Il Montenegro alla ricerca di un compromesso per un nuovo Governo di matrice europeista e liberale per sfuggire dai nazionalismi

Una situazione difficile: il Montenegro senza Governo

, di Dino Šabović

Una situazione difficile: il Montenegro senza Governo

In questo breve pezzo di attualità sulla situazione politica in Montenegro si cercherà di ripercorrere brevemente gli avvenimenti susseguitisi dopo le elezioni parlamentari del 2020 ad oggi. E di comprendere per quale motivo sia caduto il Governo nel Paese pochi giorni fa, cercando così di cogliere le dinamiche e il possibile futuro per l’esecutivo montenegrino.

In questo breve pezzo di attualità sulla situazione politica in Montenegro si cercherà di ripercorrere brevemente gli avvenimenti susseguitisi dopo le elezioni parlamentari del 2020 ad oggi. E di comprendere per quale motivo sia caduto il Governo nel Paese pochi giorni fa, cercando così di cogliere le dinamiche e il possibile futuro per l’esecutivo montenegrino.

Il 4 febbraio 2022, il Parlamento montenegrino ha votato la sfiducia al Governo di Zdravko Krivokapić, segnando così la fine della prima esperienza governativa senza la presenza del DPS (Demokratska Partija Socijalista Crne Gore) di Milo Đukanović, ancora Presidente della Repubblica di Montenegro. Questo aveva governato ininterrottamente il Paese dal 1991, per poi essere mandato all’opposizione da una coalizione post-elettorale alle ultime elezioni tenutesi il 30 agosto 2020.

Facendo un breve ripercorso delle elezioni del 2020, bisogna dire che esse furono accolte con grande soddisfazione dalla comunità internazionale: sia che si tratti dell’Unione europea o della Russia. Ma anche dalla stessa nazione che, dopo tre decenni di dominio indiscusso del partito di Đukanović, domandava e desiderava una rottura con il passato.

In ogni caso, era da tempo che sia internamente che esternamente si mormorava il bisogno di un cambiamento politico in Montenegro, questo per poter dare una rinfrescata alla politica montenegrina e per poter far avanzare sia la democrazia che i diritti nella piccola Repubblica adriatica. Nel 2010, a Podgorica fu riconosciuto lo status di Paese candidato per l’accessione all’UE, negli otto anni successivi, Bruxelles ha valutato e lamentato un calo della qualità democratica e dei diritti nel Paese. Ciò ha spinto l’Unione a porre grossi punti interrogativi sul Montenegro e sul suo percorso per divenire un Paese membro.

Dall’altro lato, la situazione interna al Paese si presentava, durante gli anni di governo del DPS, poco dinamica e contrassegnata da scandali bancari, episodi di corruzione e abusi d’ufficio. Senza poi contare le difficoltà economiche del Paese. L’economia montenegrina, a partire dalla sua indipendenza nel 2006, è stata basata quasi esclusivamente sul turismo balneare che porta alla Nazione il 20% del PIL nazionale e garantisce il 18% dei posti di lavoro. Inoltre, lungo tutto il settore turistico, si è sviluppato un mercato dei servizi dedicato proprio ai turisti del Montenegro. Però ciò non ha permesso in primo luogo una diversificazione del lavoro (si stima che il settore manifatturiero ha un’incidenza minima sul PIL nazionale) e ha creato un Sud (Podgorica e tutta la costa) più ricco e dinamico nei confronti di un Nord (il resto del Paese) sottosviluppato e povero. Di conseguenza, si è ampliato il divario tra ricchi e poveri nel Paese, aumentando il discontento di coloro che abitano nel Nord, sofferenti di condizioni di lavoro molto più precarie e con infrastrutture quasi inesistenti. Questo ha garantito un terreno fertile per i partiti anti-Đukanović e di matrice filoserba per aumentare i loro consensi.

Il panorama politico e sociale in Montenegro nel periodo della campagna elettorale è stato particolarmente teso. Il motivo di questa situazione convulsa è rintracciabile nella promulgazione, l’8 gennaio 2020, su iniziativa del DPS, della “Legge sulle libertà di religione” (Zakon o slobodi vjeroispovijesti) La norma è stata immediatamente contestata, fin dalla sua deposizione al Parlamento montenegrino, dalla Chiesa Ortodossa Serba (SPC), detenente il monopolio religioso nel Paese, che la vedeva come un diretto attacco al suo primato.

La legge, oltre a garantire la piena libertà religiosa a tutte le persone fisiche del Paese, prevedeva la controversa norma sui diritti dello Stato su tutti quegli edifici religiosi che rappresentano un patrimonio culturale per il Montenegro. Infatti, tutte le comunità religiose del Paese dovevano dare prova allo Stato di esserne gli effettivi proprietari. Le diverse comunità religiose avrebbero dovuto provare di possedere tali edifici da una qualsiasi data seguente il 1° dicembre 1918, o al di più che questi non fossero stati edificati per mezzo di fondi nazionali o che appartenessero allo Stato (Regno) di Montenegro. La data per la prova fu scelta per un preciso precedente storico, corrisponde al preciso momento storico in cui il Regno di Montenegro cessò di esistere e fu agglomerato nella Provincia di Serbia nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.

Chiaramente, la SPC non fu felice della nuova norma: questo dal momento che la Chiesa Ortodossa in questione sarebbe entrata in possesso di tutti gli edifici religiosi della Chiesa Ortodossa di Montenegro proprio all’indomani del 1918. Ciò sarebbe stato possibile perché l’allora Regno dei Karađorđević, mediante decreto regio, trasferì tali possedimenti alla SPC e sciolse e perseguitò la Chiesa Ortodossa di Montenegro e i suoi fedeli.

La reazione della SPC per l’adozione di questa legge fu quella dell’attacco pubblico al DPS - definito il Governo del diavolo - e dell’organizzazione delle “litije”, marce religiose che si tennero dalla fine del 2019 fino alle elezioni del 2020 sotto la guida dell’allora Metropolita di Montenegro Risto “Amfilohije” Radović della SPC, Queste “litije” si sono susseguite di continuo, anche durante la pandemia da Covid-19, aumentando di conseguenza i contagi nel Paese, tant’è che lo stesso Amfilohije morì di Covid.

Le “litije” hanno aumentato drasticamente le tensioni nel Paese, tra chi è montenegrino e chi sostiene di essere serbo e tra musulmani e ortodossi, tanto da far riemergere le sensazioni dei difficili anni di guerra degli anni ’90. Il DPS e lo stesso Đukanović dichiareranno: “siamo stati testimoni di una campagna mediatica brutale, prevalentemente dominata dall’ambiente circostante, con abili tentativi di manipolazioni delle notizie e di accusare lo Stato di voler svuotare di significato religioso gli edifici in questione”. Lo scopo era evidentemente quello di destabilizzare il Paese per vantaggi che vanno oltre i motivi religiosi, il Presidente fa un implicito riferimento alla Chiesa e allo stesso Governo di Serbia - profondamente interconnessi - che esercitano il loro controllo sui loro rappresentanti in Montenegro. Non è un mistero, infatti, che la realtà serba non abbia mai visto di buon occhio l’indipendenza montenegrina del 2006, ma è altrettanto vero che sia Đukanović che l’Amfilohije abbiano collaborato per quasi tre decenni per mantenere il Paese in pace in cambio di favori reciproci.

Come detto, le elezioni dell’agosto 2020 sono state animate dagli scandali legati al DPS, ma soprattutto dall’azione pubblica della SPC (supportata dal Belgrado). I partiti o coalizioni che si contrapposero a questa tornata elettorale furono:

  • DPS;
  • Crno na Bijelo (Nero su Bianco), guidato dal leader dal Partito civico riformista, verde ed europeista URA Dritan Abazović;
  • Za budućnost Crne Gore (Per il futuro del Montenegro), una coalizione che spazia dalla destra serba alla sinistra di ispirazione jugoslava guidata da Zdravko Krivokapić;
  • Mir je naša nacija (La pace è la nostra Nazione), coalizione che racchiude in sé buona parte del mondo liberale montenegrino e a guida di Aleksa Bečić;
  • la coalizione dei partiti albanesi, la SDP (Socijaldemokratska partija), la Bošnjačka stranka (Parito bosniaco) e due partiti della minoranza croata in Montenegro.

I risultati videro come partito vincitore il DPS con il 35,06% (30 seggi), mentre le coalizioni, che andarono a formare il nuovo Governo, ricevettero rispettivamente: Za budućnost Crne Gore il 32,55% (27 seggi), Mir je naša nacija il 12,35% (10 seggi) e Crno na Bijelo il 5,54% (4 seggi). Il Parlamento montenegrino, che conta 81 seggi ed è eletto ogni quattro anni, vota la fiducia al Governo se questo è in grado di raccogliere in sé almeno 41 seggi e voti

Inutile dire che il Governo che ne uscì era molto fragile e destinato a sciogliersi. I motivi vanno rintracciati in primo luogo nella natura delle diverse coalizioni alleate per l’esecutivo: come visto essi racchiudono in sé diversi orientamenti politici, soprattutto la coalizione Za budućnost Crne Gore. Quest’ultima, contemplava un’associazione di partiti di sinistra e di destra che per forze di cose cozzavano fra di loro; inoltre, la coalizione presentava al suo interno esponenti legati al mondo della SPC e a quello dello unionismo con la Serbia, nonché oppositori dell’ingresso nella NATO del Montenegro, della sua indipendenza, del riconoscimento del Kosovo e negazionisti del genocidio di Srebrenica. Il principale partito della coalizione, il Demokratski front (Fronte democratico), che racchiude in sé la maggioranza serba e tutti coloro che aspirano a una nuova unione colla Serbia, non ha mai fatto mistero della sua avversione alla NATO e al riconoscimento del Kosovo e della definizione di genocidio attribuita agli eventi di Srebrenica, oltre alla volontà di spostare la politica estera montenegrina a favore di quella russa

Pertanto, anche se queste tre coalizioni si allearono per un Governo degli Esperti, come da loro definito tale non si reggerà tanto sull’intento di dare una svolta politica al Paese, ma per tenere Milo Đukanović e il suo partito fuori dall’esecutivo Infatti, bisogna rilevare che più o meno chiunque fosse al Governo fino a qualche settimana fa - in particolar modo Abazović - ha sempre basato la sua scorsa campagna elettorale contro Đukanović e il suo sistema marcio. Curioso è da notare come il Governo degli Esperti non fosse formato da rappresentanti a maggioranza montenegrina, questo dal momento che fu lasciato fuori il DPS; il partito più rappresentativo dei montenegrini venne isolato in Parlamento, lasciando al Governo sì le coalizioni Mir je naša nacija e Crno na Bijelo, ma schiacciate dall’altra coalizione che raccoglie in sé per la maggior parte serbi e personalità vicine alla SPC.

Un altro aspetto che emerse nel panorama politico montenegrino post-elezioni fu quello di una netta contrapposizione nazionalista nel Paese: da una parte si aveva Demokratski front che soffia sul nazionalismo serbo e suoi sentimenti unionisti, anche se pubblicamente riafferma l’indipendenza dello Stato guadagnata nel 2006. Dall’altro lato, invece, un DPS che si radicalizza in un proprio nazionalismo montenegrino in funzione anti-serba; Đukanović, non esiterà a fare attacchi diretti al Demokratski front accusandolo di essere al giogo di Belgrado e denuncerà continuamente la Serbia di voler portare avanti il suo progetto della “Grande Serbia” in Montenegro. Questa radicalizzazione andò a polarizzare l’elettorato montenegrino tra chi si sente tale e tra chi no e mostrò al mondo gli elettori fluidi che, pur dichiarandosi montenegrini, non disdegnano la vicinanza con la Serbia e il sentimento di fratellanza e votano il Demokratski front. Il risultato fu pertanto una radicale polarizzazione dei cittadini e i pochi che si opposero a questa dialettica nazionalista si aggregarono nei parti di minoranza (quali l’URA) donando a loro il potere di decidere o no chi potesse formare il Governo. Questo fu possibile dalla quasi parità di voti tra il DPS e il Demokratski front che portò i partiti minori ad avere le redini dei futuri esecutivi seppur con solo un 5%.

Come detto, le contradizioni interne erano troppe per poter concludere il mandato quadriennale dell’Esecutivo: basti far presente che l’ex Ministro alla Giustizia e ai Diritti Umani e alle Minoranze, esponente del Demokratski front, affermò davanti al Parlamento il giugno scorso che lui non riconoscerà Srebrenica come genocidio fino a quando non vi sarà una sentenza in tal senso (sentenza che esiste da diversi decenni), sollevando così aspre critiche a livello internazionale. O ancora i grotteschi avvenimenti accaduti a Cetinje lo scorso settembre per la nomina del nuovo Metropolita serbo, sostenuto politicamente dal Demokratski front e da Krivokapić, che ha scatenato la guerriglia dei cittadini Senza poi contare il cambio dei vertici politici e burocratici, assieme ai posti di lavoro, a favore di individui che sostennero queste coalizioni.

Colui che ha posto fine all’esperienza del “Governo degli Esperti” è stato Dritan Abazović leader dell’URA: personalità vicina al mondo Occidentale, sostenitore dell’Euro-Atlantismo e liberale. Egli ha sempre mantenuto un atteggiamento pacato all’interno dell’esecutivo limitandosi solo a dichiarazioni gentili e prive di ambiguità, lasciando le questioni più urgenti e scottanti al Primo Ministro Zdravko Krivokapić. Però, ad una attenta osservazione e lettura dei suoi continui viaggi in Occidente e incontri con esponenti dell’opposizione parlamentare si poteva già prevedere che avrebbe prima o poi staccato la spina a questo Governo. Egli si recò spesso in Italia, Francia e Germania, ricevendo, inoltre diverse visite da esponenti USA e inglesi, e si consultò, nei mesi precedenti il voto di sfiducia, prima con le liste della minoranza albanese, poi con la Bošnjačka stranka (con cui firmerà anche un accordo d’intesa), e infine con il DPS.

Questo avvicinamento al DPS da parte di Abazović, partito che ha demonizzato a lungo, è spiegabile in primo luogo dalla diversità di prospettive politiche che egli ha rispetto alla coalizione di maggioranza con cui era alleato. Infatti, bisogna segnalare che in poco più di un anno il Montenegro ha guadagnato non poche antipatie dal mondo Occidentale (in particolar modo da quella dell’Unione europea). Notizia recente è che dal 2023 ai cittadini montenegrini sarà richiesto, per poter entrare nell’area EU, un visto, cosa che fino ad ora non era stata prevista né richiesta ai cittadini montenegrini dall’Unione. Ciò di sicuro non fa piacere e fa presagire un ulteriore slittamento dell’ingresso del Montenegro nell’Unione.

Tornando all’avvicinamento tra DPS e Abazović, bisogna segnalare che questo è stato possibile grazie alle dichiarazioni di Đukanović fatte lo scorso dicembre a Zagabria in cui annunciò la sua volontà di abbandonare la presidenza del DPS in favore di giovani esponenti. Questa decisione avvenne proprio nel momento più teso della crisi di Governo e, soprattutto, in seguito di alcune esternazioni di Abazović riguardo la possibilità di allearsi con il DPS nel caso in cui Đukanović avesse lasciato la guida del partito. Questa possibilità a quanto pare viene percorsa dal leader di URA che di recente ha anche incontrato il suo omonimo del DPS a Dubai durante l’EXPO. Seppur non c’è stato nessun accordo a seguito dell’incontro, è chiaro che i contatti non sono destinati a finire, questo dal momento che Đukanović ha dichiarato che il DPS è pronto a sostenere il prossimo Governo, se ce ne sarà il bisogno anche senza suoi rappresentati all’interno.

Dall’altro lato Abazović ha anche aperto la possibilità al Demokratski front di poter partecipare al rimpasto del Governo, questo sarà possibile solo con l’ingresso degli esponenti più moderati del partito e distanti dalle posizioni estreme che si sono registrate in passato.

Per quanto riguarda la reazione del Paese alla caduta del Governo, si sono registrati diversi festeggiamenti dei cittadini in tutto il Montenegro, ma anche sporadiche proteste contro il voto di fiducia che non hanno generato incidenti. La SPC ha aspramente criticato la caduta del Governo dichiarando repentinamente che non avrebbe mai sopportato un altro Governo senza la presenza serba. Ciò testimonia quanto la SPC sia profondamente collegata alla politica nazionale e di come cerchi di influenzarla. Contro tale mescolamento, la delegazione europea in Montenegro ha immediatamente richiamato il Governo di Krivokapić affermando che la SPC non deve immischiarsi nella politica nazionale e che il Montenegro è un “Paese sovrano”. Inoltre, sia l’Unione che diversi suoi Stati membri (quali la Germania, Italia e Francia) hanno espresso augurio che il prossimo Governo sia all’altezza per il percorso europeo del Paese.

Quale sia il risultato finale è difficile da prevedere, ma in base a ciò che si è visto fino a qui è possibile che non si vada a elezioni anticipate in Montenegro e che Abazović sia in grado di formare un nuovo Governo, sempre se sarà in grado di trovare un accordo con il DPS che lo tuteli dall’opinione pubblica. Si ricordi che il leader di URA ha sempre basato la sua politica in ottica anti-Đukanović, pertanto, egli necessita che quest’ultimo si ritiri dal DPS e si metta ai margini della scena politica montenegrina (cosa possibile e molto consigliabile per tutto il Montenegro). Se ciò accadesse, il Montenegro darebbe grande prova della sua prassi democratica all’Unione Europea, dimostrerebbe cioè di essere un Paese in grado di risolvere, con il compromesso, le sue crisi politiche interne e di ritornare diligentemente su un percorso moderato. E ciò è altamente auspicato per un Paese che sta attraversando un periodo estremamente complicato dovuto tanto alla pandemia quanto alle tensioni interne.

In ogni caso, le prossime settimane saranno cruciali per il Montenegro, soprattutto per quanto riguarda il suo percorso verso l’UE che di sicuro non vuole un Paese politicamente instabile all’interno. E questo, bene o male, lo hanno capito in parecchi in Montenegro. Soprattutto, Abazović che getta le basi per una rottura con il passato da parecchi mesi.

Tuoi commenti
moderato a priori

Attenzione, il tuo messaggio sarà pubblicato solo dopo essere stato controllato ed approvato.

Chi sei?

Per mostrare qui il tuo avatar, registralo prima su gravatar.com (gratis e indolore). Non dimenticare di fornire il tuo indirizzo email.

Inserisci qui il tuo commento

Questo campo accetta scorciatoie SPIP {{gras}} {italique} -*liste [texte->url] <quote> <code> ed il codice HTML <q> <del> <ins>. Per creare paragrafi lasciare semplicemente delle righe vuote.

Segui i commenti: RSS 2.0 | Atom