Salvini, l’Euro e il nascondino nella casa di cristallo

, di Gianluca Frattini

Salvini, l'Euro e il nascondino nella casa di cristallo

Oggi voglio fare un regalo al Segretario della Lega, Matteo Salvini: voglio ipotizzare che il governo del regime eurocratico di Renzi cada domani, che si tengano elezioni il mese prossimo e che a vincerle, con ampia maggioranza, sia proprio la sua Lega Nord. Perché faccio questa ipotesi? Perché voglio arrivare a porre una questione al Segretario, che da un po’ di giorni mi arrovella la mente.

Sappiamo che il fulcro del programma economico della rinata Lega è quello dell’uscita dall’Euro, “origine di ogni nostro male” e alla radice della crisi che oggi stiamo vivendo. L’Euro “moneta maledetta”, come già diagnosticava nel ’98 l’ex Segretario del Carroccio Umberto Bossi (si, quell’Umberto che è stato ministro per 15 anni dei vari governi “PUDE” di centro-destra che si sono succeduti). Ogni altra alternativa all’uscita sarebbe impossibile o economicamente esiziale. Ci rimane solo liberarci dal fardello di questa moneta, riprenderci la sovranità monetaria, svalutare per tornare competitivi e stampare il nostro futuro. Amen.

Un attimo, prego.

Il mentore ed ispiratore del programma di Salvini è il professor Claudio Borghi Aquilini - a sua volta “debitore” per quanto concerne la teoria economica della pop star di Twitter, il professor Alberto Bagnai. Recentemente il professor Borghi ha fatto uscire un breve pamphlet online intitolato “BASTA EURO. Come uscire dall’incubo”. Questo veloce manualetto che ci spiega come, e soprattutto perché, dovremmo immediatamente fuggire dalla “trappola Euro”, senza se e senza ma, può essere considerato a tutti gli effetti la base sulla quale fare le valutazioni rispetto al piano di uscita leghista, e su di esso ci baseremo per giungere alla nostra domanda dalle cento pistole.

Vediamo.

Giustamente il professor Borghi al punto 27 del suo libretto ci fa presente che ipotizzare un referendum sull’uscita dall’Euro, come proposto ad esempio dal M5S (ma anche, recentemente, dalla Le Pen in Francia), è una sciocchezza, perché tra le altre cose:

“i poteri finanziari europei non esiterebbero a lanciare fortissimi attacchi speculativi contro il nostro debito”,

e soprattutto:

“Ai cittadini verrebbe data l’impressione che con il loro voto contro l’Euro provocherebbero un disastro e l’incertezza del risultato in un simile clima comporterebbe terribili agitazioni sui mercati e fughe incontrollate di capitali”,

per cui:

“L’unico modo per riconquistare la nostra sovranità monetaria è per mezzo di un Governo democraticamente eletto che agisca velocemente per decreto.” (grassetto mio)

Cioè, nella nostra ipotesi, il neo-eletto Governo di verde padano di Salvini. E come dovrebbe avvenire questa uscita? “Velocemente” e “per decreto”. Sintetizzo io per comodità: in segreto. La decisione di uscire dovrebbe essere presa in brevissimo tempo dal Governo, senza consultare le Camere, e messa in pratica nell’arco di un weekend, quasi nottetempo, per evitare fenomeni di speculazione, corse agli sportelli bancari, panico, e tutte le cose sopra descritte. Un’operazione delicatissima e non certo priva di complicazioni, come ammesso.

Salvini –per bocca di Borghi - ci sta forse dicendo che un referendum sull’Euro sarebbe da evitare come la peste, a causa degli esiti disastrosi conseguenti ad un “effetto anticipazione” di una solo probabile e potenziale uscita e, allo stesso tempo, ci dice che il Governo dovrebbe essere guidato da una forza politica che nel proprio programma dichiara esplicitamente di voler uscire dall’Euro… in segreto?

Ma nel giorno della vittoria elettorale della Lega, come da me ipotizzato, cosa farebbero, consci del programma politico del nuovo Governo, gli “speculatori”? E i risparmiatori soggetti al “panico”? E i “media di regime”, come si comporterebbero? Che differenza ci sarebbe con la campagna per un referendum?

Tralasciamo questo punto e fermiamoci un attimo sul concetto di segretezza. Se voi foste un giornalista, in considerazione di quanto proposto dalle Lega, il giorno dopo l’insediamento del governo, non passereste le vostre giornate fuori dalla Banca d’Italia (ma anche da qualsiasi altra istituzione nazionale e non) alla ricerca di un minimo spiffero che dimostri che si sta muovendo qualcosa in preparazione del Grande Passo? Non cerchereste ogni minimo contatto per anticipare lo scoop, fosse anche persino con l’addetto alle pulizie di Palazzo Koch?

Ma ignoriamo pure l’aspetto mediatico, facciamo finta che, nell’epoca dei tweet che anticipano i dispacci ANSA, dei wikileaks, degli Snowden, celare un segreto di tale rilevanza alla stampa sia impresa semplice. Passiamo a chi questa decisione la deve prendere e a chi la deve mettere in pratica materialmente.

È presumibile che, qualsiasi sarà la futura benedetta legge elettorale, la Lega non conquisterà mai la maggioranza per governare da sola. Il suo sarà un Governo di coalizione. Per semplicità aggiungiamo all’ipotesi che i partiti alleati siano solo quelli del centro-destra: PDL, NCD, Fratelli d’Italia. E se, il giorno del fatidico Consiglio dei Ministri che dovrà decretare la rottura con l’Eurozona, qualche Ministro non leghista non fosse d’accordo rassegnando le proprie dimissioni? L’uscita comincerebbe a non essere così “veloce". Inoltre, il messaggio che ne uscirebbe, verso investitori, risparmiatori, media, quale sarebbe?

E Il Governatore della Banca d’Italia? Ricordiamoci che si tratta sempre di un’istituzione (per ora) formalmente indipendente. Se il Governatore non fosse d’accordo con il piano, cosa faremmo, lo sostituiremmo? Anche lui nottetempo? E, ancora una volta, quale sarebbe il messaggio che trapelerebbe?

Qui mi sono limitato solo ai problemi interni, ma cosa fare con le istituzioni europee, dalla Commissione alla BCE, e come comportarci con gli altri 17 membri dell’Eurozona? Si dice che la soluzione ottimale sarebbe un’uscita coordinata con gli altri stati euro, anzi, si propongono persino alleanze funzionali (nelle parole di Borghi: “concordando la strategia con altri paesi, prima fra tutti la Francia in caso di vittoria dell’alleato Front National” (sic)). Ma se uno o più governi non fossero d’accordo e non ci sostenessero ma, anzi, dati gli effetti domino che la nostra (e, susseguentemente, la loro) uscita provocherebbe, ci fossero avversi?

Ricordate a quanti sacrifici si sono sottoposti i Greci per restare all’interno dell’Euro, nonostante tutto; quanto consenso hanno perso i partiti ellenici implementando le misure imposte dalla Troika (alla faccia di chi “non escono dall’euro per paura di perdere consensi”); ricordate nei sondaggi quanti cittadini greci sono ancora a favore della moneta unica. Per non citare Cipro, che sostanzialmente sta fuori dall’Euro, senza però i probabili vantaggi dello starci effettivamente fuori, e il tutto pur di non abbandonare realmente la moneta unica. E potremmo proseguire per altri 15 Paesi.

Bene, qui è ancora Borghi che ci viene incontro, replicando: chissene frega, usciamo da soli! (o, più precisamente, “nel caso i negoziati falliscano, potrebbe al limite agire per decreto, prendendo tutte le misure necessarie per rendere la transizione indolore”). Ma allora, tutti i problemi di segretezza che ci ponevamo sopra, dovreste moltiplicarli per 17 volte: 17 parlamenti, governi, media, cittadini pro-euro, eccetera. Più, non ci scordiamo, le avverse autorità europee.

Mi fermo qua. Sono finalmente giunto alla domanda che volevo porre a Salvini, e che esprimerò concisamente: Salvini, Lei si è preparato a tutto questo? E come?

P.s.: Borghi, molto furbescamente, si è rivolto per la sua personale campagna anti-euro, alla Lega Nord. Proprio per rendere più accattivante il progetto “basta Euro”, ha condito il tutto con temi storici cari all’elettorato padano: l’immigrazione, le tasse sulle imprese, le imposizioni della Commissione europea sui nostri prodotti. Naturalmente non poteva mancare il tema degli ingenti trasferimenti fiscali nord-sud, vero chiodo fisso leghista, e base delle rivendicazioni prima secessioniste poi federaliste. Borghi, in base alla teoria economica delle Aree Valutarie Ottimali (AVO) che lo porta a sostenere che l’Euro è «immondizia radioattiva», giunge coerentemente a dichiarare (punto 17) che anche l’Italia non è una Avo, è che la Lira ha penalizzato nei decenni sia il Nord che il Sud del paese: il secondo perché, meno produttivo, vedeva penalizzare i propri prodotti a causa di una moneta sopravvalutata; il primo per gli esosi trasferimenti che doveva concedere al Sud per tenerlo in piedi. Borghi, con un eufemismo degno del miglior politico navigato, più digeribile da un elettorato più ampio finisce per proporre allora un passo successivo all’uscita dall’Euro: la creazione di una Lira del sud e di una Lira del nord.

Mi permetto allora di punzecchiare ancora la pazienza di Salvini con una domanda ulteriore: è pronto ad effettuare il «passo successivo», coerentemente con le teorie economiche che sostiene e, per la gioia di molti suoi elettori e per il bene degli italiani del nord e del sud, compiendo la secessione?

1. Fonte immagine Wikimedia

2. Articolo pubblicato originariamente su nocanditi

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