“Non siamo pronti né a un attacco russo né ad un attacco di qualsiasi altra nazione”: così il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto parla ai giornalisti che lo interrogano sull’incertezza dei tempi attuali, allarmante segnale di debolezza dei confini del Vecchio Continente contro il gigante russo.
Non siamo pronti, dice netto il ministro. Non lascia spazi all’interpretazione, anzi rincara la dose: “non lo siamo perché non abbiamo investito più nella difesa negli ultimi vent’anni”. E un ventennio non è qualcosa di recuperabile con una corsa al riarmo rapida e veloce, che sarebbe, vista la nomea dell’Italia, quasi sicuramente raffazzonata. Il Paese di fatto non era preparato, a dirla tutta, nemmeno per l’ultimo grande conflitto mondiale, quando vi entrò spavaldo ma sparuto nel ‘39.
Ci si potrebbe chiedere dove siano finiti tutti i milioni di soldi sborsati in tassazione dagli italiani, visto che quasi tutte le infrastrutture e i settori statali sono in crisi e mal finanziati. Ma a essere sinceri, il mancato investimento nell’armamento dello Stato dovrebbe essere in qualche modo rincuorante, soprattutto se controbilanciato da un’ascesa negli investimenti per salute, ricerca e istruzione. Questo perché il tutto dovrebbe simboleggiare un momento di pace per la nazione e forse per l’intero continente. Ma in realtà nella ridente ma sdentata Penisola la sanità è claudicante tanto quanto gli altri settori.
Sembrerebbe quasi che lo Stivale sia un vecchio scarpone, retrò, per non dire démodé, un occhiale miope, ma volontariamente tale, nello sguardo al futuro. Nel corso del primo ventennio del XXI secolo l’Italia si è ampiamente seduta sulle sue terga e, in posizione supina, è rimasta ad arrugginire in pressoché tutti gli ambiti. Risultato? Gli unici italiani che vogliono rimanere in Italia sono gli amanti del ventennio fascista, inebriati dai paroloni del generale Vannacci e dall’elusività della Premier, Giorgia Meloni, nei colloqui con la stampa, cosa, la mancanza di trasparenza con le testate giornalistiche, tipica di ben altri regimi rispetto a quello democratico.
Quindi, non siamo pronti a una guerra: è vero, ma altrettanto vero è che nessuno dovrebbe esserlo, almeno in questa fetta di mondo che si è sempre beata del fatto di vivere nel periodo di pace più longevo della storia europea - dimentica delle guerre balcaniche. Il problema di fondo, in ogni caso, sta nel fatto che altri Stati siano armati fino ai denti, pronti a esacerbare ed estendere il conflitto in cui si stanno confrontando Russia e Ucraina dal febbraio 2021. La questione non è “perché noi italiani non ci siamo preparati a livello militare per un emergente guerra?”, ma “perché avremmo dovuto spendere soldi nel settore difesa, a fronte di patti e accordi di non belligeranza reciproca e difesa dei diritti umani?”.
L’Italia non ha sborsato quello, che Crosetto auspica, molto probabilmente per pigrizia e stasi comatosa, ma in tutta franchezza non avrebbe dovuto impiegarlo in quel settore specifico a priori.
Eppure lo scenario di un prossimo conflitto su scala mondiale si staglia sempre più netto sullo sfondo delle vite di chi vive in Europa. Da considerare, infatti, perlomeno allarmanti gli sconfinamenti di droni russi nelle vicine Polonia e Romania. Fatti che hanno destato polemiche e innalzato nelle teste dell’Unione la parola guerra “mondiale”. La confederazione di stati ha messo subito mano alla propria riserva di armi - purtroppo sempre troppo pingue - e si è per una volta schierata apertamente a fianco della ferita Ucraina. D’altronde non avrebbe potuto fare altrimenti di fronte al colosso statunitense che si afferma deluso dalla controparte russa e deciso a sostenere gli ucraini.
Bisogna infatti ricordare il progetto, varato il 4 marzo 2025, Rearm Europe, che la commissione capeggiata da Von der Layen sta promuovendo con l’obiettivo di portare l’Unione Europea ad avere una difesa più forte e più rapida contro eventuali minacce esterne entro il 2030. Il piano è pensato, quindi per portare il Continente a essere militarmente pronto entro 5 anni. Si chiama, non a caso, anche Readiness 2030.
A livello europeo poi l’Italia sul piano militare è molto indietro nella classifica delle potenze, la prima delle quali, per il suo arsenale atomico, è la Francia, seguita a ruota dalla Germania. Il partner tedesco sta infatti investendo miliardi con l’obiettivo di diventare l’esercito convenzionale più potente d’Europa. La Polonia, inoltre, non scherza per quanto riguarda il numero di carri armati e riservisti. E una piccola menzione, anche se non più parte dell’Ue, va alla Gran Bretagna, che molti annoverano tra le potenze principali non a livello unionistico, ma direttamente europeo.
Si corra alle armi, quindi, ma solo per non sfigurare davanti alla compagine mondiale. Ma forse noi Italiani, oggetti di scherno condiviso su mafia pizza e mandolino, arretrati lo siamo davvero. Tuttavia il problema non è, come strepita Crosetto, la mancanza di armi, ma il dilagante degrado che sta portando ignoranza e violenza gratuita sui piatti di tutti gli italiani, grandi o piccini che siano.
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