Articolo ripreso da Euractiv Italia
Dopo una breve introduzione da parte della Gioventù Federalista Europea sull’attuale funzionamento delle Istituzioni europee, sulla distribuzione delle competenze tra Unione europea e Stati nazionali, sulla riforma dei Trattati approvata dal Parlamento europeo lo scorso novembre, ragazze e ragazzi presenti sono stati suddivisi in tre gruppi di lavoro, chiamati a confrontarsi sulle prospettive di riforma dell’Unione europea.
L’esigenza di rendere più democratica l’Unione era largamente condivisa all’interno dei gruppi. Non è più accettabile che l’unica Istituzione eletta direttamente dai cittadini, cioè il Parlamento europeo, sia priva del diritto di iniziativa legislativa e che la procedura di codecisione non sia stata ancora estesa ad ogni ambito decisionale.
Soprattutto la questione del voto all’unanimità ha ricevuto notevoli critiche: se da una parte questo sistema di voto poteva possedere una qualche legittimità quando la Comunità europea era composta da pochi Stati, in un’Unione europea a 27, che presto potrebbe allargarsi ulteriormente, risulta di fatto essere poco democratico, poiché un Paese di pochi milioni di abitanti può porre il veto su decisioni che riguardano centinaia di milioni di europei.
Al deficit democratico si aggiunge anche la mancanza di efficienza perché le decisioni comuni o non arrivano o arrivano tardivamente e sono il frutto di un compromesso al ribasso. Questo è il caso della politica estera o delle decisioni relative alle questioni fiscali, sulle quali per di più il Parlamento europeo non ha voce in capitolo.
Tra ragazze e ragazzi che hanno partecipato era forte la convinzione che proprio in questi settori fosse giunto il momento di compiere passi in avanti nel processo di integrazione. L’Unione europea dovrebbe avere una politica estera comune e autonoma, così come bisognerebbe superare la separazione tra politica finanziaria, di competenza sovranazionale, e politica fiscale, ancora di competenza degli Stati membri.
Il Next Generation EU è stato uno strumento importante, ma al di là del fatto che molti Paesi europei lo considerano un’iniziativa temporanea, esso non è ancora vicino alla prospettiva di un bilancio comune, alimentato da risorse proprie, che sarebbe indispensabile per finanziare politiche comuni (dalla politica estera e di difesa comune alla transizione ecologica), ma che garantirebbe anche ai Paesi membri un aiuto stabile in caso di crisi o per raggiungere obiettivi comunitari.
La discussione si è poi spostata su come procedere ad una riforma dei Trattati, questione di grande importanza visto che per il momento il Consiglio europeo ha ignorato la richiesta del Parlamento europeo di convocare una Convenzione; e anche qualora alla fine questa dovesse essere convocata, stando all’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea (TUE), la revisione dei Trattati dovrà essere approvata all’unanimità.
Si è discusso così di una delle proposte che è stata avanzata per superare questa impasse: il referendum di ratifica a doppia maggioranza (europea e nazionale). Pur riconoscendo la possibilità, qualora la maggioranza dei cittadini europei dovesse bocciare la riforma, che questo strumento si riveli un boomerang per chi auspica una trasformazione dell’Unione in senso federale.
I partecipanti che sono intervenuti, hanno affermato che quella referendaria possa essere una via e che probabilmente un referendum di questo genere condurrebbe allo scenario in cui è più plausibile si assista ad una maggiore integrazione: quello di un’Europa a più velocità o a più livelli.
I gruppi di lavoro hanno concordato sostanzialmente sul fatto che se ci fosse un salto federale, sarebbero solo alcuni Paesi, i più volenterosi, a compierlo, seguiti semmai in un secondo momento da Paesi, in cui, anche per ragioni culturali e storiche, maggiore è la riluttanza a cedere la propria sovranità a Istituzioni sovranazionali.
Il rischio di una frattura del continente esiste, ma salda rimane la consapevolezza che l’Europa di Lisbona non sia più sufficiente e viva è la speranza che tale consapevolezza diventi sempre più diffusa.
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