- Area: 3260,9 km²
- Capoluogo: Aosta
- Province: nessuna
- Abitanti: 122.975
Presidente: Erik Lavevaz (dimessosi il 24 gennaio 2023)
Bureau du conseil (ufficio di presidenza): Bertin (Presidente, Federalisti Progressisti - PD), Marguerettaz (vice-presidente, UV), Sammaritani (vice-presidente, Lega VdA), Jordan (segretario consigliere, Alliance Valdotaine - Vallée d’aoste Unie) Distort (segretario consigliere, Lega VdA)
Governo regionale (giunta regionale): Lavevaz (Presidente di Regione, UV - dimesso), Bertschy (vice-presidente, Alliance Valdotaine - Vallée d’aoste Unie), Barmasse (UV), Guichardaz (PD), Marzi (Stella Alpina) Sapinet (UV)
Composizione del Consiglio regionale (Conseil de la Vallée): 35 membri
- Union Valdôtaine: 7
- Federalisti progressisti - Partito Democratico: 5
- Alliance Valdôtaine - Vallée d’Aoste Unie: 4
- Stella Alpina: 1
- Misto: 1
Totale maggioranza: 18 consiglieri (fino al 24 gennaio 2023)
- Lega: 11
- FI: 2
- Pour l’autonomie: 2
- Progetto Civico Progressista: 2
Totale opposizione: 17 consiglieri
Per un totale di 32 uomini e 3 donne
Se dico “la Regione più ingovernabile d’Italia”, cosa pensate?
A intuito, io avrei detto una Regione molto popolosa, e quindi magari più divisa, oppure a una spesso travolta da scandali e al centro di polemiche nazionali. Mi sono dovuta ricredere: la Regione più ingovernabile, almeno formalmente, è la Valle d’Aosta. Regione tanto piccola quanto complessa, sia per la sua storia e la sua conformazione morfologica, politica e linguistica, poche volte se ne sente parlare (eccezion fatta per i periodi di settimane bianche). Tuttavia, essa nasconde aspetti unici, e che meritano di essere osservati più attentamente.
Prima di iniziare, però, una precisazione doverosa per quanto riguarda i termini autonomia e decentramento, che spesso usiamo in modo intercambiabile.
- Per autonomia si intende la facoltà di svolgere funzioni proprie senza ingerenze o condizionamenti da parte di soggetti esterni (dal greco αὐτο = egli e νόμος = legge). Sottintende quindi l’espressione di un potere politico.
- Il decentramento invece è traslazione del potere centrale verso organi decentrati, in cui il potere è esercitato sul posto ma dipende da livelli superiori
Partirò dunque dalla storia di questa Regione, per poi passare all’attualità.
La storia
Le vicende della Valle d’Aosta come territorio peculiare è molto antica, antecedente all’epoca romana. È soprattutto durante il medioevo, però, che la Valle (o come la chiamano i valdostani, la Petite Patrie) riesce a guadagnare molta indipendenza, e diventa un territorio autonomo, che usa il francese come lingua per gli affari istituzionali.
Le cose si complicano dopo l’unità d’Italia. Sotto il regno d’Italia, autorità accentratrice, l’autonomismo valdostano viene meno, e manca anche della presenza in Parlamento per anni, essendo stato accorpato al collegio elettorale di Torino. Il processo di accentramento subisce un’accelerazione sotto il regime fascista, che fa di tutto per contrastare l’uso del francese in Valle. Si passa dall’obbligo di usare l’italiano per gli atti amministrativi e giudiziari, a una tassa quadrupla per i cartelli in lingua francese. Non solo: vengono chiusi i giornali in lingua francese e si provvede all’italianizzazione dei nomi dei comuni (Courmayeur per esempio era diventata Cormaiore).
Durante la guerra, la Valle diventa motivo di tensione tra Francia e Italia, a causa della volontà di annessione espressa dalla prima. La situazione è poi successivamente rientrata, con l’accordo che venisse riconosciuta ampia autonomia. È proprio nel 1945, sotto il Governo Parri, che si riunisce il primo Conseil de la Vallée. Fu proprio questo Conseil a redigere una bozza di statuto speciale per loro stessi, inviato poi alla costituente, che però non lo prese mai in considerazione, preferendo uno schema in linea con le altre regioni a statuto speciale.
È poi nel 1948 che viene approvato in via definitiva (e non senza polemiche) lo Statuto speciale della VdA, come lo conosciamo oggi.
Fin dall’inizio a guidare la Regione è l’Union Valdôtaine, un partito formatosi nel 1945, che aveva come obiettivo l’autonomia e la protezione linguistica della Regione. Esso, con maggioranze più o meno solide, ha spesso detenuto il potere, tendenzialmente con alleati di centrosinistra, anche se spesso il baricentro si sposta in base all’andamento sul piano nazionale.
Nel 2003 UV ha ottenuto la maggioranza assoluta con 18 seggi, ma da quel momento in poi sono proliferate le scissioni, che hanno creato una condizione di forte instabilità nella Regione, tutt’ora presente.
La democrazia valdostana
La Valle d’Aosta è una delle cinque Regioni a statuto speciale d’Italia.
In Valle d’Aosta, contrariamente al resto delle Regioni italiane, non si elegge direttamente il Presidente di Regione. Il popolo sceglie i suoi rappresentanti nel Conseil de la Vallée, e poi questi stessi al loro interno scelgono il Presidente di Regione. Questo sistema, molto più simile al sistema per la formazione del Governo nazionale, rende il Presidente più esposto a cambiamenti degli umori in consiglio. Il Presidente di Regione della VdA ha funzioni prefettizie, ossia ha responsabilità nel mantenimento dell’ordine pubblico e rappresenta il Governo italiano in valle.
La questione dell’elezione del Presidente anima molto la Regione. Nel 2021, un comitato promotore ha depositato le firme necessarie per chiedere un referendum propositivo, e cambiare la legge elettorale in favore di un abbassamento della soglia di sbarramento e dell’elezione diretta del Presidente. Prima di arrivare in Consiglio, tale proposta è arrivata alla Commissione Referendum, organo composto da esperti in discipline giuridiche e competente a giudicare in materia, (a dimostrazione della raffinatezza delle istituzioni valdostane), che ha detto no. Si è passati allora alla proposta di un referendum consultivo, che non ha di fatto valenza giuridica. Arriviamo così all’11 Gennaio 2023, quando il Conseil è stato chiamato a pronunciarsi su questa richiesta. Con una schiacciante maggioranza, la proposta è stata respinta, posizione da molti ritenuta uno scollamento dalla volontà della popolazione.
Perché tutta questa storia sulla legge elettorale? Oltre a essere un involontario omaggio a Francesco Costa, tutte queste dinamiche ci aiutano a capire la natura del dibattito politico in Valle: vivace, partecipato, il contrario di quello che la nostra esperienza ci potrebbe far pensare. La popolazione di questa Regione è estremamente politicizzata, come la sua storia ci racconta. Per capire la portata del fenomeno, basti pensare che 48 valdostani su 1000 lavorano dentro la pubblica amministrazione (diretta o indiretta). Questo ovviamente porta dei vantaggi, ma nasconde anche i suoi lati negativi. Infatti, dato il basso numero di abitanti e vista la facilità nel creare rapporti personali e di reciproca conoscenza tra elettori e politici, spesso il sistema (soprattutto nella fase delle elezioni) diventa particolarmente pervasivo e il voto rischia di essere manipolabile. Tra le pratiche ritenute antidemocratiche vi era, fino a qualche anno fa, la possibilità di conoscere all’atto dello spoglio il numero esatto di voti ottenuti dai partiti e dai singoli candidati nei vari comuni. In questo modo, potendosi verificare con più attenzione l’adesione tra i voti promessi in quel particolare territorio e i voti ricevuti, l’elettore non risultava completamente libero di scegliere, e i partiti con meno legami sul territorio ne uscivano svantaggiati. Attraverso una serie di piccole riforme il Consiglio regionale ha ridotto questo fenomeno, portando le preferenze esprimibili da tre a una, e introducendo alcuni poli centralizzati (un unicum in Italia), ossia dei seggi in cui raccogliere le schede e procedere allo spoglio dei voti , senza distinzione tra comuni. La preferenza unica, però, ha a sua volta modificato il rapporto tra candidati e partito centrale, trasformando le elezioni in una sorta di competizione individuale basato sulle caratteristiche personali del candidato.
Insomma, la Valle d’Aosta è esemplare per farci capire i check and balances: ogni elemento è frutto di un quadro complesso, e spostare gli equilibri preclude comunque a uno spostamento del baricentro, da una parte o dall’altra.
Inoltre, ci fa capire come nel corso del tempo, la Valle d’Aosta ha sviluppato degli organi particolarmente raffinati per gestire gli affari interni. Dai referendum alle commissioni, la struttura istituzionale della VdA è frutto di una stratificazione temporale molto solida, al contrario degli organi nazionali, “calati” dall’alto con l’Unità. Spesso le differenze tra i due livelli di amministrazione dà luogo a conflitti; giusto per citarne uno, il 17 novembre 2012 si è tenuto in Valle un referendum propositivo per bloccare la costruzione di un termovalorizzatore. L’iniziativa ha riscosso successo, e dato che essa proveniva direttamente dal popolo (istituto esistente solo in VdA e Provincia Autonoma di Bolzano), la legge è stata approvata, salvo poi subire l’intervento della Corte Costituzionale, che a posteriori ha dichiarato incostituzionale il referendum (per essere precisi, la legge) perché interveniva in una materia riservata alla competenza dello Stato.
E oggi?
Ho iniziato questo articolo definendo la VdA come la Regione più ingovernabile d’Italia. A controprova di questo, mentre sono in fase di redazione, Erik Lavevaz (UV) si dimette. È il 25 gennaio 2023. Ora il Conseil ha sessanta giorni per formare una nuova maggioranza e nominare un nuovo Presidente: in caso di fallimento si andrà a elezioni, come era già successo nel 2020.
Tre anni fa, però, il caso era ben più particolare, perché lo scioglimento era stata una conseguenza delle inchieste “Geenna” e “Egomnia” che avevano scosso tutta la Regione: le indagini avrebbero infatti fatto emergere la presenza di una “locale” della ‘Ndrangheta ad Aosta. Nel processo furono coinvolti esponenti anche importanti del Consiglio regionale, amministratori locali e imprenditori valdostani: un comune fu sciolto per infiltrazioni mafiose. Il caso, scoppiato il 23 gennaio 2019, era stato un vero e proprio terremoto, e le vicende non si sono ancora concluse. Proprio il 24 gennaio 2023 uno dei condannati, Marco Sorbara (ex consigliere regionale), è stato assolto in via definitiva (dopo aver comunque fatto otto mesi di carcere).
A seguito di questo evento, e reduce dalle profonde scissioni che lacerano l’Union Valdôtaine dall’inizio degli anni 2000, l’equilibrio del Consiglio regionale si è fatto sempre più traballante, e dalle elezioni del 2020 si è usciti con una non-maggioranza.
Questa instabilità non aiuta all’amministrazione di un territorio così complesso. Un esempio su tutti: la ferrovia. Aosta è collegata a Torino, ma l’elettrificazione della linea arriva solamente fino a Ivrea: dopo i treni vanno ancora a gasolio, per questo la linea si serve di treni bimodali specifici per la Regione. In agosto 2022 il Consiglio si è esposto a favore di una elettrificazione della linea per adeguarla a quella del resto del paese usando i soldi del PNRR. A seguito a questa dichiarazione si è alzata una polemica sia interna al Conseil, sia con il comune di Ivrea, che si è opposto all’elettrificazione della galleria subito dopo la città.
In conclusione
La lezione valdostana ci dà molti spunti di riflessione sulla storia dell’Italia di oggi.
L’elemento più importante che vorrei sottolineare è il carattere conflittuale tra Stato e Regione. Ovviamente, cause storiche rendono lo scontro in Valle d’Aosta particolarmente aspro, ma possiamo osservarlo spesso anche nelle Regioni a statuto ordinario. Complice probabilmente un non troppo chiaro delineamento delle rispettive competenze, il rapporto tra i due enti risulta sospettoso, e questo lo rende farraginoso. E stiamo comunque parlando di due organi della stessa macchina, l’Italia.
Nonostante la riforma del titolo V del 2001, ancora lo Stato tende a comportarsi in maniera “paternalistica” nei confronti delle Regioni, in una visione quasi decentratrice delle Istituzioni romane. Questo induce, in seconda battuta, a una auto-deresponsabilizzazione dell’Istituzione regionale stessa.
La Valle d’Aosta ci dimostra che dal basso possono partire riforme e idee di Istituzioni che, tramite un contagio di idee e un dialogo a due direzioni con il Governo centrale, possono effettivamente portare a un progresso del Paese.
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