania, con molte compagnie private che si stanno impegnando sulla scia delle ambizioni climatiche delle negoziazioni della COP26. BMW, Volkswagen, Audi e altre sono però rimaste fuori da questa lista. Infatti, tagliare fuori i motori a combustione tradizionale e limitare la velocità sulle Autobah non è per ora sul tavolo dei legislatori, sebbene ciò offuschi qualsiasi discussione sul cambiamento climatico in Germania – e la COP26 è servita a poco in tal senso.

Italia

Alla Cop26 l’Italia ha saputo esprimere la sua leadership climatica, ponendosi tra i firmatari della dichiarazione a favore della transizione energetica. Tra gli impegni a cui ha aderito si inseriscono la riduzione del 30% delle emissioni di metano, lo stop alla deforestazione entro il 2030 e il piano decennale per investimenti e crescita. Sul piano dell’Unione, l’Italia mira a prendere provvedimenti ambiziosi nel quadro del pacchetto climatico “Fit for 55”.

Obiettivi ambiziosi. Come tali, richiedono di colmare le lacune interne al paese. Servirà infatti dotare la diplomazia e le istituzioni italiane delle competenze necessarie ad inserire la materia climatica nelle sue politiche. L’Italia rivela infatti una forte polarizzazione tra le regioni sui consumi energetici e sulle rinnovabili. Molte di esse non sono conformi agli obiettivi europei per la neutralità climatica, mentre anche le più virtuose necessitano di migliorare le loro prestazioni.

Attualmente, l’Italia dispone di un piano sulle rinnovabili che esclude la via nucleare: produrre nei prossimi nove anni 70 miliardi di watt in modo da possedere nel 2030 il 70% di energia pulita. Nonostante le difficoltà, all’Italia si deve l’ideazione del primo Youth4Climate con 400 giovani da 186 paesi. Prova della sensibilità del paese alla questione climatica, un punto di forza che l’Italia può utilizzare per accrescere il consenso internazionale sul tema.

Grecia

L’estate del 2021 è stata la più calda degli ultimi 43 anni, rivelando le dure conseguenze del riscaldamento climatico. Come ha dichiarato il primo ministro Kyriakos Mitsotakis, abbiamo avuto “una sequenza record di giorni con la temperatura sopra i 40 gradi e abbiamo dovuto affrontare incendi nelle foreste di intensità mai vista. Più di un milione di acri di terra sono stati distrutti quest’anno in Grecia. L’impatto ambientale di questa crisi è già visibile, dato che le alluvioni si fanno più intense ogni volta che piove. Nonostante ciò, oltre a questi risvolti nel breve termine, presto dovremo fare i conti con quelli nel lungo termine. Per questo motivo, la Grecia deve compiere delle scelte importanti rispetto al cambiamento climatico, per la riduzione delle emissioni di carbonio e per la re-forestazione.

Visto che si è trovata ad affrontare i risvolti drammatici della crisi climatica, la Grecia ha deciso di lanciare nella COP26 sei iniziative per aiutare a combattere tale crisi per quanto possibile allo stato attuale delle cose. La decarbonizzazione dei trasporti marittimi, una strategia GR-eco pionieristica che eliminerà più di dieci tonnellate di CO2, trasformando gradualmente le isole greche in destinazioni 100% sostenibili, autonome e verdi. Inoltre, la Grecia sfrutterà la produzione eolica offshore, con una base di 2GW per il 2030 e il pompaggio-stoccaggio idroelettrico. Mitsotakis ha inoltre affermato che la Grecia sarà libera dalla lignite al massimo per il 2028, con le ultime vecchie unità di lignite che saranno dismesse per il 2023 e il 10% dei mari greci sarà dichiarato area non di pesca per il 2030. Inoltre, la Grecia sta trasformando sé stessa in un hub di energia verde. Il compito di raggiungere questi obiettivi sarà affidato a ministero per la crisi climatica instaurato recentemente [1].

In Grecia la COP26 è stata un tema importante sia sulle news ufficiali che negli articoli online di siti greci. Nonostante ciò, la popolazione non era a conoscenza della necessità della conferenza. La maggioranza dei greci non ha ancora coscienza di come le nostre azioni abbiano pesanti impatti sul clima. I passi che i governi di Atene hanno fatto negli anni sono importanti, ma non abbastanza per superare le conseguenze della crisi climatica.

In breve, stiamo davvero“finendo il tempo e dobbiamo agire ora”, come Mitsotakis ha detto. Nonostante ciò, queste azioni riusciranno davvero ad avere un impatto sul clima o COP26 è solo una dichiarazione pubblica per quei politici che devono scrollarsi giusto un peso dalle spalle?

Gran Bretagna

Quest’anno, la Gran Bretagna si è trovata nella posizione di ospitare la COP26, mentre politici, attivisti e cittadini preoccupati hanno trovato la loro strada per Glasgow, in Scozia. Come padrona di casa, la Gran Bretagna ha tentato di essere uno dei principali giocatori in queste negoziazioni, dando voce alle preoccupazioni dei britannici sulla crisi climatica. Nonostante ciò, la reazione della popolazione britannica nei confronti della COP26 è stata piuttosto ambigua.

Questo è stato ben visibile anche tramite i media britannici. Le dichiarazioni fatte dal governo sono finite infatti in prima pagina: per esempio, giusto prima della COP26, è stato promesso che il Regno Unito sposterà tutta la sua produzione elettrica a fonti rinnovabili per la fine del 2035. È stato inoltre enfatizzato lo sforzo del governo per far sì che venissero mantenute le promesse fatte alla conferenza, così come il sostegno alle potenze internazionali per ridurre l’uso del carbone. Parlando della conferenza, il primo ministro Boris Johnson è sembrato cauto ma ottimista, dichiarando che “Abbiamo fatto la differenza, speriamo, per il pianeta e per il nostro popolo”, e richiamando gli altri leader mondiali a seguire la Gran Bretagna nel raggiungere gli obiettivi climatici. Questo ottimismo, comunque, non è così diffuso nel Regno Unito.

Per molte persone che vivono in Gran Bretagna, COP26 è stata solo una facciata per promesse vuote. Solo l’1% dei britannici definisce la COP26 ‘un grande successo’, con il 30% che la descrive come un fallimento. Il primo ministro Johnson ha descritto la sua reazione agli accordi della COP come “velati di disappunto”. Il primo ministro ha ricevuto molte critiche per la sua performance alla COP, come per l’uso di un jet privato per viaggiare tra Londra e Glasgow, come anche la decisione ripetuta di non usare la mascherina. L’immagine del primo ministro senza mascherina ha attirato rapidamente l’attenzione dei media, così come l’immagine di lui accompagnato da David Attenborough – che invece l’indossava!

Tenutosi in Scozia, l’evento non ha potuto evitare di diventare un punto di contatto per le vicende di politica interna, con il dibattito separatisti-unionisti sempre più vivo. La prima ministra scozzese, Nicola Sturgeon – conosciuta per essere europeista e indipendentista – ha presenziato ogni giorno alla COP, nonostante non avesse una sedia al tavolo dei negoziati. Mentre i suoi sostenitori la apprezzano per i suoi sforzi verso la sostenibilità (lo Scotsman ha definito la sua partecipazione alla COP un trionfo), chi la critica, invece, ritiene che abbia usato la COP26 come una opportunità per fare pubbliche relazioni, oltre ad altri che hanno criticato la “scarsa organizzazione” dell’evento da parte del del governo scozzese.

Nonostante le reazioni diverse verso la COP26, e il ruolo del Regno Unito, sicuramente vi sono diverse cose da prendere in considerazione: prima di tutto, il Regno Unito deve agire rapidamente, in collaborazione con la comunità internazionale, ma deve anche fare i conti con i propri fallimenti; e, infine, che le voci di coloro che sono preoccupati per il clima nel Regno Unito non possono, e non saranno, messe a tacere.

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