Va difeso lo stato di diritto in Polonia e nel resto dell’Unione Europea

, di Roberto Castaldi

Va difeso lo stato di diritto in Polonia e nel resto dell'Unione Europea

L’attacco allo stato di diritto da parte del governo polacco sta raggiungendo un nuovo livello e provocando forme di risposta sempre più radicali. La Presidente della Corte Suprema polacca ha criticato sul sito della Corte il tentativo del governo di soggiogare la magistratura, paragonandolo alla legge marziale imposta dal regime comunista nel 1981.

La Corte Suprema si era già rivolta alla Corte di giustizia dell’Unione europea per un parere sul rispetto del diritto dell’UE da parte della riforma dell’ordinamento giudiziaria polacco voluta dal governo dei nazionalisti conservatori del PiS. La Corte dell’UE aveva sospeso cautelativamente tale riforma - che metterebbe il giudiziario sotto il controllo politico della Camera bassa del Parlamento, cui affida il potere di nominare i giudici negli organi di governo della magistratura, e prevedeva il pre-pensionamento obbligatorio dei giudici della Corte suprema per poterli sostituire con quelli di propria nomina – perché rischiava di minare irreparabilmente l’applicazione del diritto europeo in Polonia, e l’aveva poi considerata contraria al diritto europeo. Di fronte a una nuova versione della riforma, la Corte dell’UE aveva demandato alla Corte Suprema polacca tale valutazione, fornendo alcuni parametri riguardo l’indipendenza della magistratura, considerata un principio fondamentale dello stato di diritto e dell’ordinamento europeo, e portando quindi alla bocciatura della riforma, che prevedeva un organo disciplinare dei giudici di nomina governativa.

Il governo polacco ha risposto con una nuova riforma volta a limitare la possibilità per i giudici polacchi di adire la Corte di Giustizia dell’UE - contro i dettami del diritto dell’UE - e includendo la possibilità di sanzionare e rimuovere i giudici se lo faranno. Questa mossa si configura contemporaneamente come un attacco allo stato di diritto polacco e all’ordinamento giuridico europeo, che prevede la possibilità per tutti i giudici nazionali di rivolgersi alla Corte dell’UE quando chiamati a giudicare su un caso in cui rilevi il diritto comunitario.

La riforma dell’ordinamento giudiziario polacco è stata sostanzialmente bocciata sia dalla Corte suprema polacca che dalla Corte dell’UE, le cui sentenze sono vincolanti e non sono mai state disattese dagli Stati membri. Perciò la Presidente della Corte Suprema segnala che se il governo applicherà la sua controversa riforma, la Polonia si porrà de facto al di fuori dall’ordinamento giuridico dell’UE. Pertanto è da attendersi una procedura di infrazione contro la Polonia da parte delle istituzioni europee, ed in ultima istanza l’uscita della Polonia dall’Unione. Con questa dichiarazione si alza il livello dello scontro con il governo e implicitamente chiama i cittadini a mobilitarsi. Ci sono infatti state delle manifestazioni in Polonia a difesa dell’autonomia della magistratura e della partecipazione della Polonia all’UE.

Il tutto mentre i conservatori del PiS cercano di accelerare e di forzare con le nuove regole la nomina di un nuovo presidente della Corte suprema già prima delle prossime elezioni presidenziali in primavera, dato che l’attuale Presidente – che il governo aveva invano tentato di obbligare al pre-pensionamento – scadrà in aprile, suscitando lo sdegno e la protesta di molti cittadini, che hanno espresso la loro solidarietà alla Presidente della Corte suprema.

Il tema dello stato di diritto potrebbe risultare cruciale nelle prossime elezioni presidenziali polacche, dove l’uscente Duda, sostenuto dal PiS, si confronterà con la candidata delle opposizioni Kidawa-Błońska. Ma resta da vedere la capacità delle opposizioni di fare una efficace campagna unitaria, e di incentrarla anche su questo tema. Anche tenuto conto del ferreo controllo del governo sui media pubblici.

Al contempo la nota della Presidente della Corte suprema mette implicitamente in luce i limiti dell’UE: non esiste un meccanismo giuridico per cacciare uno Stato membro, anche qualora violasse gravemente lo stato di diritto. Attualmente è possibile solo per sanzionarlo e sospenderne i diritti di voto. Ma la procedura dell’UE contro la Polonia per la violazione dello stato di diritto, è lenta, farraginosa, e difficilmente porterà a risultati perché richiede l’unanimità di tutti gli altri Stati membri. E così Polonia e Ungheria hanno promesso ciascuna di apporre il proprio veto contro un’eventuale sanzione dell’altra, essendo entrambe sottoposte a tale procedura. E anche il governo giallo-nero italiano per bocca di Salvini aveva detto che avrebbe posto il veto a difesa dell’operato dei governi di Polonia e Ungheria. D’altronde Salvini aveva dichiarato che Orban era il suo modello e l’Ungheria il Paese meglio governato dell’UE: un Paese che ha costretto la Central European University – una delle più prestigiose università europee - a lasciare Budapest e spostarsi a Vienna, violando un principio di tutela della libertà di insegnamento che vigeva in Europa da secoli!

Tutto ciò chiarisce anche i rischi che correrebbe lo stato di diritto in Italia nel caso che Salvini tornasse al governo. Non è difficile prevedere lo spirito di vendetta nei confronti della magistratura - che ha osato scoperchiare i 49 milioni di euro rubati dalla Lega, mettere sotto accusa Salvini per abuso d’ufficio e sequestro di persona, e che sta indagando sulla vicenda Savoini e sui legami politico-finanziari tra la Lega e la Russia che le inchieste de L’Espresso hanno portato per prime alla luce (così come ha scoperto reati di altri esponenti e partiti politici, come è normale che faccia una magistratura autonoma e indipendente) – di un eventuale governo a trazione leghista.

L’Unione è consapevole della debolezza dei propri strumenti a tutela dello Stato di diritto e sta cercando di porvi rimedio. La Commissione ha proposto da un lato un monitoraggio costante, con raccomandazioni annuali, di tutti i Paesi: in sostanza oltre a una valutazione e a raccomandazioni sulle finanze pubbliche, la Commissione dovrebbe fornirle anche sul rispetto dello Stato di diritto, che diventerebbe quindi un elemento sempre più centrale nella vita dell’Unione. Inoltre, ha proposto che l’erogazione dei fondi europei sia d’ora in poi legata al pieno rispetto dello stato di diritto e dei diritti fondamentali. Un modo per dare cogenza e impatto a quel meccanismo di monitoraggio.

L’UE è ormai la principale difesa della democrazia liberale e dello stato di diritto di fronte ai tentativi sostanzialmente autoritari delle forze nazionaliste e populiste, di modificare di fatto i regimi politici dei loro Paesi. Dalla democrazia illiberale di Orban - con la sua stretta su media, società civile e Università – al tentativo polacco di soggiogare la magistratura, alla richiesta di Salvini di “pieni poteri”, è chiaro che i Paesi di Visegrad e l’Italia sono il campo di battaglia principale. Si tratta di un’altra sfida cruciale per l’UE e i suoi valori fondativi. Pertanto, dovrebbe essere anch’essa affrontata nella Conferenza sul futuro dell’UE. È importante quanto il completamento dell’unione economica e monetaria e la trasformazione dell’UE in un attore globale, per evitare che sia invece il campo da gioco tra le potenze mondiali extra-europee.

Anche la sfida allo stato di diritto mostra quanto sia urgente il completo superamento dell’unanimità in tutto il meccanismo decisionale dell’Unione. Insieme alla riforma dell’eurozona, alla creazione di risorse proprie europee, di una politica estera, di sicurezza e di difesa in capo a un vero governo federale - in grado di difendere lo stato di diritto e la democrazia europea, puntellare l’ordine mondiale e gestire la transizione ecologica in modo socialmente sostenibile – sono i grandi temi cui dovrà dedicarsi la Conferenza, se vorrà davvero assicurare che l’UE e gli europei abbiano un futuro da attori e non da vassalli sul piano globale.

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