Una strategia federalista condivisa

, di Sergio Pistone

Una strategia federalista condivisa

Lo stato del processo di unificazione europea

L’unificazione europea si trova di fronte a tre sfide cruciali, che richiedono una rapida ed efficace risposta se si vuole evitare il suo tracollo, che comprometterebbe più di sessant’anni di pace e di progresso per gli europei. C’è in primo luogo la sfida della solidarietà. Gli squilibri sociali (disuguaglianza e disoccupazione) e territoriali (divergenza di sviluppo fra paesi forti e paesi deboli dell’UE) sono cresciuti in tale misura, in particolare nel contesto della crisi globale di questi anni, da rendere tendenzialmente insostenibile la tenuta dell’unione monetaria e dell’integrazione economica. È evidente a tutti, salvo che ai ciechi o ai disonesti, che solo un progetto di sviluppo europeo può disporre delle risorse necessarie per realizzare una ripresa economica solidale caratterizzata da una reale coesione sociale e territoriale. Ed è d’altra parte chiaro che è indispensabile a tal fine un vero governo economico europeo, comprendente un’unione bancaria e un’unione fiscale, e quindi avente a disposizione un bilancio (fondato su autentiche risorse proprie e una capacità di indebitamento) che sia almeno tre volte l’attuale, che è inferiore all’1% del PIL europeo. In sostanza il governo economico europeo è la condizione inderogabile per unire l’indispensabile rigore finanziario allo sviluppo solidale. Uno sviluppo, va sottolineato, che deve essere ecologicamente orientato anche perché è imperativa la solidarietà intergenerazionale, che, salvaguardando il pianeta, garantisca i diritti delle generazioni future.

C’è, in secondo luogo, la sfida della sicurezza. In effetti la sicurezza dell’Europa è minacciata su un piano generale, oltre che dal crescente degrado ecologico globale e dalle emergenze economico-sociali, dal disordine connesso con il passaggio dalla leadership mondiale americana a un sistema pluripolare non governato da istituzioni mondiali che lo rendano cooperativo. In termini più vicini ed immediati pericoli gravissimi provengono dalla acuta instabilità delle regioni confinanti con l’UE. Nel Medio Oriente e in Nord Africa c’è una situazione esplosiva (di cui l’ISIS è l’aspetto più evidente) che produce minacce di enorme pericolosità e anche fenomeni migratori di intensità incontrollabile.

L’unico disegno strategico in grado di mettere in moto un processo di stabilizzazione e di progresso politico ed economico-sociale di questa regione è una iniziativa del tipo del Piano Marshall attuata dopo la seconda guerra mondiale dagli americani verso l’Europa. In questo caso l’Europa, in collaborazione con gli americani e nel quadro dell’ONU, deve offrire un grandioso programma di aiuti sul piano economico e su quello della sicurezza collegati a reali progressi in termini di pacificazione, integrazione regionale e democratizzazione. Per quanto riguarda l’Europa orientale e la Russia, è indispensabile una partnership dell’Unione Europea con questa regione che ne favorisca il progresso economico-sociale e politico-democratico (comprendente la tutela delle minoranze) e, allo stesso tempo attui un contenimento delle minacciose tendenze neoimperiali russe. La premessa inderogabile dell’attuazione di una efficace politica di sicurezza e di stabilizzazione delle regioni confinanti è evidentemente l’acquisizione da parte europea della capacità di agire sul piano internazionale, e quindi, un serio avanzamento verso una politica estera, di sicurezza e di difesa unica, comprendente anche politiche realmente unitarie nell’aiuto allo sviluppo, nel campo energetico e in riferimento all’emigrazione. Occorre qui sottolineare che un governo europeo delle relazioni internazionali, oltre che dai risparmi (di evidente importanza nel contesto della crisi economico-finanziaria e del conseguente insostenibile indebitamento), è imposto dal fatto che non si può realizzare la organica solidarietà sul piano sopranazionale, che il governo economico europeo comporta, senza la solidarietà nel campo della politica estera. In altre parole, se tutti gli Stati che devono dar vita al governo economico europeo non si impegnano, proporzionalmente alle loro dimensioni e risorse, per la comune sicurezza, è inevitabile da parte degli Stati che portano il peso di impegni che vanno a vantaggio anche degli Stati che non si impegnano, la ricerca di contropartite che minano l’integrazione economica e la solidarietà economica e sociale. Si deve anche sottolineare che solo un’Europa capace di agire sul piano internazionale potrà contribuire in modo determinante alla creazione di un mondo più giusto e più pacifico, il che oggi significa concretamente il passaggio da un multipolarismo conflittuale a un multipolarismo cooperativo sul piano economico-sociale,monetario e della sicurezza.

Alle sfide della solidarietà e della sicurezza si aggiunge la sfida rappresentata dalla sfiducia crescente nei confronti dell’Unione Europea da parte dei cittadini europei. Essa si manifesta nella costante caduta della partecipazione alle elezioni europee e soprattutto nella crescita dei partiti nazional-populisti, i quali hanno come orientamento comune il ritorno, a partire dallo smantellamento dell’unione monetaria, all’Europa delle chiusure nazionali. Alla base del calo del consenso nei confronti dell’unificazione europea, il quale si sta pericolosamente avvicinando ad un livello incompatibile non solo con l’avanzamento, ma con lo stesso mantenimento dell’integrazione europea finora conseguita, ci sono fondamentalmente due fattori. Da una parte pesa l’incapacità da parte dell’UE – paralizzata dal sistema intergovernativo fondato sulle decisioni unanimi, cioè sui veti nazionali, relativamente alle questioni fondamentali – di affrontare efficacemente i problemi più sentiti dai cittadini, che riguardano la sicurezza nei suoi vari aspetti, da quella economico-sociale a quella ambientale a quella internazionale. Dall’altra parte le istituzioni europee soffrono di una non più accettabile carenza di legittimità, dal momento che decisioni di ordine fondamentale spettano alle strutture sopranazionali, le quali però, oltre ad essere poco efficienti per la loro natura sostanzialmente confederale, non sono sottoposte ad un controllo democratico adeguato ai canoni propri della civiltà europea. A questo riguardo va osservato che il fatto che Jean-Claude Juncker sia stato eletto Presidente della Commissione europea, tenendo conto dei risultati delle elezioni europee e con il voto a maggioranza del Consiglio europeo costituisce un importante progresso, ma occorrono ulteriori decisivi cambiamenti per giungere a un vero governo europeo fornito di adeguati poteri ed espressione della partecipazione democratica dei cittadini. Questo traguardo deve essere dunque rapidamente raggiunto per superare i due fattori che alimentano il nazionalpopulismo.

Le sfide cruciali con cui si trova confrontato il processo di unificazione europea richiedono pertanto un trasferimento di poteri sovrani nel campo economico, fiscale e (sia pure con un maggior gradualismo) in quello della politica estera, di sicurezza e di difesa ad organi europei realmente democratici. Richiedono cioè passi avanti sostanziali in direzione di un’unione federale. Perciò la questione prioritaria all’ordine del giorno è l’apertura di un processo costituente rapido, efficiente e democratico.

Il processo costituente dell’unione federale europea

Quattro sono gli aspetti essenziali del processo costituente.

Anzitutto la base imprescindibile di un processo costituente che porti effettivamente e rapidamente alla federazione europea è il superamento fin dall’inizio del principio dell’unanimità. Poiché il salto federale può essere perseguito solo dagli Stati dell’eurozona e da quelli che vogliono seriamente entrarvi – cioè dagli Stati che hanno un’esigenza vitale della federazione e che, con l’adesione all’unione monetaria, hanno già compiuto una decisiva scelta in direzione federale -, questi Stati devono decidere di attuare il processo costituente fra di loro e, quindi, di dare vita a una federazione nella confederazione (l’UE che comprende tutti gli Stati membri), garantendo ovviamente i diritti acquisiti e la possibilità di una futura adesione al nucleo federale. Pertanto si deve scegliere la via di un nuovo trattato e non quella della revisione del Trattato di Lisbona che richiede l’unanimità.

In secondo luogo, poiché si devono creare istituzioni federali democratiche e capaci di rispondere efficacemente alle esigenze dei cittadini europei, anche il processo della loro costruzione deve essere pienamente democratico. Ciò significa che il trattato istituente la federazione europea (è un trattato costituzionale) non può essere elaborato da una conferenza intergovernativa (come il Fiscal Compact), bensì da un’Assemblea costituente formata da rappresentanti del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali .

In terzo luogo, il progetto di costituzione approvato dalla Convenzione costituente non dovrà essere ridiscusso da una conferenza intergovernativa e dovrà essere ratificato con un referendum da tenersi simultaneamente nei paesi che avranno partecipato alla sua redazione. Esso dovrà entrare in vigore fra i paesi ratificanti sulla base della doppia maggioranza degli Stati e dei cittadini. La richiesta di un referendum europeo non deriva solo dall’esigenza di una partecipazione popolare diretta, la cui importanza per la legittimazione della costituzione federale è evidente, ma anche dalla necessità di evitare i referendum nazionali isolati. Essi sono una vera e propria frode dal momento che portano a mescolare la questione dell’unificazione europea con i problemi legati al sostegno o al rifiuto dei governi nazionali in carica.

In quarto luogo, l’apertura formale del processo costituente (la convocazione della convenzione costituente e l’attribuzione ad essa di un chiaro mandato), per essere accolta con favore dai cittadini (che dovranno ratificare le proposte istituzionali), dovrà essere preceduta da una anticipazione parziale del governo economico europeo, cioè dall’istituzione che può essere realizzata senza la riforma dei Trattati, di un fondo di solidarietà per i paesi dell’Eurozona alimentato dalla tassa sulle transazioni finanziarie. Pertanto si dovrà perseguire un orientamento e revisione in questa direzione del Piano Juncker. Oltre che dal fondo di solidarietà, l’avvio del processo costituente dovrebbe anche essere preceduto da un miglioramento della Politica estera e di sicurezza comune tramite, in particolare, l’attivazione della cooperazione strutturata permanente nel campo della difesa possibile sulla base del Trattato di Lisbona. In sostanza queste anticipazioni parziali del governo economico e di quello della sicurezza dell’Europa accorcerebbero psicologicamente i tempi inevitabilmente non brevi della riforma delle istituzioni e favorirebbero il consenso popolare a questa riforma alimentando una concreta percezione del nesso fra la riforma istituzionale e la capacità dell’Europa di dare un’efficace risposta alle preoccupazioni fondamentali dei cittadini europei (che riguardano la sicurezza economica, sociale e internazionale).

L’azione dei federalisti

La rivendicazione della procedura costituente e delle anticipazioni parziali (in quanto senza modifiche dei trattati) del governo economico europeo e di una PESC realmente unitaria deve essere integrata da un sistematico e impegnativo programma di azione. È chiaro che la radicalità delle sfide che l’UE deve affrontare è un fattore che rende possibili decisioni molto avanzate da parte dei governi. Ma, per superare la strutturale resistenza dei governi ai trasferimenti di sovranità – attualmente si manifesta nel disegno di realizzare in successione l’unione bancaria, quella fiscale, quella economica e infine una non ben chiarita unione politica, quando è evidente che senza una vera unione politica (cioè senza trasferimenti di sovranità) gli altri sviluppi non possono fare passi avanti decisivi -, è indispensabile che diventi pienamente attivo il fattore rappresentato dalla spinta dal basso. Qui entra in gioco la campagna per la federazione europea, di cui si deve impostare una nuova fase, anche perché sono vicine all’esaurimento le due azioni imperniate sull’appello al governo italiano e sull’ICE “New Deal 4 Europe”.

La nuova fase della campagna, deve avere come quadro temporale la legislatura del Pe, entro la quale si deve cercare di ottenere l’apertura del processo costituente, tenendo conto, oltre che della drammatica urgenza delle sfide che confrontano l’UE, del fatto che, dopo le elezioni europee (che hanno visto una pericolosa avanzata delle tendenze euroscettiche) e il progresso rappresentato dall’elezione del Presidente della Commissione legata ai risultati delle elezioni, è emerso un forte orientamento, al di là degli ambienti federalisti, a considerare quella attuale una legislatura costituente e in sostanza l’ultima chanche per stornare un arretramento fatale dell’integrazione europea.

Circa i contenuti della campagna, essi dovranno essere i due impegni strettamente connessi e contestuali relativi ai passi avanti parziali e ravvicinati che abbiamo visto e all’avvio del processo costituente che richiederà più tempo per realizzarsi. La contestualità di questi due impegni è legata in modo particolare a due considerazioni. In primo luogo, la solidarietà economico-sociale (che in definitiva significa trasferimento di risorse dai paesi forti a quelli deboli) che si deve concretizzare (sia pure in modo parziale) con il fondo di solidarietà non verrà accettata dai paesi forti (in particolare dalla Germania) se non sarà chiaramente legata alla prospettiva di un vero governo europeo in grado di controllare la utilizzazione efficace e non assistenzialistica della solidarietà. Il trasferimento di risorse – lo ha detto anche la Merkel – implica il trasferimento di poteri. Anche per quanto riguarda il rafforzamento della PESC (e la cooperazione strutturata) è oggettivamente di estrema difficoltà ottenere passi avanti significativi senza la prospettiva di un governo europeo delle questioni internazionali. In secondo luogo, la riforma istituzionale richiede una preparazione che deve essere iniziata al più presto se si vuole realizzarla entro la legislatura.

Ciò detto, la nuova campagna per la federazione europea dovrebbe muoversi su due linee.

Di importanza fondamentale è la pressione nei confronti del Pe affinché, ispirandosi all’esempio del progetto Spinelli del 1984, eserciti un ruolo di protagonista nel processo costituente della federazione europea. Esso dovrà impegnarsi per i passi avanti parziali che abbiamo visto e nello stesso tempo presentare una proposta organica di revisione dei trattati europei che equivalga all’introduzione di una costituzione federale per l’Eurozona e ottenere, tramite l’organizzazione di assise interparlamentari, il sostegno dei parlamenti nazionali a tale proposta. Pertanto i federalisti, che hanno già avviato l’azione “Meet Your MEPS”, devono insistere perché la Commissione per gli affari costituzionali del Pe prepari contestualmente, e non prima l’uno e più avanti l’altro, i due rapporti che ha programmato sullo sfruttamento dei trattati e sul loro cambiamento.

Altrettanto fondamentale è una pressione diretta sui governi nazionali, sugli organi dell’UE (Commissione e Consiglio europeo) e in generale sulla classe politica attraverso la mobilitazione sistematica degli orientamenti favorevoli alla federazione europea presenti nell’opinione pubblica, nelle rappresentanze locali, nella società civile, nel mondo della scuola e della cultura. Lo strumento fondamentale dovrebbe essere una petizione europea che assorba l’appello al governo italiano e l’ICE e valorizzi ed estenda tutti i contatti ottenuti con queste due iniziative. L’appello-petizione dovrà ovviamente contenere l’impegno per l’anticipazione parziale della federazione europea e per il processo costituente. In collegamento con questa azione si dovrà realizzare una contestazione sistematica delle menzogne nazional-populiste e proseguire l’intervento sulla situazione italiana che è estremamente critica.

La nuova fase della campagna per la federazione europea deve essere condotta con la consapevolezza che si è aperto un ciclo in cui per la terza volta è possibile il raggiungimento della federazione europea. Dopo il tentativo della Comunità Politica Europea, non riuscito nel 1954 in conseguenza della caduta del progetto di Comunità Europea di difesa, dopo il tentativo compiuto dal Parlamento europeo con l’approvazione a larghissima maggioranza del progetto Spinelli nel 1984, che favorì importanti riforme politico-istituzionali, ma la cui sostanza non fu accettata dai governi, c’è oggi una terza occasione legata alla drammatica alternativa: avvio senza indugi del processo costituente della federazione europea a partire dall’Eurozona o avvio della disgregazione del processo di unificazione europea.

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